L’epidemia causata dalla scarsa disponibilità di vaccini per ovini. Vacca: «Il Covid-19 non ha determinato un cambio di mentalità dei livelli decisionali, che continuano a considerare la prevenzione primaria come il fanalino di coda della sanità»
È allarme in Sardegna per la blue tongue, una malattia infettiva mortale che colpisce il bestiame e che tra i sintomi ha la comparsa della lingua blu. Partita dagli ovini, la febbre catarrale – questo il nome esatto – si sta diffondendo rapidamente anche tra i bovini generando una vera e propria epidemia, con conseguenze drammatiche per l’economia della regione. Ma c’è il rischio di un salto di specie come accaduto per il virus Sars-Cov-2? Secondo Angela Vacca, componente della segreteria nazionale del Sindacato Italiano Veterinari di Medicina Pubblica (SIVeMP), si tratta di un’ipotesi priva di fondamento.
«La blue tongue è una malattia di origine virale che viene trasmessa da un insetto (Culicoides Imicola). A cadenze più o meno regolari si presenta in forma diffusa e grave negli allevamenti ovini, tanto da poter essere considerata endemica in certi territori, e la Sardegna, per le sue caratteristiche orografiche e climatiche ma anche per l’alta diffusione nel territorio delle specie sensibili (ovini, caprini, bovini) è una regione particolarmente soggetta a sviluppare questa vera calamità naturale, ma non è pericolosa per l’uomo».
«La scorsa settimana si contavano 880 focolai e oltre 25 mila capi con sintomatologia clinica, quelli morti sono più di 2200. La tendenza è al peggioramento, essendo questo il periodo più favorevole allo sviluppo dell’insetto vettore. Questo significa che nella regione ci sono 880 allevamenti che sono bloccati e che quindi non possono movimentare i loro capi, con danni incalcolabili per l’economia della regione».
«Nel 2021, le condizioni meteo climatiche hanno favorito un’ampia diffusione nel territorio di questa subdola malattia. Per questo sono state imposte delle limitazioni che riguardano non solo i focolai, ma si estendono a tutti gli animali delle specie sensibili alla malattia che potranno lasciare la Sardegna solo dopo costosi esami di laboratorio e l’impiego di sostanze repellenti. Il principio della massima precauzione è stato imposto dal ministero della Salute per evitare il rapido diffondersi della blue tongue nel resto d’Italia. Gli allevamenti più colpiti sono quelli degli ovini. I bovini, infatti, pur contraendo il virus rimangono perlopiù asintomatici».
«La lotta alla malattia è svolta dai veterinari ufficiali delle ASL immunizzando gli animali con la vaccinazione, con la prescrizione di stringenti misure di biosicurezza e l’impiego di sostanze repellenti per la lotta all’insetto vettore. Molto importante risulta essere anche la bonifica dei terreni, in particolare nelle zone umide dove l’insetto si riproduce. Per monitorare la presenza e diffusione dell’insetto vettore, il servizio veterinario di sanità animale provvede poi a dislocare, con cadenze predefinite nel corso dell’anno, le trappole per gli insetti in zone individuate sulla base di una valutazione del rischio. Vengono regolarmente controllati anche gli animali “sentinella”, per svelare in anticipo lo sviluppo di nuove varianti. La sintomatologia, rispetto alla prima ondata quando interi allevamenti furono falcidiati dalla malattia, si è attenuata, ma la gravità dei danni non è diminuita».
«In passato si è visto che anche chiudere le greggi nella stalla spesso non ha avuto benefici, in quanto il microclima delle stesse favorisce lo sviluppo dell’insetto vettore. Quindi rimangono valide le azioni di igiene dell’allevamento consistente nella pulizia periodica delle stalle e degli ambienti circostanti, eliminazione dei liquami, bonifica delle zone umide, aratura dei terreni, utilizzo delle sostanze repellenti e vaccinazione».
«Certo, però per il sierotipo 4 presente ora in Sardegna c’è una scarsa disponibilità. Le poche dosi fornite sono state utilizzate per vaccinare le rimonte cioè gli animali giovani, ma la malattia si sta manifestando negli adulti. I benefici della vaccinazione sono ben noti agli allevatori, ma per la scarsità di dosi e per la carenza di personale veterinario, queste vanno a rilento».
«La risposta sta nella prevenzione, purtroppo però ci troviamo sempre nella più sorda indifferenza quando chiediamo di potenziarla per poter prevenire l’insorgenza di focolai e la loro diffusione, strategia che, è ampiamente dimostrato, costa meno che lasciar propagare queste epidemie. La politica e le amministrazioni sanitarie regionali e aziendali sembrano non capire la differenza che esiste tra prevenzione e rincorsa delle epidemie con una costosa corsa ai ripari quando ormai “i buoi sono scappati dalla stalla” o meglio “i virus sono entrati nelle stalle”. Ogni epidemia delle popolazioni animali allevate ha specifiche cause originarie, le risorse pubbliche sono vantaggiosamente impiegate se servono per trovare queste cause e rimuovere o mitigarne gli effetti. La pandemia di Covid-19, che ha causato danni economici inestimabili a livello mondiale, non ha determinato un cambio di mentalità dei livelli decisionali, che continuano a considerare la prevenzione primaria – che significa mantenere sani i sani, e che siano uomini o animali è lo stesso – come il fanalino di coda della sanità. Così come la prevenzione e la salute dell’uomo non possono essere garantite senza i medici e il personale sanitario, così la salute animale, il benessere animale, la sicurezza alimentare e la tutela dell’ambiente non possono essere garantite senza i veterinari pubblici. In Italia e in Sardegna il numero di veterinari nei Servizi in cui è articolata la veterinaria pubblica si sta assottigliando giorno per giorno a causa dei numerosissimi pensionamenti».
«Sulla carenza dei veterinari in Sardegna e sui ritardi nella vaccinazione contro la blue tongue è stata posta anche un’interrogazione al ministro della Salute che correttamente ha ricordato come la gestione dei rapporti di lavoro del personale del Servizio sanitario nazionale rientri nelle competenze delle aziende sanitarie e degli enti del servizio sanitario regionale cui vanno addebitate le inerzie di questi ultimi anni. In Sardegna risultano banditi tre concorsi nel 2019, per coprire le esigenze dei tre servizi in cui si articola la veterinaria pubblica, di questi solo uno è in fase di espletamento. Molti veterinari da anni alle dipendenze dell’azienda con rapporti precari di lavoro di vario genere non sono stati ancora stabilizzati nonostante apposite norme di legge abbiano dato ampia possibilità alle amministrazioni pubbliche e soprattutto a quelle sanitarie, e a nulla sono ancora valse le ripetute richieste del SIVeMP. Numerosi veterinari sardi specializzati che operano con contratti a tempo indeterminato nelle ASL della penisola attendono con ansia bandi di mobilità interregionale per poter tornare a lavorare nella loro regione, dove si sono formati professionalmente, e potersi così ricongiungere alla famiglia. Espletamento dei concorsi, stabilizzazione dei precari, procedure di mobilità sono le soluzioni per dotare i servizi del personale necessario e tutelare le popolazioni animali e i consumatori. Le soluzioni ci sono, sono dietro l’angolo, bisogna solo che si materializzino mediante una volontà politica attiva».
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