«Il Ddl volto ad abolire l’indennità di residenza a favore delle farmacie rurali è un sintomo – al pari dei molti altri che, soprattutto in forma di omissioni, si sono registrati negli anni – del grave deficit di comprensione, a livello politico, del servizio imprescindibile e indispensabile che le farmacie rurali rendono al nostro Paese […]
«Il Ddl volto ad abolire l’indennità di residenza a favore delle farmacie rurali è un sintomo – al pari dei molti altri che, soprattutto in forma di omissioni, si sono registrati negli anni – del grave deficit di comprensione, a livello politico, del servizio imprescindibile e indispensabile che le farmacie rurali rendono al nostro Paese e alla salute dei suoi cittadini».
Silvia Pagliacci, presidente di Federfarma Perugia, definisce in questi termini il Disegno di Legge a firma del senatore Vittorio Fravezzi, del Gruppo Autonomie, volto ad abrogare l’indennità di residenza (peraltro non ancora depositato al Servizio dell’Assemblea), sottolineandone i significati negativi, che superano largamente il contenuto negativo della disposizione.
«Pur apprezzando il fatto che il senatore Fravezzi, debitamente informato e sensibilizzato in forma diretta dal collega Paolo Betti, presidente di Federfarma Trento, e dal vicepresidente della Fofi Luigi D’Ambrosio Lettieri, abbia già annunciato di voler rivedere la sua proposta – afferma Pagliacci – resta del tutto evidente che il solo aver pensato un provvedimento simile denota la distanza siderale che intercorre tra il legislatore e la realtà della farmacia rurale».
«Il vero e più preoccupante problema, in realtà, è proprio questo – spiega ancora la presidente di Federfarma Perugia – ovvero il non essere riusciti a far arrivare alle orecchie della politica, in tutti questi anni, le buone, anzi ottime ragioni di migliaia di presidi di salute che – con la loro fattiva presenza nelle località più piccole, marginali e disagiate del territorio nazionale – rendono un servizio che quasi sempre vicaria le assenze dello Stato e per il quale ricevono, in termini economici e non solo, infinitamente meno di quanto danno».
«L’urgenza di cambiare passo e registro è evidente – afferma Pagliacci –. A livello sindacale, le farmacie rurali non possono essere soltanto, come è troppo spesso accaduto in passato, la foglia di fico della Categoria da esibire nelle pubbliche occasioni, quando si tratta di sottolineare i meriti della farmacia privata. Devono invece diventare la priorità delle politiche di tutela sindacale, soprattutto ora che – con il prossimo avvento del capitale – rischiano di essere gli esercizi più a rischio proprio per la loro intrinseca debolezza economica».
«Nessuno può disconoscere il valore sociale, oltre che sanitario, della farmacia rurale, ed è questo valore che bisogna affermare, non già sul territorio – dove i cittadini tutti ben lo conoscono – ma tra gli interlocutori politici e istituzionali. Cominciando, lancio un’idea, con la costituzione all’interno di Sunifar (il Sindacato Unitario dei Farmacisti Rurali) di una cabina di regia interregionale che tracci con realismo una road map delle emergenze e delle criticità sostanzialmente condivise, da affrontare fin da subito con concrete possibilità di risolverle, cercando un’interlocuzione non solo con il Governo e il Parlamento ma anche a livello di Conferenza delle Regioni».