All’Ara Pacis di Roma un focus della comunità medico-scientifica. Tre malattie neurologiche, le demenze, l’ictus e l’emicrania, sono tra le prime 10 cause di disabilità secondo il Global Burden of Disease dell’OMS e, almeno le prime due, cresceranno inevitabilmente con l’invecchiare della popolazione
Al via “Gesti che tornano ad essere importanti”, la campagna che porta alla luce un’emergenza epidemiologica trascurata.
«Il declino cognitivo legato a malattia neurodegenerativa, ictus o trauma è una sfida sempre più importante per il Servizio Sanitario Nazionale – spiega il prof. Gioacchino Tedeschi, Presidente della SIN -. Il declino cognitivo può infatti essere l’anticamera della demenza, che porterà il paziente a perdere la capacità di compiere i gesti più semplici, dal prepararsi il caffè, a truccarsi davanti allo specchio, con un carico di sofferenza per il paziente e per la sua famiglia insostenibile, oltre a un costo sociale gravissimo. Finora l’incidenza complessiva del declino cognitivo non è stata messa bene a fuoco perché è il prodotto di malattie diverse».
«Oggi – prosegue – occorre affrontare l’intero orizzonte di questa condizione tanto più che, a differenza del passato, per la prima volta si prospettano nuove opzioni terapeutiche. Almeno altrettanto importanti sono, da una parte la prevenzione, che si basa tanto sul trattamento di specifici fattori di rischio, quanto sul miglioramento dello stile di vita, dall’altra la riabilitazione cognitiva che può e dovrebbe essere parte integrante del percorso curativo. Fatte queste premesse, è evidente quanto sia fondamentale la diagnosi precoce, diagnosi che non è affatto semplice e che richiede oltre ad una specifica competenza neurologica, la possibilità di avvalersi della collaborazione di neuropsicologi, neuroradiologi, e specialisti di medicina nucleare».
Per questo è essenziale che «nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza vengano riconosciute l’alta complessità assistenziale e intensità di cura necessarie alla diagnosi, alla cura, alla prevenzione e alla riabilitazione del declino cognitivo e delle sue possibili cause (malattie neurodegenerative, ictus, trauma) e conseguenze (demenza)» sottolinea il professor Tedeschi.
Demenze e ischemie cerebrali sono, già ora, tra le prime 10 cause di invalidità. In Europa si stima che la demenza di Alzheimer (DA) rappresenti il 54% di tutte le demenze con una prevalenza nella popolazione ultrasessantacinquenne del 4,4%. In Italia la prevalenza per tutte le demenze è abbastanza in linea con quella osservata in Europa (circa il 6%), quella per DA è circa la metà (2,5% vs 4,4%).
La demenza vascolare o demenza multinfartuale è la seconda causa di demenza dopo la malattia di Alzheimer negli adulti anziani mentre il deterioramento cognitivo lieve, conosciuto anche con la sigla MCI (mild cognitive impairment) viene considerato uno stato di transizione tra l’invecchiamento normale e la demenza e una possibile sindrome prodromica dell’Alzheimer stesso.
Per quanto riguarda i traumi cranici, ogni anno vengono ricoverati 250 pazienti per 100mila abitanti. L’ictus, invece, conta in Italia almeno 100.000 casi ogni anno secondo il rapporto ICTUS del 2018. Circa un terzo delle persone colpite non sopravvive a un anno dall’evento, mentre un altro terzo sopravvive con una significativa invalidità. Secondo la Società Italiana di Neurologia «l’ictus rappresenta globalmente la seconda causa di morte e la terza di disabilità». Nel nostro Paese il numero di soggetti che hanno avuto un ictus e sono sopravvissuti, con esiti più o meno invalidanti, è pari a circa 913.000. «Ad un anno circa dall’evento acuto, un terzo dei soggetti sopravviventi ad un ictus – indipendentemente dal fatto che sia ischemico o emorragico – presenta un grado di disabilità elevato, tanto da poterli definire totalmente dipendenti – precisa la Sin – considerando che il rischio cresce in funzione dell’invecchiamento della popolazione è da notare con particolare attenzione l’efficacia della prevenzione come argine all’incremento. Nei Paesi sviluppati l’incidenza dell’ictus si è ridotta del 42% nelle ultime 4 decadi grazie al migliore controllo dei fattori di rischio. La tendenza, al momento, è che diminuiscono i casi di ricovero all’anno ma aumenta progressivamente il numero di persone invalide a seguito di un episodio di ictus. Il morbo di Parkinson, infine, colpisce circa il 3 per mille della popolazione generale e circa 1% di quella sopra i 65 anni. Si calcola che in Italia ci siano circa 600 mila persone colpite e, tra loro, aumentano quelle appartenenti a fasce d’età giovani» conclude la Sin.
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