La sindrome da apnee ostruttive del sonno (OSAS) tormenta più persone di quante si possa pensare. Diagnosticarla non è sempre semplice, nemmeno per professionisti esperti e comporta una serie di rischi spesso sconosciuti. I chiarimenti dell’esperto, dott. Drigo (Ospedale Montebelluna)
Coinvolge quasi il 4% della popolazione, si manifesta con forte russamento notturno e una conseguente sonnolenza durante il giorno, ancora in pochi la curano o sono a conoscenza dell’esistenza di una terapia. È nota come OSAS, sindrome da apnee ostruttive del sonno, e può peggiorare anche sensibilmente le condizioni di vita di chi ne soffre.
Per spiegare in che modo le “apnee” si manifestano e fornire anche ai professionisti della sanità degli strumenti per una diagnosi efficace del paziente spesso inconsapevole della propria patologia, Sanità Informazione ha raggiunto Riccardo Drigo, primario di pneumologia all’Ospedale Montebelluna.
«Le apnee ostruttive del sonno (OSAS) sono una patologia molto diffusa nella popolazione generale, cronica soprattutto nel sesso maschile. Durante il sonno si creano episodi di ostruzione o sub-ostruzione delle nostre alte vie respiratorie, che succedono più volte. Questi episodi vanno ricondotti a:
Entrambi i fattori concorrono a un’unica conclusione che è un’eccessiva collassabilità di questo tratto delle nostre vie respiratorie. Collassano con molta facilità nella fase inspiratoria e quindi si creano questi episodi di ostruzione e sub-ostruzione. Di fatto queste apnee nel corso della notte disturbano il nostro sonno: anche se il paziente non se ne rende conto e crede di dormire, il nostro cervello ha un’architettura del sonno completamente disturbata e spesso distrutta dal succedersi di questi episodi. Specie dei risvegli di cui il paziente non si rende conto, ma il nostro cervello sì, nelle fasi di disostruzione delle apnee.
Dall’altra parte sono dei momenti in cui l’aria non passa e quindi l’ossigeno non arriva ai polmoni o nel sangue e quindi si creano dei momenti di caduta di ossigenazione e ripresa dell’ossigenazione a termine dell’apnea che si succedono nel corso del sonno. Queste continue de-saturazioni e ri-saturazioni danneggiano il nostro sistema cardiovascolare: fondamentalmente favoriscono tutti i processi arteriosclerotici e quindi si creano i presupposti anche per un rischio dal punto di vista cardio-vascolare».
«I sintomi di OSAS possono esserne di due tipologie:
Alterazioni che, prendendo in considerazione anche la sfera cognitivo comportamentale, la capacità di attenzione, di concentrazione e di memoria che sono diminuite, alterano la qualità di vita. Le alterazioni del sistema neuro-vegetativo alterano anche le funzioni del sistema endocrino, con conseguenze anche dal punto di vista della sessualità e poi ci sono anche conseguenze dal punto di vista del rischio cardiovascolare perché da un lato il nostro sistema vegetativo è continuamente stimolato anche di notte e quindi si creano condizioni per cui il tono simpatico aumenti, infatti una malattia che ne risente da questo punto di vista può essere l’ipertensione arteriosa che è più frequente in questo tipo di pazienti e tutti i processi patologici del sistema cardiovascolare che hanno come base l’arteriosclerosi sono più gravi in presenza di apnee del sonno. Parliamo di patologie cardiache: cardiopatia ischemica e anche patologie neurologiche come ictus trovano in questa malattia un fattore di rischio»
«La diagnosi di OSAS si fa attraverso l’anamnesi ma soprattutto attraverso la polisonnografia, la registrazione di quello che succede durante il sonno. La diagnosi strumentale si serve di strumenti che registrano i movimenti con delle fasce: torace e addome, saturazione dell’ossigeno, la posizione del nostro corpo. Attraverso una cannula simile a quella per l’ossigenoterapia si registra il flusso aereo. Quindi con la polisonnografia si riesce ad avere un’idea di quello che è il numero di questi episodi apnoici, le conseguenze sulla saturazione e l’ossigenazione, il rapporto con la posizione e tutte queste sono informazioni importanti dal punto di vista sia diagnostico sia terapeutico. A seconda della gravità, dell’insufficienza respiratoria e del numero di apnee e del rapporto con la posizione ci sono percorsi da un punto di vista anche terapeutico diversi. Si tratta di una tecnica di antica data, con strumenti in continua evoluzione e ci sono strumentazioni più complicate che studiano anche la parte neurologica del sonno e altre più semplici che studiano solo la parte cardio-respiratoria».
«Non esiste un rimedio unico per le apnee del sonno (OSAS), l’approccio è decisamente multidisciplinare. Ci sono dei suggerimenti di carattere generale perché l’igiene del sonno e il calo ponderale sono cose che si consigliano sempre quando è presente un eccesso di peso perché questo condiziona le apnee. La cura più efficace è la c-pap che sta per pressione positiva continua nelle vie aeree, dispositivi che sono rappresentati da una turbina che attraverso un tubo e una mascherina in silicone morbida applicata a naso-bocca portano questa pressione positiva nelle prime vie respiratorie e permettono loro di essere più aperte, più solide e quindi di non collassare. La C-pap è una terapia proposta già dagli anni 80 ed è il sistema più efficace per risolvere il problema. Si propone nei casi più severi e in quelli più sintomatici, anche quelli dove le apnee notturne sono molto rumorose e i sintomi sono più importanti o professioni più a rischio o malattie cardiovascolari più importanti.
Un altro approccio verso l’OSAS è quello odontoiatrico: ci sono dei byte evoluti costruiti su misura sulle persone da parte di odontoiatri che hanno fatto un percorso sull’argomento. Attraverso un progressivo avanzamento della mandibola riescono a portare in avanti le strutture linguali quindi ad aprire maggiormente le vie respiratorie. Non hanno la stessa efficacia della c-pap ma possono essere decisamente più tollerati in quanto il 30-40% delle persone non riesce a tollerarla. Questi dispositivi sono una buona alternativa quando le forme sono lievi o moderate, oppure in pazienti più severi dove la cpap viene rifiutata.
Anche gli otorinolaringoiatri hanno delle soluzioni da questo punto di vista che sono chirurgiche. Interventi maggiori o minori, quelli più importanti sono genericamente di faringoplastica in cui le nostre prime vie respiratorie vengono rese più rigide e meno predisposte al collasso. Anche l’intervento chirurgico ha un’efficacia minore rispetto alla c-pap che si propone per i casi lievi-moderati.
Esistono delle alternative che riguardano la terapia posturale: molti pazienti registrano apnee soltanto in posizione supina e in questo caso la terapia consiste nel cercare di far dormire il paziente di lato con dei dispositivi che aiutano a questo fine. Dormendo di lato il paziente ha un miglioramento che unito ad altri interventi, la dieta, l’igiene del sonno e i dispositivi di avanzamento mandibolare può riuscire ad avere dei buoni risultati».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato