Vitamina D, aspirina, antibiotici e gastroprotettori sono i farmaci più utilizzati nella popolazione italiana over 65. Nelle RSA troppe prescrizioni di benzodiazepine «spesso associato a importanti eventi avversi e quindi inappropriato»
Tre dosi di farmaci al giorno, principalmente quelli per il sistema cardiovascolare, soprattutto antipertensivi. Più tra gli uomini rispetto alle donne e più al Sud che al Nord. È il quadro presentato dal Rapporto dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) sull’uso dei medicinali tra gli over 65, presentato nella giornata di oggi.
Vitamina D, aspirina, antibiotici e gastroprotettori: sono i farmaci più utilizzati nella popolazione italiana over 65. Il colecalciferolo (vitamina D) la molecola più utilizzata: circa 4 donne su 10 ne hanno ricevuto almeno una dose nel corso del 2019, con un valore del 41,7% nella fascia di età compresa tra 70 e 74 anni. Al secondo posto si colloca l’acido acetilsalicilico (il principio attivo dell’aspirina), utilizzato come antiaggregante piastrinico in prevenzione cardiovascolare primaria e secondaria, sostanza a maggior prevalenza (29,4%) negli uomini, che raggiunge il 40% tra gli ultra85enni. A seguire, l’antibiotico a base di amoxicillina + acido clavulanico (22,3% negli uomini e 21,0% nelle donne), il gastroprotettore pantoprazolo, prescritto a una persona su 5 senza differenze tra i generi e l’anticolesterolo atorvastatina (19,9% negli uomini e 15,3% nelle donne).
Una fondamentale premessa: quasi l’interezza della popolazione over 65 ha ricevuto almeno una prescrizione farmaceutica, il 98%. Con consumi giornalieri pari a tre dosi per ciascun cittadino e una spesa pro capite annua di circa 660 euro, con un maggiore utilizzo da parte degli uomini rispetto alle donne in tutte le classi di età. Interessante notare come l’uso aumenti fino agli 84 anni e poi diminuisca nelle classi successive, per quello che viene definito come “healthy survivor effect”. Si tratta del riflesso della certezza che solo i più sani e con meno malattie (quindi con un uso di farmaci più basso), sopravvivono fino all’età più avanzata. A cui si unisce «un’attitudine alla prescrizione meno aggressiva nei centenari in cui il trattamento con farmaci ad azione preventiva, per i quali sono necessari lunghi periodi di tempo per il raggiungimento dell’effetto desiderato, può non apportare un reale vantaggio al paziente, vista la ridotta aspettativa di vita».
Nelle RSA, viene sottolineato, si fa un ampio uso di farmaci e, oltre a quelli cardiovascolari, figurano gli psicotropi, benzodiazepine, antidepressivi e antipsicotici. «Nonostante la comune presenza di disturbi neuro-psichiatrici negli anziani istituzionalizzati va comunque sottolineato che l’uso di questi farmaci è spesso associato a importanti eventi avversi e quindi inappropriato», si legge. Le benzodiazepine hanno registrato valori di 37,6 Ddd (dosi definite giornaliere) su 100 giornate di degenza e di 116,4 Ddd per posto letto, mentre gli antidepressivi di 35,9 Ddd/100 giornate di degenza e 111,2 Ddd/posto letto.
Al Nord si spendono 593 euro per utilizzatore, rispetto ai 759 euro del Sud. Tale differenza, pari a -21%, è spiegabile sia con un minore consumo – 2.824 Ddd/1.000 abitanti al Nord (Defined daily dose – dose media di un farmaco assunta giornalmente da un paziente adulto, ndr), rispetto a 3.402 Ddd/1.000 abitanti al Sud – sia con un diverso costo per giornata di terapia (0,55 euro al Nord vs 0,62 euro al Sud). Nel complesso della popolazione sono state consumate 3.088,2 Ddd (tre dosi per ciascun cittadino ogni giorno dell’anno), con una spesa per utilizzatore di 670 euro, un consumo medio annuale di 1.146 dosi e un costo per giornata di terapia pari a 0,58 euro.
«Durante i periodi di lockdown – si legge nel report – sia per la prima che per la seconda ondata, non è stato possibile eseguire prime visite o controlli per diverse patologie croniche a causa della riorganizzazione degli ospedali, che hanno dovuto far fronte a un numero altissimo di ricoveri e del timore, soprattutto delle persone anziane, di contrarre l’infezione recandosi in ambienti sanitari». A questo si devono i cali di consumi per farmaci da malattie croniche. Il calo maggiore si riscontra per gli antibiotici (-22,9%), i farmaci per l’osteoporosi (-16,7%), gli ormoni sessuali e modulatori del sistema genitale (-17,6%), i Fans (-13,2%) e i farmaci attivi sul sistema cardiovascolare (-9,1%). Mentre la diminuzione inferiore si è registrata per farmaci ipolipemizzanti (-0,2%), antistaminici e antipsicotici (-1,0%) e l’unica classe di farmaci che ha mostrato una variazione positiva è stata quella degli anticoagulanti (+5,0%), con un gradiente decrescente da Nord a Sud. «Probabilmente il risultato dell’aumento di prescrizioni per eventi tromboembolici Covid-correlati o per la loro profilassi».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato