Prima un sedicenne malmenato da un gruppo di coetanei per un complimento inopportuno su Facebook, poi una dodicenne disabile accerchiata e picchiata. Sono solo due degli ultimi episodi di violenza di una lunga e interminabile serie. Il presidente di Di.Te: «Dopo un anno di pandemia la salute mentale degli adolescenti è allo stremo»
Non si chiudono in se stessi, non restano nel letto a luce spenta e serranda abbassata, rifiutando di alzarsi. «I giovani depressi non reagiscono come gli adulti: manifestano il loro stato depressivo attraverso l’ansia o l’aggressività», spiega Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te., Dipendenze tecnologiche, GAP e Cyberbullismo. E l’aumento degli episodi di violenza tra i giovanissimi ne è la dimostrazione.
Qualche giorno fa, una 12enne disabile è stata accerchiata da almeno tre coetanee, in un parco di Roma Nord, poi presa a calci, spintoni e schiaffi. La settimana precedente, in provincia di Frosinone, un sedicenne è stato malmenato da un gruppo di bulli, probabilmente per un complimento di troppo rivolto ad una ragazza su Facebook. E andando indietro con i giorni, le settimane e i mesi, da quando è scoppiata la pandemia questi episodi hanno continuato a susseguirsi. «Le cause di tanta violenza – continua Giuseppe Lavenia – vanno ricercate nello stato di difficoltà vissuto dai nostri ragazzi da oltre un anno. La loro salute mentale, ormai, è allo stremo. E la salute fisica, il benessere, l’equilibrio, passano dove c’è la salute mentale e, forse, in un momento così delicato, quest’ultima è stata messa un po’ da parte. Lo dimostrano anche recenti ricerche che vedono aumentare del 50% i disturbi ansiosi tra gli adolescenti. I giovani hanno troppa rabbia da sfogare».
La pandemia ha colpito trasversalmente tutte le fasce di età, eppure sono soprattutto i più giovani a trasformare il loro disagio in aggressività. «Gli adulti hanno una capacità di elaborare i traumi e lo stress in modo differente da quello degli adolescenti: riescono a tirar fuori le loro paure, a confrontarsi con gli altri, a sfogarsi anche in modi diversi, che sia verbalmente o con un cambiamento dell’umore – dice l’esperto -. I ragazzi, invece, nella maggior parte dei casi non sono in grado di esternare le proprie emozioni, i propri disagi. È così, rischiano di finire in depressione senza alcun preavviso, esprimendo il proprio malessere solo successivamente, non di rado, con l’esplosione di atteggiamenti violenti».
L’aggressività non è solo fisica, può essere anche psicologica: durante la pandemia sono triplicati pure gli episodi di bullismo online. «Molti ragazzi vittime di cyberbullismo con elevata probabilità – sottolinea Lavenia – avranno difficoltà a tornare tra i banchi: se non interveniamo con un percorso di supporto studiato ad hoc per le scuole, assisteremo a un aumento dell’abbandono scolastico. Ma tornare alla didattica in presenza è fondamentale perché è qui che si aprono le menti e i cuori delle persone, dove si impara ad interagire con gli altri». Durante la Dad, come emerge da un sondaggio condotto dal portale Skuola.net con l’associazione Di.Te gli studenti, oltre a percepire le lezioni poco coinvolgenti e (lo dice più del 76% di loro), hanno messo in evidenza che non hanno mai avuto spazi di condivisione del loro vissuto emotivo nel 53,3% dei casi.
Il lungo periodo della Dad ha avuto anche implicazioni negative sulle abitudini dei ragazzi e sul loro stile di vita. «Dall’inizio della pandemia, il 9% ha addirittura iniziato a fare uso di sostanze stupefacenti, di alcol quasi 18% e fumo 12 adolescenti su 100. Tra chi faceva già uso di queste sostanze, c’è un aumento netto del 10% del consumo di stupefacenti, del 6% degli alcolici e del 16% delle sigarette.» Ma non è tutto: sono cambiate anche le abitudini alimentari: la metà dei ragazzi ha detto di avere incrementato il consumo di cibo durante gli ultimi mesi di chiusura in casa, un terzo dei ragazzi di avere dormito più ore e il 44% di aver riposato meno del solito.
«Oltre a non avere avuto occasioni sociali, hanno perso anche molte delle loro valvole di sfogo, tra cui lo sport. Se si va a vedere come hanno vissuto il rapporto con l’attività fisica, fondamentale per mettere in circolo le endorfine, gli ormoni del benessere, si osserva che più della metà degli intervistati non ha fatto nessuna attività – aggiunge lo psicoterapeuta -. È come se, per un anno intero, la vita di tutti i nostri giovani fosse stata congelata e questa paralisi per molti di loro si è trasformata in depressione che, a sua volta, è sfociata in ansia e aggressività».
Ed ora come è possibile liberare coloro che sono rimasti intrappolati in questo circolo vizioso? «Bisogna assolutamente intervenire altrimenti sentiremo parlare di questi casi sempre di più. Bisogna fermarsi e pensare a cosa è veramente utile oggi per i nostri figli, mettersi nei loro panni – conclude Lavenia – capire cosa stanno provando».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato