Il presidente della CdA nazionale degli educatori professionali: «Serve una legge ad hoc per chi opera in ambito scolastico. C’è troppa confusione di ruoli e formazione»
Far emergere le potenzialità dell’allievo, guidandolo verso livelli di autonomia sempre più avanzati, in collaborazione con la famiglia e il contesto sociale. E con questi obiettivi che l’educatore professionale lavora all’interno delle scuole, accanto agli insegnanti e al personale scolastico. Il suo è un ruolo fondamentale, ma ancora troppo poco riconosciuto e considerato. Per questo, a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico, Renato Riposati, presidente CdA nazionale, in un’intervista a Sanità Informazione, spiega il valore aggiunto che gli educatori professionali (afferenti all’area socio sanitaria) sono in grado di apportare all’interno degli istituti scolastici.
L’Educatore professionale non si sovrappone o sostituisce all’insegnante, svolgendo funzioni didattiche o di sostegno. Può affiancare il docente, su sua richiesta, sostenendo l’attività curricolare con proprie competenze specifiche. «All’interno di una classe – dice Riposati – l’educatore professionale può supportare, in termini di autonomia e sviluppo delle abilità, l’allievo con disabilità, facilitandone l’inclusione e la relazionare con i pari».
In altre parole, l’educatore professionale vuole rappresentare un punto di riferimento per gli insegnanti in un’ottica di co-progettazione di interventi educativi mirati sia per singoli alunni, ma anche per il gruppo classe. Per questo sarebbe importante prevedere la presenza di questo professionista anche all’interno dei Consigli di classe e delle varie commissioni presenti nell’Istituto Scolastico.
È frequente che l’assistenza fornita alle persone con disabilità in età scolare sia suddivisa tra scolastica e sociale. «Eppure – sottolinea il presidente CdA nazionale – integrare questi due aspetti garantirebbe risultati migliori, sia da un punto di vista educativo che formativo. L’educatore professionale è il tramite ideale tra queste due realtà, essendo professionalmente preparato ad affiancare gli insegnanti nell’orario scolastico e a supportare le famiglie nelle altre attività quotidiane. Costruire una rete di relazioni tra tutti i professionisti e i servizi che si occupano della persona con disabilità consentirebbe la creazione di un programma educativo realmente personalizzato, adattato al singolo individuo sulla base delle patologie di cui soffre».
Tuttavia, la figura dell’educatore professionale che opera in ambito scolastico non ha una cornice legislativa di riferimento, né tanto meno un’esplicita tutela dei diritti e dei doveri. La confusione di ruoli è, spesso, inevitabile: «Sono chiamati a svolgere le stesse mansioni gli educatori professionali (che hanno conseguito una laurea di area socio sanitaria) ed anche educatori con percorsi di studi umanistici (come pedagogia o scienze dell’educazione), così come operatori a cui il titolo è stato conseguito attraverso corsi regionali che – conclude – seppur di variabile durata (dalle 300 alle 900 ore) non possono essere di certo paragonati alla preparazione offerta da una laurea di primo livello».
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