Casale (Campus Biomedico di Roma): «La sindrome delle apnee ostruttive del sonno è frequente e ancora troppo sottostimata. La diagnosi deve essere il più precoce possibile perché può comportare delle conseguenze a breve e lungo termine»
La sindrome delle apnee ostruttive del sonno (Osas) è caratterizzata da un riposo disturbato perché il paziente, nel corso della notte, respira male a tal punto da poter avere delle cessazioni del respiro. Si parla di apnee notturne o ipoapnee; entrambe, sono spesso associate al russamento. In genere, ne soffrono i pazienti in sovrappeso e che respirano male anche durante il giorno. Spesso, non risparmia chi soffre di ipertensione e disturbi cardiocircolatori.
Abbiamo approfondito la patologia con Emanuele Casale, professore ordinario di otorinolaringoiatria e responsabile dell’Unità operativa di terapie integrate in otorinolaringoiatria presso il Policlinico Campus Biomedico di Roma.
«La sindrome delle apnee ostruttive del sonno è una condizione molto frequente e purtroppo ancora troppo sottostimata – precisa il professor Casale -. Bisogna incentivare la diagnosi, che deve essere il più precoce possibile».
La patologia, infatti, specialmente se di entità moderata o severa – quindi quando ci sono diversi eventi respiratori notturni – può comportare delle conseguenze a breve e lungo termine tipiche della persona che dorme male. «L’Osas provoca astenia soprattutto mattutina – evidenzia il professor Casale -, facile affaticabilità, difficoltà nella concentrazione e poi a lungo andare, se non trattata, può comportare danni praticamente a tutti gli organi, soprattutto quello cardiovascolare».
Ma come si riconosce o esclude la malattia? «La diagnosi spesso nasce dal sospetto da parte del paziente o del partner di dormire male, di avere una respirazione alterata durante il sonno. Il paziente si reca dall’otorinolaringoiatra che, dopo una visita scrupolosa e un’anamnesi accurata, prescrive di effettuare la polisonnografia. Una metodica – prosegue il professor Casale – che rappresenta il gold standard della diagnosi delle apnee notturne. Consiste nel dormire con un dispositivo che consenta di valutare: il numero di apnee – quindi di cessazione del respiro -, il numero di alterazioni del respiro in termini di ipoapnee ed eventuali cali di ossigenazione del sangue. Ma anche in che posizione il paziente ha apnee o ipoapnee, se russa, quanto russa, in che posizione russa. Tutta una serie di informazioni che poi ci consentono di intraprendere un trattamento che può essere, a seconda dei casi, medico riabilitativo o chirurgico».
I dispositivi più moderni e di ultima generazione permettono di effettuare la polisonnografia a domicilio, con il monitoraggio dei parametri vitali notturni del paziente attraverso un orologio e due sensori, uno al dito e uno al petto.
«È un esame semplice, è sufficiente dormire una notte per avere un’idea del grado di compromissione della respirazione notturna. Poi si torna dallo specialista per discutere i risultati. Con i risultati della polisonnografia si riesce ad inquadrare bene il paziente ed instradarlo ad un trattamento adeguato e multidisciplinare» conclude il professore.
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