Lo studio di IFOM con l’università di Milano e Padova diretto dai professori Pagani e Piccolo ha permesso di identificare le proteine responsabili della crescita delle cellule tumorali. Prossimo obiettivo comprendere il meccanismo che le alimenta e studiare una cura farmacologica mirata
Si chiamano YAP e TAZ e sono due proteine indispensabili per lo sviluppo e la rigenerazione dei tessuti umani, ma risultano essere anche alla base della formazione della maggior parte dei tumori umani. Ad individuare questo importante elemento è stato un gruppo di ricerca dell’unità “Oncologia Molecolare & Immunologia” dell’IFOM guidato da Massimiliano Pagani, professore ordinario di Biologia Molecolare dell’Università degli Studi di Milano.
Partito dal tumore al colon retto, che è la seconda causa di morte per neoplasia più diffusa al mondo, e tra i più suscettibili a mutazioni genetiche, lo studio ha sfruttato le colture di tumoroidi in vitro per individuare quegli elementi regolatori alterati, comuni a tanti tumori solidi umani.
«In questo modo è stato possibile individuare un fil rouge epigenetico – spiega il professor Pagani che, con la collaborazione del professor Stefano Piccolo dell’Università degli Studi di Padova, ha condotto lo studio pubblicato su Nature Communications -. A quel punto abbiamo approfondito e caratterizzato gli elementi regolatori ed abbiamo visto che la maggior parte sono guidati da YAP e TAZ. Con gli esperimenti in vitro abbiamo dimostrato che, andando a bloccare l’attività di queste due proteine, si ha una morte completa della componente tumorale, il che suggerisce la centralità di queste proteine nel mantenimento in vita delle cellule tumorali».
Generati dal tumore primario del paziente, gli “avatar” in vitro sono in grado di riprodurne l’architettura, la struttura morfologica e il comportamento, incluse le caratteristiche molecolari e trascrizionali. «Siamo partiti da una considerazione generale: la maggior parte dei tumori umani, in particolare quello del colon retto, presenta diverse forme che possono essere classificate e ci siamo chiesti se esistessero dei tratti comuni a livello molecolare nel passaggio da cellule normali a tumorali – analizza Pagani -. Per rispondere a questa domanda abbiamo deciso di lavorare con una tecnologia innovativa che è quella degli organoidi, ovvero colture cellulari in 3D che si ottengono dai tumori umani utilizzando le cellule staminali tumorali che sono presenti e che ricostruiscono una sorta di avatar in coltura del tessuto umano».
Questo processo, possibile per diversi tessuti, è applicabile anche ai tumori con risultati straordinari, come conferma il docente di biologia molecolare dell’Università di Milano: «Queste colture rispecchiano fedelmente il tessuto primario così da poter ricreare una sorta di libreria dei tumori umani e in particolare del colon retto. Poi abbiamo analizzato questi tumoroidi facendo un’analisi epigenetica approfondita, in modo da capire se ci sono elementi regolatori comuni tra i diversi pazienti, un processo che non è possibile fare sui tumori primari perché formati da materiale eterogeneo che contiene anche cellule non tumorali e quindi soggette a risultati confusi». Un limite superato con l’avatar in provetta che riflette in modo fedele solo la componente tumorale.
«In questo modo abbiamo potuto identificare una specie di interruttore molecolare che regola la funzione delle cellule – aggiunge -. Grazie a questo abbiamo la possibilità di trovare terapie innovative in grado di bloccare la componente tumorale di queste proteine che sono comunque indispensabili per il nostro organismo. Abbiamo individuato il tallone di Achille della maggior parte dei tumori solidi umani e quindi ci focalizzeremo su questo. È una innovazione enorme e pensiamo, nel giro di un paio di anni, di avere un’idea più chiara anche per capire chi agisce per accendere questi interruttori».
Individuato il tallone di Achille dei tumori solidi, in laboratorio si affinano le armi per colpirlo, come puntualizza lo stesso Pagani. «Abbiamo intenzione di collaborare con aziende biotech per approfondire elementi innovativi verso una strada che non è ancora stata percorsa. Oggi le terapie sono a base di chemioterapia e radioterapia, in alcuni casi si fa ricorso all’immunoterapia o ad una combinazione di entrambe. Con questo studio pensiamo di poter andare oltre».
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