Donna denuncia penalmente dermatologo ma l’accusa cade. Il medico avvia a sua volta un iter processuale verso la paziente che lo aveva accusato pubblicamente. «Una sentenza che farà giurisprudenza». Il racconto di ciò che è accaduto
Di solito una vicenda giudiziaria legata ad una denuncia per un presunto caso di malpractice, in caso di assoluzione del professionista sanitario, si conclude con la sentenza. Nessuno ha voglia, dopo anni di incertezze, stress e una spada di Damocle grossa così che pende sulla sua testa, di ricominciare daccapo con un altro processo. Esistono però casi in cui il medico che si è sentito ingiustamente attaccato (e l’archiviazione sta lì a testimoniare che ha ragione), una volta chiusa la vicenda, ritenga giusto e quasi doveroso rispondere con la stessa moneta. È il caso del dottor G., medico chirurgo specialista in dermatologia e venereologia. Dopo l’archiviazione del suo caso (un’accusa di lesioni personali, processo penale) ha controdenunciato l’ex paziente per alcune considerazioni fatte in un forum (quindi pubbliche), chiedendo un risarcimento per diffamazione. E il giudice gli ha dato ragione.
I fatti risalgono al giugno del 2011, quando una donna si rivolge al dottor G. per un intervento di filler. La paziente si era sottoposta allo stesso intervento, sempre con lui, anche tre anni prima. Dopo un paio di settimane la donna contatta il medico riferendo una sensazione di indolenzimento della zona trattata. Vengono poi eseguiti diversi controlli che non evidenziano criticità specifiche. Nonostante ciò, la donna, nel febbraio del 2012, in una conversazione pubblica su un noto sito web scrive che il suo dermatologo si chiama G. e che, testualmente, le ha «rovinato la vita». «Il forum – si può leggere nella sentenza n. 57929 del 2018 che ricostruisce i fatti – è ad accesso libero ed è letto da milioni di visitatori e quindi anche dai clienti potenziali» del dottor G. Nel frattempo, la donna denuncia il suo dermatologo per lesioni personali ma il procedimento penale si chiuderà circa cinque anni dopo con l’archiviazione a seguito di consulenza medico legale.
Dalla CTU (Consulenza Tecnica di Ufficio) eseguita dal consulente del Pubblico Ministero, risulta che «all’esame obiettivo non si apprezzano tumefazioni, né lesioni cutanee o formazioni patologiche sottocutanee […]; la consulente aggiunge che nei certificati medici “non trova adeguata conferma quel corteo sintomatologico che la perizianda riferisce di aver trattate” e “la visita dermatologica […] dava conto di un quadro clinico del tutto nella norma” […]; la CTU conclude affermando che non è possibile stabilire l’origine delle formazioni sottocutanee al viso, né stabilire l’eventuale nesso causale con il trattamento del 7.6.2011». Secondo la CTU, dunque, il dottor G. non ha colpe.
Il dottor G., sollevato per l’esito della vicenda, vorrebbe però ottenere un risarcimento, anche simbolico, per una vicenda che l’ha visto come incolpevole protagonista e che si è protratta per anni. Una vicenda che rischiava di compromettere in modo irrimediabile la sua immagine e che gli ha causato non poco stress. Parla dunque con l’assicurazione, che gli sconsiglia di muoversi in questo senso. Parla con il suo avvocato, che gli risponde: «Possiamo muoverci per diffamazione ma è difficile vincere un caso del genere: c’è poca giurisprudenza». Parla anche con l’ufficio legale dell’Ordine dei Medici di Milano e, anche qui, gli viene detto che molto probabilmente avrebbe perso la causa. Il dottor G., però, decide di proseguire. E il giudice gli dà ragione in primo grado: 5mila euro di risarcimento. Sentenza diventata definitiva in quanto i termini per presentare ricorso sono scaduti pochi giorni fa.
«Il mio avvocato è molto contento perché a suo dire è una sentenza che farà giurisprudenza. Non esistono casi simili», spiega il dottor G. a Sanità Informazione. «Non è facile subire un processo penale, ovviamente. Ti ritrovi le forze dell’ordine nello studio, i Nas fanno controlli. Tra l’altro – spiega – si trattava del mio primo procedimento. Non avevo mai avuto problemi simili». Il medico spiega poi il motivo per cui ha a sua volta denunciato la paziente: «I medici non sono bancomat. Non possono essere messi sotto accusa solo per spillargli qualche soldo. Certo, se un medico commette un errore è giusto che paghi, così come è giusto che paghi una persona che investe un pedone sulle strisce con l’auto. L’ho fatto dunque non solo per ottenere un risarcimento per gli anni in cui è durato il procedimento. L’ho fatto anche per la categoria, in un periodo assolutamente non facile come quello che sta vivendo, sotto vari punti di vista». Il messaggio che vuole lanciare il dermatologo è che «non si può sempre e solo subire passivamente questo tipo di attacchi, ma bisogna reagire». E ai pazienti, categoria di cui fanno parte anche i professionisti sanitari perché anche loro, ovviamente, hanno bisogno di medici, il dottor G. consiglia di «rivolgersi ad avvocati e medici legali onesti, che valutano davvero i fatti e che non spingono i clienti a denunciare senza motivo solo per guadagnare di più».
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