Chi ne è esentato? E cosa deve fare chi è guarito? Intervista a Isabella Mori, Responsabile del servizio tutela di Cittadinanzattiva
La certificazione verde Covid-19 o Green pass, in Italia, si ottiene con tampone negativo antigenico o molecolare per la validità di 48 ore, con la guarigione dal Covid (entro i 6 mesi dalla stessa e non oltre 12 mesi dalla guarigione) e con la vaccinazione. Per chi ha fatto il vaccino, vale dal quindicesimo giorno successivo alla prima dose fino alla data in cui si riceve la seconda. Da quel momento in poi, dura altri nove mesi.
Il Green Pass, dal 6 agosto, sarà obbligatorio non solo per muoversi in Europa ma anche, in Italia, per:
La decisione del Governo Draghi si è resa necessaria per contrastare l’aumento dei contagi causati dalle varianti di Covid-19. Inoltre, è stato prolungato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre. Nella nostra intervista la dottoressa Isabella Mori, Responsabile del servizio tutela di Cittadinanzattiva, ha risposto ai dubbi e alle domande più frequenti sulla certificazione verde. L’esperta sottolinea che «il Green pass è una certificazione autenticata con una validità. L’errore è pensare che sia un certificato che attesti la doppia vaccinazione. Non è così, vale anche per chi presenta un tampone con una validità di 48 ore». Questo, dimostra che ad oggi non esiste nessun obbligo vaccinale in Italia.
Alla ricezione via sms o via mail del codice Authcode per avvenuta vaccinazione, test negativo o guarigione da Covid-19, si può scaricare la Certificazione verde dal sito dedicato tramite l’App Immuni o con l’App IO. Per autenticarsi bisogna avere l’Identità Digitale (disporre di SPID o Carta d’Identità Elettronica) o la Tessera sanitaria.
I non iscritti al Ssn possono inserire il codice di autenticazione Authcode ricevuto via sms o via mail insieme agli estremi del documento d’identità fornito quando è stato effettuato il tampone o è stato emesso il certificato di guarigione.
«I guariti dal Covid possono avere il Green pass a seguito di un certificato che ne attesti la guarigione – spiega la dottoressa Mori – che deve essere emesso necessariamente dal medico di famiglia, dalla Asl o dall’ospedale che ha avuto in cura la persona se fosse stata ricoverata. Entro sei mesi dal primo tampone molecolare positivo quindi dall’inizio della malattia ed entro i 180 giorni successivi la persona può ottenere il Green pass, senza vaccinazione ma con questo attestato».
Nella nuova circolare il Ministero della salute suggerisce la somministrazione di un’unica dose di vaccino per chi ha avuto il Covid-19 «purché venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione». Inoltre, si ribadisce che il test sierologico preventivo «è inutile ai fine della decisione sulla vaccinazione». Avere un numero di anticorpi alti «non è una condizione sufficiente a ottenere il Certificato Verde».
Per chi è guarito e non si è ancora vaccinato, il Green pass resta valido per sei mesi. Chi ha effettuato una dose di vaccino a un anno dall’esordio della malattia, avrà un Green Pass valido per nove mesi dalla data di somministrazione della prima dose di vaccino.
C’è anche chi, per motivi di salute, non può vaccinarsi contro Covid-19. Questa decisione spetta esclusivamente ai medici che conoscono lo stato di salute del paziente e sanno se esistono situazioni incompatibili con la somministrazione. «Queste persone rientrano nel Green pass con il tampone – precisa la dottoressa Mori – . Non essendo una scelta personale si sta discutendo se rendere i tamponi gratuiti». In molti si sono chiesti se, in questo caso, non possa far fede la dichiarazione di un medico specialista; la Mori spiega perché non è una strada percorribile: «Lo specialista può attestare che la persona è esente dal farsi il vaccino per motivi di salute ma non può certo attestare che quella persona non ha contratto il Covid – rimarca -. L’obiettivo del Green pass è quello di attestare che la persona che sta per fare un viaggio o partecipare ad un evento in quel momento non sia infetta o perché ha una copertura vaccinale o perché ha fatto il tampone da poco».
I mille volontari della sperimentazione del vaccino italiano ReiThera vivono in un limbo e meritano un discorso a parte. Chi ha fatto il volontario, al momento, si ritrova a essere vaccinato e non vaccinato allo stesso tempo, perché il siero italiano non è riconosciuto come “ufficiale”. Tra questi, lo scrittore barese Gianrico Carofiglio, che ha dichiarato: «Non posso avere il Green pass, dovrò fare il tampone anche se sono stravaccinato e tecnicamente mi farò un vaccino ufficiale, immagino a settembre. Questa purtroppo è un’altra vicenda non del tutto commendevole di come a volte vanno le cose in Italia». La stessa sorte è toccata a Paolo Tiramani, deputato della Lega e sindaco di Borgosesia. Anche lui ha sperimentato il vaccino Made in Italy. «Per essere sicuro di aver ricevuto il siero – ha spiegato Tiramani – ho fatto un test sierologico, ho una forte presenza di anticorpi. Morale: non posso fare un altro vaccino per via della carica virale molto alta ma nemmeno chiedere il Green pass perché il vaccino non è stato riconosciuto dal Ministero. Insomma, oltre il danno ho subito anche la beffa». Per questo Tiramani, ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Salute Roberto Speranza.
«Per i bambini al di sotto dei sei anni – continua la Mori – in Italia, non è richiesto il tampone molecolare o antigenico. Nella fascia d’età tra i 6 e i 12 anni per viaggiare in Italia e all’estero è richiesto il tampone mentre dai 12 anni in su rientrano a tutti gli effetti in una delle tre ipotesi che valgono per gli adulti: vaccino, tampone, guarigione».
Esiste la possibilità che il Green pass sia revocato nel caso in cui una struttura pubblica, un medico di medicina generale o un pediatra di libera scelta comunicassero la positività al Covid-19 di una persona vaccinata o guarita dal virus.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato