Si è svolta ieri la quinta riunione dell’Intergruppo parlamentare sui nuovi approcci all’assistenza sanitaria: dalle Rsa alla domiciliarità
Superare la dicotomia tra assistenza sociale e sanitaria, passare da una sanità di prestazioni a una sanità di continuità e utilizzare al massimo il PNRR nella logica di rivisitazione del SSN per arrivare a nuovi modelli di presa in carico degli anziani che consentano di rispondere meglio ai bisogni di una popolazione longeva. In tal senso occorre attivare una rete di servizi di prossimità, consentendo agli anziani di vivere a casa loro e di essere presi in carico con servizi di inclusione digitale e sociale, strumenti di lotta alla solitudine, prevenzione ed educazione sanitaria. Questo è quanto emerge dalla quinta riunione dell’Intergruppo Parlamentare «Longevità. Prospettive socioeconomiche» svoltasi alla presenza di oltre 40 legislatori dedicata al tema dei nuovi approcci all’assistenza sanitaria: dalle Rsa alla domiciliarità.
«La pandemia ha messo a nudo le lacune dell’assistenza territoriale, che per troppi anni ha sofferto di uno sbilanciamento tra cure territoriali e ospedaliere. Dobbiamo arrivare a un’integrazione tra ospedali, sistemi intermedi e domicilio per rispondere a bisogni di salute più complessi e in questo senso gli investimenti del PNRR sono una grande risorsa che consentirà di avviare un percorso di revisione del nostro Servizio Sanitario nazionale. Sarà cruciale valorizzare i presidi territoriali già esistenti e le strutture intermedie, il post acuzie, che consentirà di sgravare le strutture ospedaliere, offrendo luoghi intermedi tra la casa e l’ospedale. Ma non va trascurata l’ADI, fondamentale per la presa in carico degli anziani cronici che spesso vivono soli. Occorre potenziare il personale dedicato a queste prestazioni» ha dichiarato il Sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri.
«Nell’impegno che la commissione ha ricevuto dal Ministro della Salute ci siamo trovati di fronte alla necessità di ridefinire la concezione dell’assistenza in un Paese che è il secondo più anziano al mondo ma non è il primo per un’anzianità degna di questo nome. Abbiamo elaborato una Carta dei diritti degli anziani e dei doveri della società, che verrà presentata dal Governo al G20, nella quale si delinea una visione generale che deve presiedere ogni riforma superando quella divisione tra sociale e sanitario che appare ancora anche nel PNRR. Il cuore di questa Carta e della riforma che la Commissione propone è ripartire dai problemi degli anziani per prenderci cura di loro in una logica di continuum assistenziale. Si deve ridefinire l’ADI, rendendola continuativa e adeguata a partire dalla presa in carico di mezzo milione di anziani non autosufficienti; le 17 ore l’anno sono nulla. Servono centri diurni, centri di riabilitazione per persone con malattiche croniche e degenerative. I servizi residenziali vanno usati solo per la popolazione anziana che ne ha davvero bisogno con l’impegno di poter tornare nel proprio domicilio. Sono essenziali, infine, la digitalizzazione e il superamento delle barriere architettoniche, la promozione del co-housing e di altre formule, in una logica di superamento della barriera tra sociale e sanitario. Occorrono circa 9 miliardi per mettere in atto questa nuova prospettiva per la quale servirà anche una nuova proposta normativa.» ha dichiarato Monsignor Vincenzo Paglia, Presidente della Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana.
«In Italia solo il 2,9% degli anziani sono presi in carico attraverso l’ADI, con un aumento di appena lo 0,2% dal 2017 e un quadro regionale fortemente frastagliato, con 17 ore annue in media. I posti letto residenziali sono 14,41 per ogni 1.000 abitanti over 65 con un’offerta tutta concentrata nel Nord del Paese. Tutto ciò si traduce in un mercato dell’assistenza opaco e poco qualificato, con 1.018.000 badanti in Italia di cui il 60% non in regola, per un totale di 44 badanti ogni 100 over 75 non autosufficienti. La spesa delle famiglie per le badanti ammonta a 8 miliardi, in un rapporto quasi 1:1 tra operatori professionali del pubblico e del privato e badanti. Da qui si ricava la necessità di un circuito assistenziale per la presa in carico degli anziani che preveda integrazione tra i setting assistenziali, integrazione tra professionisti, personalizzazione degli interventi, appropriatezza delle prestazioni ed empowerment del paziente. Serviranno, quindi, una regia nazionale unitaria, delle regole d’ingaggio certe ed omogenee per un modello di sanità territoriale organizzato su standard strutturali, tecnologici e organizzativi trasversali alle Regioni e infine reti territoriali multiprofessionali per la strutturazione di percorsi integrati in un quadro di partenariato con il SSN» ha dichiarato Giuseppe Milanese Presidente di Confcooperative Sanità.
«Nella Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana occorrerebbe già una concertazione con le Regioni, per rendere più agevole il passaggio alla realizzazione pratica delle decisioni assunte in quella sede. Le altre criticità che andranno affrontate con grande consapevolezza sono quella dell’attuazione delle riforme proposte nei piccoli comuni, dove si incontreranno sicuramente ostacoli diversi e la grande sfida di alfabetizzare dal punto di vista digitale una popolazione di over 75 con un basso grado di scolarizzazione come quella attuale» ha dichiarato Roberto Messina, Presidente di Senior Italia FederAnziani e Vicepresidente dell’Intergruppo.
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