Brusaferro: «Lieve aumento Rt messo in conto con aperture». Rezza: «Per raggiungere immunità di gregge dovremmo vaccinare il 60-70% della popolazione. Ma alcuni fattori possono far alzare soglia». Sicilia, Sardegna e Valle d’Aosta in arancione
L’indice Rt in Italia si attesta su un valore di 0,89 (in leggero aumento rispetto alla settimana precedente) ma continua il lieve calo dell’incidenza di Covid in Italia, che si attesta a 127 casi ogni 100mila abitanti, rispetto al valore di 146 registrato nel monitoraggio della scorsa settimana. Si osserva inoltre un «miglioramento generale del rischio, con nessuna Regione a rischio alto», mentre sei Regioni e Province autonome hanno una classificazione di rischio moderato (di cui una, la Calabria, ad alta probabilità di progressione a rischio alto nelle prossime settimane) e 15 Regioni e Province autonome che hanno una classificazione di rischio basso.
È quanto si apprende dal monitoraggio settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute relativo al periodo dal 26 aprile al 2 maggio. Una Regione (Molise) e una Provincia Autonoma (Bolzano) hanno «un Rt puntuale maggiore di 1, ma con il limite inferiore sotto l’uno. Tutte le Regioni e Province autonome hanno una trasmissibilità compatibile con uno scenario di tipo uno», si legge ancora nel report. A fronte di questi dati, a partire dal 10 maggio nessuna Regione sarà in area rossa, mentre Sicilia, Sardegna e Valle d’Aosta saranno in zona arancione. Tutte le altre Regioni e Province Autonome in area gialla.
La pressione sui servizi ospedalieri è in diminuzione, «sebbene rimanga ancora oltre la soglia critica in alcune Regioni e Province autonome». Nello specifico: scende il numero di Regioni e Province autonome con tasso di occupazione in terapia intensiva e/o aree mediche sopra la soglia critica (5 Regioni contro 8 della settimana precedente). Il tasso di occupazione in terapia intensiva a livello nazionale è sotto la soglia critica (27%), con una diminuzione nel numero di persone ricoverate che passa da 2.748 (27 aprile) a 2.423 (4 maggio). Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale scende ulteriormente ed è sotto la soglia critica (29%). Il numero di persone ricoverate in queste aree passa da 20.312 (27 aprile) a 18.176 (4 maggio).
«Si osserva – è scritto nel report – una ulteriore diminuzione nel numero di nuovi casi non associati a catene di trasmissione (24.397 vs 27.561 la settimana precedente). La percentuale dei casi rilevati attraverso l’attività di tracciamento dei contatti è in lieve aumento (38,6% vs 38,3% la scorsa settimana). Scende, invece, la percentuale dei casi rilevati attraverso la comparsa dei sintomi (38,3% vs 38,7%). Infine, il 23,1% è stato diagnosticato attraverso attività di screening».
«La ormai prevalente circolazione in Italia della variante B.1.1.7 (nota come variante inglese) e la presenza di altre varianti che possono eludere parzialmente la risposta immunitaria – si può leggere nel report –, richiede di continuare a mantenere particolare cautela e gradualità nella gestione dell’epidemia”.
«Non c’è contraddizione tra un Rt in leggera salita e un’incidenza in discesa. Quando il valore dell’indice è inferiore all’1, anche se si verificano leggeri spostamenti, vuol dire che a livello nazionale la circolazione del virus è in calo. Questo trova corrispondenza nella decrescita, anche se non velocissima, dell’incidenza». Lo ha detto il Presidente dell’ISS, Silvio Brusaferro, durante la conferenza stampa sull’analisi dei dati del monitoraggio.
Brusaferro ha poi aggiunto: «È chiaro che possono verificarsi delle oscillazioni che dobbiamo comunque tenere in considerazione. Si è detto che rilassando un po’ le misure poteva verificarsi un aumento della circolazione del virus. Il problema però non è la circolazione in sé, quanto la ripartenza della diffusione del contagio. È un tema delicato – ha spiegato – ma che va monitorato per poter intervenire rapidamente».
Il direttore generale della Prevenzione del Ministero della Salute Gianni Rezza è intervenuto sul tema dell’immunità di gregge: «Per raggiungerlo – ha spiegato – dovremmo vaccinare il 60-70% della popolazione. Ma esistono tre fattori che possono far alzare questa soglia», e per questo si «preferisce parlare di raggiungimento di controllo dell’epidemia o di ritorno alla normalità».
Questi tre fattori sono: «Capacità dei vaccini di dare immunità sterilizzante; durata della protezione indotta dal vaccino e dalla malattia; le varianti». Per quanto riguarda le varianti, in particolare, secondo Rezza c’è da tenere in conto il fatto che «un giorno, malauguratamente, potrebbero emergere delle varianti più resistenti ai vaccini. Ciò significa che bisognerà cambiarne la composizione, così come avviene con l’influenza stagionale». Ed è per questo motivo che «bisogna rendere il più ampio possibile l’accesso ai vaccini in tutto il mondo: per evitare la nascita di nuove varianti» che possano resistere ai vaccini.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato