Sono sei milioni gli italiani obesi e 25 milioni in sovrappeso. Foschi (presidente uscente Sicob): «Situazione aggravata dalla pandemia. La chirurgia rappresenta una soluzione anche per ridurre il rischio di contrarre il Covid in maniera grave». L’esperienza di una «ex obesa con il sogno di morire magra»
Sono sei milioni gli italiani considerati obesi, ovvero circa il 10% della popolazione, mentre altri 25 milioni sono in sovrappeso. Secondo i ricercatori Istat, che hanno collaborato all’ultimo rapporto sull’obesità italiana presentato dall’Istituto Auxologico Italiano, nel Nord-ovest e nel Centro Italia la prevalenza di obesità si attesta al 10%, mentre nel Nord-est e nelle isole il valore raggiunge l’11,4%; maglia nera le regioni del Sud con il 12,4%.
Questi numeri sono destinati a crescere: a causa della cosiddetta obesità infantile, che vede l’Italia al secondo posto in Europa, e della pandemia da Covid, che ha prodotto un aumento del 30% nei disturbi alimentari e un crollo del 50% dei 25 mila interventi di chirurgia bariatrica annui.
Diego Foschi, presidente uscente di Sicob, la Società italiana di chirurgia bariatrica e malattie metaboliche, non ha dubbi: «La pandemia ha messo in luce un problema che già esisteva, ovvero la carenza di medici e di professionisti. Il primo lockdown ha generato un blocco completo dell’attività con conseguente crollo verticale degli interventi che è durato circa tre mesi, con punte del 90% tra il mese di marzo e aprile quando sono rimaste in essere solo le emergenze bariatriche. Nei mesi successivi, quando la pandemia sembrava risolta, sono emerse le difficoltà per l’aggravamento dei pazienti sul fronte dell’obesità».
«Ritrovare una rete di assistenza che li accompagni verso la perdita di peso consistente e duratura rappresenta per il paziente obeso la reale fine di un incubo e per chi li segue una sfida da vincere – spiega Foschi -. È il momento, dunque, di agire».
Oggi la Società italiana di chirurgia bariatrica e malattie metaboliche con i suoi mille iscritti rappresenta la seconda società chirurgica italiana. Ha centri distribuiti tra Nord, Centro, Sud e Isole, tutti convenzionati. «Affiancare a chi deve intraprendere un percorso verso un intervento di chirurgia bariatrica un team multidisciplinare che lo aiuti a gestire tutte le fasi di preparazione e post-intervento e che gli dia la giusta motivazione nei momenti di sconforto è la nostra mission. Dopo la pandemia la chirurgia bariatrica ha ripreso con la stessa intensità tanto che al calo del 30% registrato nel 2020 ha fatto seguito un ritorno alla “normalità” nel 2021 anche se con un’attività più complessa per via delle direttive anti-Covid che impongono mascherine, distanziamento e isolamento per i pazienti sottoposti ad intervento», evidenzia Foschi.
«Ciò che deve essere chiaro ai pazienti è il vantaggio che deriva dalla riduzione di peso anche in termini di gestione dell’infezione da Covid – prosegue -. Proprio al riguardo arrivano dati confortanti da uno studio realizzato negli Stati Uniti che ha evidenziato come i soggetti operati si ammalino meno e in modo meno grave. È un dato a mio avviso importante anche per il futuro, dal momento che dovremo imparare a convivere con il Covid. Tenendo conto che l’obeso risponde anche male alle vaccinazioni, di qualunque tipo, è evidente che la chirurgia bariatrica diventi la migliore alleata per il paziente».
A ritardare l’intervento di chirurgia bariatrica potrebbero essere gli effetti collaterali dell’infezione da Covid o le liste d’attesa, due nemici che Sicob cerca di affrontare, non senza qualche difficoltà. Se la perdita di peso è una corsa contro il tempo per il paziente obeso che rischia più di altri di ammalarsi di Covid in maniera grave, è altrettanto vero che gli effetti collaterali della stessa infezione potrebbero richiedere uno stop prolungato nel percorso di avvicinamento alla fase chirurgica qualora dovessero emergere.
«Di prassi dalla negativizzazione all’intervento deve trascorrere almeno un mese, sempre che non insorgano effetti collaterali – spiega Foschi –. Anche semplicemente uno stato di malessere generale può far rimandare l’intervento per evitare complicazioni. Chi entra in sala operatoria deve essere sicuro di non avere più sintomi riconducibili al Covid».
Altrettanta sicurezza viene meno quando il discorso scivola sullo spinoso argomento delle liste d’attesa. «L’organizzazione della sanità italiana è deficitaria – ammette l’ex Presidente Sicob –. Basti pensare che l’attesa è un dato acquisito tra i pazienti al punto che anche il dover aspettare un anno è una forma di resilienza che ci appartiene da generazioni e non cambierà mai fin quando tutto il sistema sanitario non verrà rivisto».
Un ritardo significativo che non sembra avere soluzione. «Anche il Pnrr, su cui oggi vengono riposte molte attese, in realtà rischia di non portare ad un miglioramento significativo e così continuiamo ad avere questa forma di cronicità di attesa che di fatto è sintomo di rassegnazione e resilienza per i pazienti e di stress per i medici – conclude Foschi -. Nei periodi di crisi si vede tanta abnegazione, ma emerge anche una mancata capacità di dare risposte adeguate in tempi brevi. Occorre fare tesoro di questo».
Ad attutire l’effetto della pandemia sui grandi obesi ha contribuito il mondo associativo come testimonia Maria Carla Ossola, presidente di “Small, mai più obesi”, un’associazione di Torino che conta oltre 600 iscritti e assiste pazienti che hanno fatto o faranno nei prossimi mesi un intervento di chirurgia bariatrica.
«Il Covid ha portato disagi mostruosi agli obesi, ma con video chiamate, iniziative condivise come corsi di ginnastica e di cucina a distanza e gruppi WhatsApp, l’isolamento ha fatto meno danni di quanto era prevedibile e, dopo due anni, possiamo dire di essere usciti dal tunnel fortificati» racconta Maria Carla.
«Amo definirmi una ex obesa, normopeso da vent’anni con il sogno di voler morire magra -, dice tutto d’un fiato -. A 40 anni ho affrontato un intervento di bendaggio gastrico ed oggi a 61 cerco di aiutare uomini e donne ad uscire dalla schiavitù dell’obesità. È un percorso lungo di trasformazione. Non solo estetico, ma anche mentale e di abitudini e richiede un lavoro di équipe».
Sicob detta le linee guida e in ogni percorso ci sono medico, psicologo e nutrizionista; poi nel follow up il rischio che i pazienti si perdano è alto, allora entra in gioco Maria Carla. «Il mio ruolo consiste nel tenere fidelizzati i pazienti e mantenere alto il focus che, con il ritorno alla vita quotidiana con le problematiche di sempre, diventa più difficile».
Un traguardo che si è allontanato con il lockdown al punto che per alcuni sembrava una partita persa. «In particolare coloro che si erano avvicinati all’associazione subito prima della pandemia con l’intento di affrontare l’intervento di chirurgia bariatrica nonostante le riserve di famigliari e amici. Con la pandemia hanno desistito per poi tornare, a distanza di due anni, con qualche chilo in più ma con la convinzione di voler ripartire da dove erano rimasti».
Maria Carla racconta a tutti la sua esperienza, li motiva ogni giorno, interagisce con loro per una seduta di ginnastica, una camminata o anche solo per comunicare gli ingredienti di una nuova ricetta: «Condividere esperienze e situazioni aiuta ad affrontare la trasformazione e insegna a ridisegnare i confini della quotidianità, il tempo da dedicare alla famiglia, al lavoro e a noi stessi che è fondamentale».
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