Al Congresso Regionale tavoli tecnici multidisciplinari per promuovere le Linee Guida sulla Pma. A sostegno della Siru medici, Istituzioni e associazioni dei cittadini
La salute è un diritto garantito dalla Costituzione italiana all’art.32. Eppure, il Sistema sanitario italiano non garantisce la cura dell’infertilità, o almeno, non equamente in tutte le Regioni d’Italia. Chi sogna di diventare genitore ha due possibilità: mettere mano al portafogli o attendere le liste di attesa nei centri pubblici, rischiando di diventare troppo “vecchi”. Per garantire questo diritto, e non solo, la SIRU (Società Italiana della Riproduzione Umana) si è schierata in prima linea. Ma non è sola in questa battaglia a favore sia delle coppie che vorrebbero mettere al mondo un figlio, che dell’intero Paese che, con trend negativo delle nascite, non può di certo puntare al futuro. Accanto alla Società scientifica ci sono mondo medico, Istituzioni e associazioni dei cittadini.
«Ne sono una prova concreta i tavoli tecnici del 3° Congresso Regionale della SIRU Lazio incentrati sulla promozione delle Linee Guida sulla Procreazione medicalmente assistita (Pma), in attesa di approvazione da parte del Ministero della Salute. Un documento di primaria importanza che permetterà di accorciare le distanze tra la diagnosi e il trattamento adeguato riservato alla coppia», spiega la coordinatrice regionale SIRU Lazio e coordinatrice scientifica del Congresso, Maria Giuseppina Picconeri.
La tappa del Lazio è solo una delle tante previste a livello nazionale: «In attesa del Congresso Nazionale SIRU, fissato dal 13 al 16 ottobre 2021, ci stiamo muovendo in molte regioni d’Italia, ponendo all’ordine del giorno di tutti gli appuntamenti le Linee Guida che ci aspettiamo vengano promulgate già nelle prossime settimane – dice Antonino Guglielmino Presidente nazionale SIRU -. L’obiettivo è quello di uniformare i trattamenti in tutta Italia in base alle evidenze scientifiche, mettendo la parola fine alle diseguaglianze di accesso alla Pma e di informazione sui percorsi possibili, da un luogo all’altro d’Italia. Soprattutto, vogliamo ridurre il tempo di attesa: secondo le stime, da quando una coppia decide di intraprendere un percorso di Pma a quando riceve effettivamente una diagnosi e un trattamento adeguato trascorrono 4 anni. E considerando che l’età media della donna che accede in questi contesti è di 36,7 anni, 4 anni di attesa sono un tempo troppo lungo, che rischia di incidere negativamente sul risultato finale».
Un impegno che coinvolge non solo gli specialisti che contribuiscono in prima persona al percorso di Pma, ma il personale medico tout court: «I medici – sottolinea Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei medici di Roma – devono conoscere le possibilità offerte dalla procreazione medicalmente assistita, così da poter sostenere i pazienti che non hanno la possibilità di concepire naturalmente. Un supporto non solo scientifico, ma anche morale e pratico, così da indirizzarli nei luoghi adeguati, evitando che possano sprecare tempo prezioso, imbrigliati nella burocrazia. Ovviamente, affinché i medici siano in grado di informare devono essere essi stessi formati nel modo adeguato. Per questo è auspicabile che i corsi di aggiornamento sulla Pma possano essere frequentati non solo dai ginecologi, ma da altri specialisti ed in primis dai medici di medicina generale. Gli stessi professionisti dovranno anche farsi portavoce delle esigenze dei loro pazienti con le istituzioni, affinché i sistemi sanitari regionali possano garantire cure adeguate e soprattutto eque, dal nord al sud della Penisola».
«Come in molte regioni d’Italia anche nel Lazio – racconta Picconeri – c’è una sperequazione tra la richiesta e l’offerta dei centri di Pma afferenti al Ssn (5 in tutta la regione, un sesto in attesa di apertura). Una condizione che costringe i cittadini ad “un turismo procreativo” verso altre regioni (soprattutto verso la Toscana). Nel Lazio, poi, l’assenza di centri privati convenzionati mette ancora più in evidenza questo gap tra domanda e offerta».
Un’emergenza che il governo locale ha già recepito, approvando la Legge regionale 11 agosto 2021. Aall’art.18 sancisce che: “la Regione, al fine di contribuire fattivamente al supporto alla genitorialità, anche attraverso la riduzione dei tempi di attesa nei centri pubblici, concede contributi alle coppie con problemi di infertilità e/o sterilità che vogliono accedere alle tecniche di ultima generazione di procreazione medicalmente assistita, omologa ed eterologa, nonché per consentire l’accesso a prestazioni di cura e diagnosi correlate”.
A livello nazionale, la SIRU auspica nella costruzione di percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA) adeguati alle coppie per rendere più sicuro e corretto il cammino verso la genitorialità e favorire l’accesso alla Pma con procedure a carico del Sistema sanitario nazionale, attraverso l’applicazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA). Un risultato a cui Cittadinanzattiva intende contribuire. «La nostra associazione – commenta Maria Vitale dell’Agenzia Valutazione Civica di Cittadinanzattiva – non potrà di certo fornire un contributo diretto alle Linee Guida che, avendo una valenza clinica, non sono di nostra competenza. Ma possiamo impegnarci, e lo faremo, nell’interlocuzione con le istituzioni, promuovendo azioni concrete in grado di garantire un accesso equo e celere al trattamento di PMA in tutto il territorio nazionale, anche attraverso l’applicazione dei Lea».
L’importanza delle richieste avanzate dalla SIRU, e da chi ha deciso di sostenerla nella sua battaglia, è ampiamente dimostrata dai più recenti dati Istat. L’istituto ha da reso disponibile per il mese di gennaio (seppur in via provvisoria) il resoconto di natalità del 2021: la decrescita, se valutata in termini assoluti, è stata sette volte più grande di quella registrata a gennaio 2020, pari a -14,3% del 2019.
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