Con il segretario dell’Associazione emo-dializzati Lazio parliamo di trapianti e pandemia: le operazioni rimandate, le differenze regionali sui vaccini e le richieste urgenti che la comunità di pazienti rivolge al Sistema sanitario
Subire un trapianto o essere in attesa di riceverlo può far sentire i pazienti molto soli. Mesi di ansie, paure indicibili e un forte peso sulla persona e la sua famiglia. Lo era già prima che il mondo cambiasse volto e adesso, che nell’aria si muove un pericolo invisibile, gestire una simile situazione è diventato ancora più difficile. Per i tanti che la affrontano, le Associazioni di supporto sono un elemento vitale.
Sanità Informazione ha incontrato Paolo Carletti, segretario regionale Lazio ANED (Associazione nazionale emo-dializzati), per una panoramica su quello che è successo durante la pandemia. La prima criticità, secondo lui, è da rintracciarsi nei sistemi sanitari a diverse velocità che hanno fatto di ogni Regione un organismo a parte. «Non abbiamo nemmeno 21 sistemi sanitari diversi – spiega – ma uno per ogni Asl, in quanto l’esperienza di quest’anno ci ha insegnato che persone che vivevano nella stessa strada ma appartenevano a due Asl diverse, sono state vaccinate a distanza di due mesi l’una dall’altra».
I pazienti in attesa di trapianto in Italia sono circa novemila all’anno, snocciola Carletti, e nel 2019 c’era stata una discreta riduzione arrivando a 8.600, «che sono ritornati a novemila nel 2020». «Ogni anno – prosegue – vengono assicurati dalla rete dei trapianti in Italia 3.813 trapianti di organo: anche questi purtroppo si sono ridotti. Quindi è chiaro che con simili numeri si attende in lista d’attesa per tre anni, un periodo di grandissime ansie, di timori e incertezze».
Timori che si riflettono direttamente sulle Associazioni. «Noi come Associazioni li viviamo fortemente – specifica – stando vicini alle persone che si trovano in questo stato, provando a dare loro conforto con i dati scientifici. Ma allo stesso tempo le incertezze che in questo anno di pandemia sono aumentate per noi persone sane, si può immaginare quanto abbiano pesato sui malati. I pazienti si sono visti un po’ abbandonati».
Inoltre l’utilizzo massivo delle terapie intensive, dedicate per la quasi totalità ai pazienti Covid, ha tolto molte disponibilità ai trapianti per i quali la rianimazione è un elemento fondamentale. «Così le visite – insiste Carletti – che periodicamente dovevano fare le persone che hanno patologie croniche si sono dovute rinviare, un problema grandissimo se abbinato alla mancanza di vaccini. Senza contare che tutti i pazienti con una o più morbilità sono stati colpiti in maniera molto superiore dal Covid, hanno contratto in maniera maggiore l’infezione e purtroppo sono morti in misura molto maggiore».
Ora che le vaccinazioni sono in moto, il segretario Aned ricorda però le immense differenze regionali: «Nel Lazio a gennaio la maggior parte dei dializzati era già stata vaccinata con la seconda dose, in altre regioni solo ad aprile hanno iniziato la vaccinazione». Un sistema che invece di livellare le cure crea disparità che aumentano le preoccupazioni dei pazienti.
In questo contesto, una bella luce possono essere le donazioni. Recentemente Biotest Italia ha devoluto 100mila euro al Centro nazionale trapianti, alla presenza anche del dottor Carletti in rappresentanza delle Associazioni dei pazienti. «In un sistema istituzionale come quello italiano – commenta – con una fortissima carenza di disponibilità finanziaria, le donazioni sono fondamentali: al di là della pandemia, nel 2018 erano circa 25 miliardi le risorse complessive destinate dal nostro Paese alla ricerca, di questi quasi 16 provenienti dal settore privato. La donazione al Cnt ha un valore straordinario perché dimostra quanta vitalità ci sia nella nostra società. Laddove lo Stato viene meno, ecco che il volontariato e l’associazionismo insieme alle società che fanno ricerca possono essere un grande ausilio e sopperire alle mancanze».
Di fronte alle prossime riaperture e a quella che si configura come una ripresa, il ministro della Salute Roberto Speranza ha più volte inneggiato a una nuova sanità. Fatta di telemedicina, di territorio e di innovazione per stare sempre più vicino a chi è malato. Al dottor Carletti abbiamo chiesto cosa servirebbe alle Associazioni di supporto ai trapiantati per fare davvero il cambio di passo.
«Abbiamo sempre posto l’accento sul Piano nazionale delle cronicità – spiega – un piano adottato nel 2016 che soltanto otto regioni hanno recepito. Un dato che parla da sé. Abbiamo chiesto più attenzione verso il malato lavoratore, perché le malattie croniche colpiscono in tutte le fasce di età e molti sono lavoratori che rischiano di perdere il posto». Al centro i giorni obbligatori per la terapia di dialisi salvavita: «Per i dializzati il periodo di astensione obbligatorio, in cui devono andare in ospedale tre volte alla settimana, è considerato come “malattia”». Rientra quindi «nel periodo di comporto: cioè quel periodo di assenza massimo che non si può oltrepassare, altrimenti si viene licenziati. Da anni chiediamo che le ore di dialisi non vengano computate in questo periodo, che è fondamentale».
Bisognerebbe «rivedere il prontuario farmaceutico, perché molti malati cronici che devono assumere farmaci come terapie salvavita li trovano a pagamento e per questi, oltre la divisione per fasce di reddito, sarebbe necessario garantire gratuità». Ancora l’importanza dell’accesso alle cure: «circa 40 miliardi di spesa sanitaria sono di derivazione privata e questo comporta un disequilibrio nell’accesso alle cure. Chi non ha disponibilità economiche è svantaggiato rispetto a chi non può permettersi una polizza integrativa sanitaria, quindi sarebbe fondamentale che ci fosse un servizio sanitario nazionale gratuito per tutti davvero».
La stoccata finale va alla Pubblica amministrazione, contro cui spesso i malati cronici si scontrano vedendo un sistema sordo alle loro richieste. «In questi mesi – conclude Carletti – tantissimi pazienti ci hanno chiamato per un sostegno e un supporto nel prenotare un vaccino, perché privi di strumenti informatici. Altri hanno avuto problemi nel rinnovo della patente di guida: ancora oggi nonostante la normativa che equipara la licenza di guida a quella di una persona sana le commissioni mediche pongono ostacoli. La riforma della PA se è necessaria per i cittadini è vitale per i pazienti cronici e per le persone che cerchiamo di rappresentare».
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