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Il microbiota influenza non solo l’intestino, ma anche il sistema nervoso, l’apparato cardiovascolare e l’apparato endocrino-metabolico
Ne abbiamo tutti sentito parlare, ma pochi forse hanno veramente capito di cosa si tratta e, soprattutto, a cosa serve. Parliamo del microbiota intestinale, «l’insieme dei microrganismi che popola il tratto digerente, per lo più l’intestino», spiega l’Istituto Superiore di Sanità. Oltre mille miliardi di batteri, virus, funghi e protozoi che svolgono funzioni importanti per la salute dell’uomo, che variano con l’età, l’ambiente o la dieta.
Ma quando può ritenersi sano un microbiota intestinale? Secondo i ricercatori, sono i tre fattori che influiscono sul suo stato di salute:
In questo caso, si parla quindi di eubiosi. Al contrario, in caso di squilibrio, si parla di disbiosi.
Ma a cosa serve quindi il microbiota intestinale? Le sue funzioni possono essere raggruppate in tre categorie principali:
Recentemente, inoltre, sono state messe in evidenza le influenze del microbiota intestinale sull’apparato digestivo, sul sistema nervoso, sull’apparato cardiovascolare e sull’apparato endocrino-metabolico.
Come spiega l’ISS, «i prodotti del microbiota assorbiti dall’intestino vengono portati al fegato attraverso la vena porta. Se il microbiota si trova in uno stato di disbiosi, tali sostanze possono essere tossiche e possono provocare danni al fegato con accumulo di grasso e infiammazione».
Le sostanze prodotte dal microbiota influenzano il sistema nervoso centrale attraverso le loro azioni sul nervo vago e sul flusso sanguigno che raggiunge la barriera emato-encefalica. È sempre più evidente che, attraverso queste connessioni, i prodotti del microbiota possano influenzare il tono dell’umore e alcuni comportamenti istintivi.
Le influenze del microbiota sull’apparato cardiovascolare sono legate alla sua capacità di influire sui principali fattori di rischio per malattie cardiovascolari rappresentati da iperlipidemia (aumento dei grassi nel sangue), diabete di tipo 2 e aterosclerosi.
«La disbiosi, se protratta nel tempo – continua l’ISS -, può contribuire allo sviluppo di molte malattie. Oltre a quelle strettamente correlate all’intestino come le malattie infiammatorie croniche intestinali, gastrite, ulcera peptica, sindrome dell’intestino irritabile, cancro dello stomaco e del colon, può favorire anche obesità, malattie metaboliche, asma e allergie».
Inoltre, sono in corso numerose ricerche che intendono studiare i meccanismi che potrebbero essere alla base della relazione tra disbiosi e malattie del sistema nervoso come l’Alzheimer, la sclerosi multipla, la depressione e l’autismo: «La comunicazione diretta tra intestino e cervello – conclude l’Istituto Superiore di Sanità – potrebbe giustificare in parte tale relazione con il passaggio diretto di metaboliti in grado di avere effetti sulla funzione del sistema nervoso e favorire l’instaurarsi di una risposta infiammatoria locale».
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