Rossi (SNAMI): «Case della salute e ospedali territoriali superati, servono maggiori risorse e una formazione più adeguata». Barbieri (FP Cgil): «Poco dialogo con i sindacati confederati e liste d’attesa dimenticate». Mazzacane (ex Cisl medici): «Bene il concetto One Health, ma attenzione alla fuga dei camici bianchi»
Le nuove linee di sviluppo della sanità lombarda presentate in Commissione dalla vicepresidente Letizia Moratti, dopo l’approvazione della Giunta, non sembrano soddisfare appieno i sindacati. Roberto Carlo Rossi, presidente di SNAMI Lombardia e dell’Ordine dei Medici di Milano, ritiene infatti che il territorio abbia bisogno di maggiori risorse per una formazione più adeguata dei medici di medicina generale, mentre boccia le case della salute e gli ospedali territoriali.
«Da venticinque anni sento parlare di Case della salute, una soluzione che peraltro è già stata sperimentata in Toscana e in Emilia-Romagna, dove hanno avuto alterno successo – ricorda Rossi -. Funzionano bene solo dove c’è coesione tra convenzionati e specialisti. Di sicuro non mi aspettavo una scelta di questo tipo da una regione come la Lombardia, non di sinistra».
Ne fa una questione politica il presidente regionale di SNAMI, ma non solo. «Buttare via questo sistema che è capillare è un errore, perché ogni cittadino ha un medico di riferimento e questo è un punto di forza della medicina italiana».
Differente la questione dell’ASST territoriale che per Rossi «è accettabile per il budget, non nell’organizzazione quando si parla ancora di ospedale territoriale che porta indietro le lancette a prima dell’era Formigoni. La sanità lombarda oggi è deficitaria non tanto da un punto di vista strutturale, ma di personale».
Il territorio per Rossi andrebbe irrobustito nei numeri e migliorata la formazione con un percorso universitario più qualificante. «La medicina generale deve diventare una specialità, mentre le borse di studio devono essere aumentate in ragione del numero di posti disponibili e adeguatamente finanziate. Oggi sono pagate la metà delle altre specialità, mentre il diploma è poco spendibile. Quindi deve essere rivisto il percorso universitario, così come le retribuzioni che invece sono al palo da decenni. Un esempio? Per tre volte l’ATS Milano ha messo a concorso l’assunzione di medici di medicina generale e su 200 zone carenti ne ha coperte 50».
Poco dialogo e solo con una parte sindacale: Giorgio Barbieri, responsabile per la medicina generale di FP Cgil Lombardia, chiede che si aprano tavoli con il consiglio regionale e la giunta. «Da parte di Regione Lombardia manca la volontà di confrontarsi con le organizzazioni sindacali confederali che potrebbero esprimere ogni punto di vista, dai medici di medicina generale agli infermieri, dai tecnici agli amministrativi, dagli operatori sociali fino agli utenti».
Non usa mezze parole Barbieri che giudica le case della salute «scatole vuote» e aggiunge: «La salute lombarda dopo queste linee di sviluppo resta in prognosi riservata perché sono state disattese le precise indicazioni del Ministero della Salute, mentre l’impianto poggia ancora su due capisaldi responsabili del tracollo della medicina territoriale durante la pandemia da Covid: la falsa libertà di scelta e l’equiparazione pubblico-privato che non può reggere alle condizioni attuali. La sanità privata deve essere integrativa, non sostitutiva», ribadisce a più riprese mentre sottolinea come siano state completamente dimenticate le liste d’attesa.
Le critiche di Rossi e Barbieri lasciano il passo al cauto ottimismo di Danilo Mazzacane, già segretario regionale Cisl medici, oggi impegnato come coordinatore territoriale di OMCeO Milano, quando si sposta l’attenzione sul nuovo concetto di salute globale.
«L’impostazione One Health è positiva – esordisce Mazzacane che ricopre anche il ruolo di segretario della società scientifica GOAL (Gruppo oculisti ambulatoriali specialisti del territorio) –. In particolare, in questo momento storico, ritengo sia molto importante la ridefinizione dei compiti degli attori in campo: Assessorato al Welfare, Ats e ASST».
Ogni ente secondo quanto previsto nel documento avrà degli ambiti precisi di competenza che permetteranno anche ai cittadini di conoscere con chiarezza i ruoli di ognuno. «Sarà importante a tal proposito una migliore comunicazione tra i componenti di questo quadro sanitario regionale – riprende Mazzacane – mentre un altro aspetto positivo che ho riscontrato in questo piano di sviluppo è il rilancio dell’importanza della prevenzione e la definizione nell’ambito dell’ASST di un polo territoriale che contempli anche medici convenzionati di medicina generale e pediatri di libera scelta, oltre a specialisti ambulatoriali».
Il documento, ancora in una veste embrionale, prevede la messa a punto di case della salute, una ogni 50 mila abitanti, e ospedali di comunità in numero di uno ogni 100 mila abitanti. Una percentuale che per il coordinatore territoriale OMCeO Milano andrebbe modulata tenendo conto della geolocalizzazione degli stessi. «Non si può gestire le case della salute e gli ospedali di comunità nello stesso modo sia nelle città metropolitane che nelle pianure o in montagna. Le esigenze e le criticità sono differenti, occorre tenerne conto».
Mentre il Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza, ovvero il piano per spendere i soldi del Recovery Fund, assegna alla sanità risorse per oltre 15 miliardi di euro tra reti di prossimità, telemedicina, innovazione e digitalizzazione, la Lombardia investirà 700 milioni di euro di proprie risorse. «Un plauso alla regione che metterà a punto una rete di professionisti, dai medici specialisti agli infermieri e assistenti sociali in stretto contatto con medici di medicina generale e pediatri di libera scelta – evidenzia Mazzacane – il che porterà ad una maggiore sinergia tra pubblico e privato con la possibilità per i cittadini di scegliere».
A preoccupare il segretario GOAL però è il personale, troppo spesso in fuga verso il privato e il privato convenzionato, oltre che verso l’estero; il che rischia di generare una emorragia dal sistema perché il posto pubblico non risulta più appetibile per le nuove generazioni.
Se sulla carta i presupposti sono buoni, per Mazzacane esiste però un problema da risolvere che riguarda il dualismo Roma-Milano e i contrasti tra il governo centrale e la conferenza Stato Regioni. «Non c’è uniformità di condotta – rimarca l’ex segretario Cisl – e con il federalismo ognuno va per la sua strada. Per fare un esempio il Lazio ha provveduto a spingere le vaccinazioni per i ragazzi che devono fare l’esame di maturità mentre nelle altre regioni non è stato fatto. Peccato. Dovrebbe esserci più coordinamento, così come tra le regioni e le aziende».
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