L’intervista all’ideatrice Elvira Reale (Centro Dafne Cardarelli), autrice del libro “La violenza invisibile sulle donne. Il referto psicologico: linee guida e strumenti clinici”
Una realtà tutta napoletana nell’ambito della lotta alla violenza sulle donne. Parliamo del “referto psicologico”, uno strumento ideato dieci anni orsono dalla psicologia Elvira Reale, oggi coordinatrice del Centro Dafne presso l’Ospedale Cardarelli di Napoli, che nel suo libro “La violenza invisibile sulle donne. Il referto psicologico: linee guida e strumenti clinici” ne mette nero su bianco la metodologia.
Si tratta di un approfondimento della condizione della vittima, della gravità della violenza, soprattutto nel caso di violenza psicologica rispetto alla quale i medici non hanno gli strumenti per un’analisi approfondita, ed è inoltre necessario per stabilizzare e far maturare consapevolezza nella donna vittima di violenza prima di affidarla ad altri servizi. La delibera regionale 47/20 ha inserito il referto psicologico all’interno dei percorsi rosa dedicati alle donne vittime di violenza, un modello “esportato” anche in Emilia Romagna. L’ideatrice Elvira Reale ce ne ha parlato nel dettaglio.
«I percorsi rosa sono stati stabiliti per legge nel 2015 – spiega la psicologa -. Tuttavia già nel 2008 l’allora ministra della Salute Livia Turco aveva ideato l’inserimento di sportelli di ascolto per le donne nell’ambito degli ospedali, perché si era visto che le donne vittime di violenza accedevano più frequentemente ai pronto soccorso, a causa delle lesioni riportate, piuttosto che nei centri antiviolenza. Da qui la necessità di intercettare in prima battuta le situazioni di violenza e di promuovere contestualmente l’accesso a percorsi dedicati per aiutare le donne».
«Nel 2009 – racconta – quando ero direttore UOC presso l’Asl Napoli 1 ho istituito il primo sportello antiviolenza presso l’Ospedale San Paolo di Napoli per offrire sostegno psicologico alle donne, e lì maturò la riflessione sul fatto che la donna potesse avere oltre al referto medico anche il referto psicologico. Vide così la luce questa metodologia, che è ormai entrata nella pratica, e attraverso la quale ho seguito 1500 donne in 10 anni, una media di 130 donne all’anno. Dal 2016 siamo presenti con l’Associazione Dafne negli spazi dell’Ospedale Cardarelli di Napoli».
«Il referto psicologico – spiega Reale – costituisce la prima documentazione ufficiale per consentire di iniziare un percorso anche a quelle donne che, pur non avendo subito una violenza da contatto sfociata in una lesione fisica, sono state vittima di violenza psicologica, lasciando poi alla donna la facoltà di decidere se denunciare o meno. Nella violenza psicologica – sottolinea – il fine è il controllo coercitivo dell’autonomia della donna, che determina sempre e comunque uno stato d’ansia e una perdita dell’autostima».
«Oltre a questo il referto psicologico registra i risvolti psicologici degli altri tipi di violenza, fisica e/o sessuale, attraverso un test che rileva il livello di alterazione traumatica e tramite un colloquio della durata di 3-4 ore incentrato su tre elementi fondamentali: l’ultimo episodio di violenza subita cioè quello che ha spinto la donna a chiedere aiuto, che viene dettagliato e circostanziato il più possibile in modo da conferire una maggiore attendibilità alla testimonianza; l’anamnesi delle violenze, uno strumento in qualche modo predittivo del rischio femminicidio, dal momento che questo fenomeno presenta come primo fattore di rischio proprio una escalation di violenza; l’identificazione dei casi di violenza assistita, cioè quelli in cui un minore è costretto ad assistere alla violenza perpetrata dal padre nei confronti della madre».
«É impossibile – afferma – scindere i due aspetti della questione: un uomo violento nei confronti di una donna non può essere un buon padre. Di questo bisogna tener conto nel momento in cui si valuta circa l’affidamento del minore, e il referto psicologico costituisce un punto fermo a favore della donna in sede giudiziaria».
«Il libro – spiega Reale – ha lo scopo di porre un punto fermo sulle pratiche del referto psicologico, a fini divulgativi ma anche e soprattutto formativi, per diffondere questa esperienza a livello nazionale. Se le pratiche sanitarie nei percorsi rosa sono di più facile acquisizione – conclude – agganciarvi la refertazione psicologica richiede altri elementi, che nel libro sono spiegati dalla A alla Z».
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