L’intervento durato 18 ore ha coinvolto 40 professionisti ed è stato coordinato dal professor Rossi, direttore di Chirurgia Generale: «Lavoro eccezionale perché eseguito in un momento critico per la sanità. Nonostante l’emergenza Covid, tutto l’ospedale coinvolto nella lunga maratona per il doppio trapianto»
Un solo fegato per salvare due vite: è quanto accaduto con un ‘”trapianto domino” alla Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano che si conferma centro di eccellenza nei trapianti, dove il professor Giorgio Rossi, direttore di Chirurgia Generale e Trapianti di fegato, con il suo staff, ha salvato la vita a due uomini con un intervento multiplo che si è tenuto lo scorso 17 marzo.
«Avevamo un giovane paziente affetto da leucinosi, la cosiddetta malattia con le urina a sciroppo d’acero, in cui il fegato è sano ma in determinati individui non produce un enzima che serve per metabolizzare gli aminoacidi ramificati – ha raccontato il professor Rossi -. Questo determina una situazione di sofferenza perché il paziente deve adeguarsi a diete strettissime ed è a rischio di complicanze neurologiche e respiratorie, e quindi necessita di un trapianto. Nello specifico il fegato, prelevato da un donatore cadavere e messo nell’organismo del paziente con leucinosi, porta con sé una quota dell’enzima mancante al ricevente che, con il nuovo organo, sarà in grado di metabolizzare gli aminoacidi».
«Al tempo stesso – ha continuato il professore – il fegato che si esporta al paziente con leucinosi è integro, pur non avendo l’enzima che produce aminoacidi, quindi può essere a sua volta trapiantato in un altro soggetto in attesa di trapianto per qualsiasi causa epatica, come tumore o cirrosi, ma in grado di produrre quell’enzima. In questo modo con un solo donatore cadavere è possibile effettuare in sequenza due trapianti».
Da tempo il giovane affetto da leucinosi era in lista d’attesa per un trapianto e quando il 17 marzo scorso è arrivata la notizia della disponibilità di un fegato compatibile la macchina del centro trapianti della Fondazione Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano si è messa in moto.
Alle sei del mattino si sono aperte le sale operatorie per effettuare i tre interventi in sequenza. Dapprima è stato prelevato il fegato dal paziente con leucinosi, quindi è stato effettuato il primo trapianto allo stesso paziente con il fegato disponibile per il trapianto. Subito dopo il fegato esportato al paziente con leucinosi è stato trapiantato su un altro paziente.
L’intervento ha coinvolto 40 professionisti, oltre ai chirurghi guidati da Giorgio Rossi: la Rianimazione e Terapia intensiva, la Gastroenterologia ed Epatologia, la Radiologia, il Laboratorio Centrale, la Direzione delle Professioni Sanitarie, il Centro Trasfusionale e il Malattie Rare Center del Policlinico, oltre che l’Azienda Regionale Emergenza Urgenza di Regione Lombardia, la Centrale operativa del Centro Nazionale Trapianti e il Coordinamento Trapianti del Nord Italia Transplant program.
Una maratona di 18 ore conclusasi all’una di notte che ha impegnato tutto l’ospedale per restituire la vita al ragazzo di 27 anni affetto dalla rara malattia genetica e ad un uomo in attesa di un organo compatibile. «A rendere così particolare questo evento non è stato solo il trapianto domino per una malattia metabolica piuttosto rara – ha aggiunto il direttore di chirurgia generale del Policlinico di Milano -, ma il fatto che si è riusciti a farlo in un momento molto critico per la sanità e per l’ospedale, che invece ha dimostrato di saper superare queste difficoltà con un lavoro corale. Significa aver coinvolto e organizzato il lavoro di centinaia di persone in poche ore, in perfetta sincronia, che si è concluso con un successo per entrambi i pazienti».
Rientrati a casa dopo la degenza per i due uomini protagonisti del trapianto domino è iniziata una nuova vita, resa possibile dalla generosità che è la spinta propulsiva di ogni donazione.
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