Il presidente Marenco: «La sofferenza psicologica non si urla in piazza, ecco perché è fondamentale che la psicologia sia prevenzione prima ancora che cura»
Una nuova realtà è nata nel panorama nazionale della psicologia, sotto la spinta dei drammatici eventi che hanno coinvolto il mondo intero nell’ultimo anno e mezzo e in cui l’Italia si è trovata travolta per prima tra i Paesi occidentali. Questa nuova realtà è la Federazione Italiana Psicologi (FIP), con lo scopo dichiarato di valorizzare e promuovere la psicologia e la professione di psicologo, favorendo la costituzione di reti di psicologi, associazioni e società che si occupano di psicologia. Ne abbiamo intervistato il presidente, Giancarlo Marenco.
«La FIP nasce dall’incontro di molti psicologi operanti in contesti e ambiti diversi e dalla comprovata esigenza di mettere a sistema una serie di obiettivi comuni per lo sviluppo della nostra professione. La pandemia, se in prima battuta ha coinvolto massivamente il personale sanitario specializzato in tutto ciò che riguarda la salute “fisica” della persona, d’altro canto ha evidenziato bisogni e difficoltà di tipo psicologico esasperati o in alcuni casi slatentizzati dalla situazione continuativa di enorme stress e sofferenza cui a vario titolo tutti noi siamo stati sottoposti. Durante il secondo lockdown la richiesta di assistenza psicologica, sia nel pubblico che nel privato, ha avuto un’impennata tra tutte le fasce d’età, ma soprattutto nella fascia preadolescenziale e in generale nell’età evolutiva. La Federazione ha l’obiettivo di fornire uno sguardo d’insieme a quelle che sono oggi le esigenze e le richieste di matrice psicologica nella nostra società.».
«La sofferenza psicologica non si urla in piazza. Questo vale in generale ma è stato ancor più vero in pandemia, nelle situazioni di disagio strettamente legate a questo contesto: prendiamo ad esempio chi ha subìto una lunga quarantena, chi è rimasto solo avendo i familiari ricoverati o deceduti, chi ha perso il lavoro, il personale sanitario in burn-out… Purtroppo, il sostegno psicologico offerto in prima battuta da personale sanitario e USCA è stato carente, per mancanza di tempo e per la necessità impellente di insistere sul lato clinico. Questo ha avuto ovviamente un peso».
«Innanzitutto che vengano attivate risposte ed azioni appropriate su più livelli (del singolo, delle organizzazioni, della comunità) in ogni ambito che richieda una chiave di lettura psicologica, con un dialogo attivo e costante con le altre professioni; una politica di prevenzione che riguardi non solo il settore sanitario ma tutti i contesti sociali: scuola, welfare, sport, formazione. Sul sostegno psicologico nelle scuole abbiamo investito particolarmente perché sappiamo quanto la DAD abbia inciso negativamente non solo sui discenti ma anche sul personale scolastico. Infine, il modello di salute a cui tendiamo è quello che considera la persona nella sua totalità e quindi anche il benessere psicologico. È importante che il lavoro dello psicologo non intervenga solo a bisogno conclamato, viceversa che sia parte integrante di un nuovo modo di intendere i concetti di prevenzione, salute e benessere. Un progetto su cui stiamo insistendo è l’inserimento di un supporto psicologico negli ospedali per i familiari dei ricoverati, indipendentemente dal Covid».
«Il bonus psicologo è stata una proposta ad opera proprio della nostra vicepresidente Elisabetta Camussi, all’epoca nella task force del governo Conte, all’interno del Piano Colao: l’assunto di partenza è che non sempre i servizi pubblici riescono a rispondere adeguatamente ai crescenti bisogni psicologici delle persone. Ben venga quindi dare la possibilità al cittadino che non può permettersi di rivolgersi al privato di usufruire di questo voucher che prevede una serie di incontri gratuiti con uno psicologo. Questa però resta una misura di emergenza, mentre è evidente che la vera svolta per il benessere psicologico della comunità passi per un potenziamento dei servizi pubblici di psicologia».
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