Dopo i casi della pallavolista Marcon e del calciatore Obiang colpiti da pericardite e miocardite, la parola al professor Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto della Società Italiana di Cardiologia: «Il rapporto rischio-beneficio risulta essere comunque a vantaggio del vaccino anche nelle fasce più giovani»
Esiste una correlazione tra vaccini e miocarditi e pericarditi? A domandarselo sono in molti, in particolare dopo la denuncia di Francesca Marcon, pallavolista veneta che ha annunciato, attraverso i social, di avere sviluppato in seguito al vaccino a Rna messaggero una forma di pericardite che la costringe oggi ad uno stop forzato. Anche Pedro Obiang, centrocampista del Sassuolo, sarebbe stato colpito da miocardite dopo il vaccino e costretto ad uno stop forzato di 15 giorni.
Per fugare dubbi e spegnere le polemiche di quanti ritengono che per i giovani, e in particolare gli atleti, i rischi di effetti collaterali superino i benefici del vaccino, Sanità Informazione ha interpellato il professor Pasquale Perrone Filardi, presidente eletto della Società Italiana di Cardiologia e direttore della scuola di specializzazione in malattie dell’apparato cardiovascolare dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
«Secondo quanto rivelato da uno studio del Providence Regional Medical Center di Everrett pubblicato sul Journal of the American Medical Association (Jama), su oltre due milioni di persone valutate, in 20 si è sviluppata una miocardite correlata alla vaccinazione e in 37 una pericardite».
«Innanzitutto, occorre fare un distinguo tra miocardite, che è l’infiammazione del muscolo cardiaco, e la pericardite, che invece è l’infiammazione del pericardio, sottile membrana intorno al cuore, perché la prima riguarda una popolazione moderatamente giovane, ovvero con un’età media di 36 anni e con un esordio dei sintomi tra i tre e i sei giorni successivi all’inoculazione, nel secondo caso ad essere colpiti sono individui con età media di 60 anni e dopo 15 giorni dalla vaccinazione».
«Nell’80 per cento dei casi l’insorgenza dell’infiammazione avviene dopo la seconda, anche se non sono mancati episodi di miocardite e pericardite dopo la prima dose».
«Al riguardo non ci sono differenze di genere così come non esistono rischi maggiori di sviluppare l’infiammazione con Pfizer Biontech piuttosto che con Moderna e viceversa. E in nessun caso ci sono stati decessi o forme gravi, ma tutti i casi si sono risolti con due o tre giorni di ricovero».
«La miocardite spesso non si riconosce perché è una manifestazione di tipo infiammatorio che può essere associata a spossatezza, qualche linea di febbre e resistenza allo sforzo. Per lo più si risolve da sola. Nei casi gravi può determinare insufficienza cardiaca, ma sono episodi molto rari. Uno su centomila. La pericardite che si riscontra invece soprattutto nelle persone più anziane si manifesta con dolore toracico, tosse e senso di oppressione».
«È necessario allertare subito il medico, effettuare un elettrocardiogramma ed un ecocardiogramma. Poi si consiglia il riposo per un certo periodo».
«Nel caso di atleti professionisti occorre un periodo di riposo di due o tre mesi. Sono i normali livelli di precauzione che diamo in caso di insorgenza di infiammazioni di questo tipo in accordo con la Società di Medicina Sportiva e con la Società Europea di Cardiologia. L’atleta deve osservare l’astensione dall’allenamento e dalla competizione agonistica finché non si siano risolti i sintomi e i segni dell’infiammazione. Questo è importante».
«No assolutamente, questo non c’entra nulla perché l’infiammazione è del tutto indipendente. Il riposo serve quando insorge la miocardite o la pericardite, ma non previene l’infiammazione che si scatena con l’inoculazione del vaccino che determina l’attivazione del sistema immunitario. In quel caso si scatena una reazione di tipo infiammatorio e in alcuni casi, rari, questo interessa il muscolo cardiaco o la membrana che sta sul pericardio».
«Lo studio pubblicato su Jama non evidenzia fattori particolari, ma il fatto che sia più facilmente riscontrabile in soggetti giovani, riguarda anche gli atleti. Questo perché probabilmente nei giovani il sistema immunitario è più reattivo e dà una risposta infiammatoria più evidente rispetto ad una popolazione anziana. Ciò non toglie che il rapporto rischio-beneficio risulta essere sempre a vantaggio del vaccino anche nelle fasce di età più giovani».
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