La Fimmg chiede con la fine dell’emergenza il ripristino delle normale relazioni sindacali. Tanti i fronti aperti: dal Green Pass alle Case di Comunità. L’84% dei MMG si è sentito non supportato dalle istituzioni sanitarie durante la pandemia
La Fimmg è pronta a scendere in piazza. L’annuncio arriva dal Segretario Generale Silvestro Scotti che, a margine dell’evento all’Hotel Rome Cavalieri della Capitale organizzato per i 75 anni del sindacato, spiega a Sanità Informazione: «Siamo pronti a scendere in piazza, stiamo solo aspettando che finisca l’emergenza. Per senso di responsabilità in un momento così complicato un sindacato istituzionale come la Fimmg sinora ha evitato la conflittualità. Ma dopo il 31 luglio o si ritorna a una normalità delle relazioni sindacali o sarà guerra».
Le parole di Scotti non sono un fulmine a ciel sereno: da mesi Fimmg lamenta l’assenza di confronto con il governo, contesta la riforma delle Case di Comunità e, per ultimo, anche la modalità di erogazione del Green Pass.
A rafforzare la posizione della Fimmg, un sondaggio Euromedia Research che promuove a pieno titolo la medicina di famiglia durante la pandemia: il 77,5% degli italiani ha fiducia nel proprio medico di famiglia. Un dato lievemente più alto rispetto alla fiducia espressa nei confronti del SSN (77,4%). Oltre la metà (il 55,8%) considera il proprio medico “speciale”. Una percentuale che sale al 62,3% tra gli over 65.
La ricerca, condotta tra il 24 maggio e il 7 giugno su un campione di 2mila cittadini, offre altri spunti su cui riflettere: il 73,6% si dice soddisfatto del rapporto con il proprio medico durante la pandemia e il 55,5% è riuscito ad avere con lui/lei un rapporto “concreto” e la possibilità di farsi visitare. Per oltre 7 su 10 il medico di famiglia ha un ruolo importante (il 75,5%). Il 22,6% ha un rapporto con l’attuale medico di famiglia che dura da più di 20 anni. Più della metà degli intervistati non ha cambiato medico negli ultimi 5 anni.
Se però da un lato i cittadini promuovono la medicina di famiglia anche in un periodo così difficile come il Covid, dall’altro i camici bianchi si dicono insoddisfatti dell’organizzazione della medicina generale nel proprio territorio durante i mesi della pandemia e in questo periodo l’84,7% non si è sentito supportato e sostenuto dalle istituzioni sanitarie locali. Il 94,8% dice di non sentirsi un eroe anche se il 27,4% dei cittadini li considera così. Il 62,1% ha dichiarato di essere riuscito a seguire i pazienti dall’inizio della pandemia attraverso nuove forme di contatto come mail e chat. Per il 41,2% c’è maggiore fiducia adesso da parte dei pazienti. Il 14,5% dice però di non averli potuti seguire come avrebbe voluto per la mancanza di dispositivi di protezione individuale.
«Le difficoltà espresse dai medici di medicina generale non possono rimanere inascoltate – sottolinea Silvestro Scotti –. I medici di medicina generale sono stati in prima linea anche durante la pandemia, pagando con un enorme tributo di vite il loro impegno. Ora bisogna avviare al più presto un confronto per l’evoluzione post-Covid della medicina generale. Vogliamo risposte immediate dalla politica, una sottoscrizione nel brevissimo dell’accordo 2016-2018 e un atto di indirizzo forte che dia mandato per il ridisegno di un Accordo Collettivo Nazionale che doti finalmente tutti gli studi medici di personale e di strumenti diagnostici, che finanzi adeguatamente l’attività clinica dei medici di famiglia e permetta loro finalmente, anche grazie alle nuove piattaforme informatiche e alle nuove forme associative, di attuare quanto previsto dal piano nazionale della cronicità e di esser protagonisti delle prossime campagne vaccinali».
«I cittadini hanno ribadito la loro fiducia nel proprio medico di famiglia e ne siamo orgogliosi», ha commentato il presidente dell’Enpam Alberto Oliveti. «La categoria adesso deve pretendere un’adeguata considerazione del proprio ruolo nel Servizio sanitario post-Covid – dice ancora Oliveti -. Colpisce che l’85 per cento dei medici di famiglia lamentino di non essere stati sostenuti e valorizzati dalle istituzioni sanitarie locali durante i mesi della pandemia. Se da un lato è consolante vedere che l’opinione pubblica si sia accorta di questa scarsa considerazione, è ora che la politica ponga rimedio assicurando una formazione adeguata, nella qualità e nei numeri di accesso, e un supporto reale ai professionisti che ogni giorno si occupano della salute di tutti cittadini».
«Rileva, con numeri chiari, due dati di fatto, che da tempo sottolineiamo. Il primo è la grande fiducia dei cittadini nel loro medico di medicina generale. Fiducia che supera quella riposta nello stesso Servizio Sanitario Nazionale, perché rivolta verso la persona; che porta a considerare il proprio medico “speciale” e a mantenere con lui un rapporto continuativo, in molti casi ventennale, che si interrompe solo per cause di forza maggiore, come un pensionamento o un trasferimento. E che allunga la vita» ha rilevato il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici, Filippo Anelli.
«Il secondo dato di fatto è il disagio dei medici: un malessere trasversale alla Professione, che deriva dalla scarsa considerazione, da parte della politica, del ruolo insostituibile, professionale ma anche sociale, del medico – continua Anelli -. Un disagio che, nel caso dei medici di famiglia, si esprime con quell’83,7% di colleghi che non si sente sostenuto e supportato dalle istituzioni sanitarie locali; con quel 53,4% che si dice insoddisfatto dell’organizzazione della Medicina Generale nel territorio in cui opera»
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