Con grande attenzione ho seguito la vicenda del bando e assunzione di due ginecologi non obiettori da parte dell’Ospedale San Camillo. Premetto che l’intera vicenda è di difficile interpretazione da parte di osservatori esterni o da parte di chi, come me, da anni esercita la professione all’estero e ha una conoscenza limitata di leggi o […]
Con grande attenzione ho seguito la vicenda del bando e assunzione di due ginecologi non obiettori da parte dell’Ospedale San Camillo. Premetto che l’intera vicenda è di difficile interpretazione da parte di osservatori esterni o da parte di chi, come me, da anni esercita la professione all’estero e ha una conoscenza limitata di leggi o problematiche tipiche della Sanità Italiana. Cercherò quindi di fare delle costatazioni sia con gli occhi del paziente, che dell’amministratore, a cui sta a cuore efficacia, efficienza e qualità del servizio.
E’ possibile che anche con picchi superiori all’80% di obiettori, il servizio di IVG sia tutelato; in questo caso però non si riesce a capire le motivazioni di assunzioni di cui non si avrebbe bisogno.
C’è uno scontro di natura etica, religiosa, legislativa. Ma alle pazienti, queste motivazioni interessano davvero? Ho l’impressione che si parli di diritti dei medici, diritti delle istituzioni e della politica, ma poco spazio e rilevanza venga dato ai diritti delle pazienti e della famiglia. In nessun articolo, è stata descritta la necessità dell’assunzione, come tramite essa un servizio specifico sarebbe migliorato, liste di attesa, possibilità di sostegno.
Da giorni ormai si parla solo di discriminazione.
Sarebbe forse discriminatorio assumere un anestesista specializzato in anestesia ostetrica, e quindi capace di offrire un servizio di parto indolore, che il più delle volte è inesistente, visto che in alcune regioni la mancanza di questo servizio supera l’80%? Sarebbe forse discriminatorio assumere un cardiologo invasivo, capace di fornire servizi che la cardiologia di base non può coprire? Sarebbe forse discriminatorio assumere un radiologo invasivo che garantisca quelle metodologie di stenting vascolare che il radiologo generico non effettua? Si potrebbe obiettare che in questi casi si parla di tecniche specialistiche che richiedono, in genere, un’ulteriore formazione, mentre nel caso di aborto, la tecnica è ben conosciuta da qualsiasi ostetrico. Ma se, per motivi etici, si è deciso di non offrire certi servizi, perché dovremmo gridare alla discriminazione, se una struttura pubblica decide di indire un bando per l’assunzione di professionisti non obiettori? In che modo gli obiettori sarebbero stati discriminati, dal momento che essi stessi hanno scelto di non partecipare in quelle metodiche specifiche descritte nel bando e previste dalla legge?
Discriminazione contro gli assunti a cui verrebbe in futuro non consentito il diritto di obiettare? Ma se hanno volontariamente partecipato e vinto un concorso che prevede specifiche direttive e prestazioni, qualora mancassero queste prerogative, perché dovrebbero sentirsi discriminati se licenziati? Se in un ospedale chiude ad esempio il reparto di ortopedia, quei chirurghi verranno rilocati o licenziati. Perché non si dovrebbe applicare lo stesso concetto per tecniche inerenti una specializzazione qualora mancasse la necessità o la volontà di fornire le stesse?
Questi sono principi, credo, globalmente accettati e applicati non solo in ambito sanitario ma in qualsiasi tipo di industria. Perché la struttura pubblica ospedaliera dovrebbe differire?