Il presidente Mensa Italia: «Colmare il gap nell’interazione con gli altri che, spesso, i giovani con elevato quoziente intellettivo sperimentano, è uno tra i principali obiettivi dell’Associazione. Se un bambino si sente diverso, il più delle volte, si sente anche sbagliato»
«Mi sono sentito diverso, ma non emarginato». Manuel Cuni, in arte Immanuel Casto, presidente del Mensa Italia, associazione internazionale formata da persone con un quoziente intellettivo elevato, prova a riassumere in meno di dieci parole lo stato d’animo che lo ha accompagnato per gran parte della sua adolescenza. Ma non tutti gli iperdotati, ovvero coloro che sono dotati di un QI nettamente sopra la media, riescono a fare della “diversità” il proprio punto di forza.
«Colmare questo gap nell’interazione con gli altri che, spesso, i giovani con elevato QI sperimentano, è uno tra i principali obiettivi del Mensa – spiega il presidente Cuni -. Per un bambino sentirsi diverso il più delle volte implica il sentirsi sbagliato. Una percezione difficile da accettare e affrontare, che può condurre anche all’isolamento».
Manuel Cuni, classe ’83, da molti conosciuto come Immanuel Casto, un artista poliedrico, cantautore, performer, game designer, ha scoperto “ufficialmente” di possedere un elevato QI quando era ormai un giovane adulto. «L’ho saputo per caso, a vent’anni, quando mi è stato diagnosticato un Disturbo specifico dell’apprendimento. Nonostante le mie dislessia e disgrafia avessero sempre rappresentato un problema durante tutto il percorso scolastico, una diagnosi vera e propria è arrivata quando le Scuole superiori le avevo ormai terminate. È stato in quell’occasione – dice Cuni -, come da normale prassi, che ho sostenuto il test per la misurazione del QI. Ho ottenuto un risultato particolarmente alto, tanto che alcuni anni dopo ho deciso di sottopormi volontariamente al test proposto dal Mensa Italia, entrandone così a farne parte. Ma se devo essere sincero, è trascorso ancora qualche tempo prima che cominciassi a vivere appieno la vita associativa».
L’attività di Manuel all’interno del Mensa Italia è diventata così intensa da avergli fatto meritare, nel 2019, la nomina a presidente. La sezione italiana del Mensa è nata nel 1983, molti anni dopo la fondazione dell’associazione internazionale senza scopo di lucro, avvenuta ad Oxford negli anni ’40. «I “mensani”, così si chiamano i soci del Mensa, – spiega Cuni – sono individui capaci di raggiungere o oltrepassare il 98esimo percentile ad uno specifico test per la misurazione del QI. Prova che si stima possa essere superata dal 2% della popolazione».
L’associazione nasce per mettere in contatto gli individui iperdotati, «ma ciò che i vari soci hanno di diverso – sottolinea il presidente del Mensa Italia – è molto di più di ciò che hanno in comune (un elevato QI). Per questo, l’associazione è caratterizzata da una presenza eterogenea di persone, differenti per orientamento sessuale, età, lavoro e ideali. Una diversità che dà origine ad un luogo di confronto stimolante in cui fioriscono molte buone idee».
Le idee dei soci possono essere trasformate anche in progetti concreti grazie ai finanziamenti offerti dagli stessi mensani. «Con i fondi raccolti – continua Cuni – contribuiamo anche a sostenere la ricerca, in particolare quegli studi che hanno l’obiettivo di indagare sulla natura neurologica del QI elevato. Il prossimo studio in programma, presso il policlinico Gemelli di Roma, avrà lo scopo di verificare il modo in cui si attiva il cervello, e quali aree sono coinvolte, durante lo svolgimento di attività di logica, come quelle proposte nel test per la misurazione del QI».
In altre occasioni, i mensani hanno partecipato in prima persona agli studi, diventando essi stessi protagonisti della ricerca. «All’università Bicocca di Milano – racconta Manuel Cuni – è stato analizzato il Quoziente emotivo (comprensione, gestione e utilizzo delle emozioni) di circa 100 soci del Mensa Italia, per verificare l’esistenza di una correlazione tra un QI e un QE. È stato svelato che tra i due quozienti non esiste relazione alcuna».
Altro scopo del Mensa è “utilizzare l’intelligenza come bene dell’umanità”, tanto che l’associazione offre la possibilità ad ogni socio di esprimere il suo talento o talenti. Nel caso di Manuel il plurale è d’obbligo: formato come art director, ha cominciato a lavorare come direttore artistico e grafico pubblicitario. Pur avendo frequentato l’Accademia di arte drammatica, definisce “casuale” il suo ingresso nel mondo dello spettacolo come Immanuel Casto. «Mi ci sono affacciato per divertimento – racconta -. Ho cominciato con dei progetti musicali sopra le righe che hanno ottenuto molta più visibilità di quella attesa, così ho continuato ad investirci».
Ma anche questo talento ha poi dovuto fare spazio ad un’altra dote: ideare giochi da tavolo, la sua attuale principale occupazione. Eppure, a chi gli chiede “chi è Manuel Cuni oggi” non risponde di certo “un game designer”. O almeno, non solo questo. «Sono un creativo – dice -. Ogni giorno devo fare i conti con il mio multipotenziale, che non significa semplicemente avere la predisposizione a fare più di una cosa, ma l’urgenza di soddisfarle tutte».
«È davvero una sfida quotidiana con me stesso: è ovvio che se facessi solo una cosa ne beneficerei in termini di stress e, sicuramente, riuscirei ad ottenere risultati migliori. Ma se è vero che lo specialista eccelle nella sua unica specialità, è altrettanto vero che solo chi è dotato di multipotenziale può creare una sinergia tra più specializzazioni. Dunque, anche il mio modo di essere è necessario al miglioramento di molti contesti. Ne sono consapevole. Ma faccio fatica a tenerlo a mente ed ogni volta – conclude – devo ricordarlo a me stesso».
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