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Malattie e terapie 20 Ottobre 2021

Poco conosciuta e sottostimata, è la cistite interstiziale. Come riconoscerla e curarla

È una patologia rara e invalidante che colpisce in prevalenza le donne causando dolori forti al basso ventre. Per saperne di più abbiamo interpellato uno dei massimi esperti italiani, il professor Rocco Damiano della Società Italiana di Urologia (SIU) e Ordinario di Urologia dell’Università Magna Grecia di Catanzaro

di Federica Bosco
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Si chiama cistite interstiziale ed è una malattia autoimmune che colpisce in prevalenza le donne tra i 30 e i 40 anni con una percentuale di una ogni 100 mila casi. A raccontare gli effetti di questa patologia poco nota, ma invalidante è stata l’attrice Francesca Neri nel libro autobiografico “Come carne viva”. Ne soffre da anni, ma ne ha parlato di recente e per la prima volta a Silvia Toffanin durante la trasmissione “Verissimo”.

Misconosciuta e sottostimata: cos’è la cistite interstiziale

Una malattia misconosciuta e sottostimata, come confermato a Sanità Informazione dal Professor Rocco Damiano Ordinario di Urologia dell’Università Magna Grecia di Catanzaro e Responsabile Risorse e comunicazione della Società Italiana Urologia (SIU). «La cistite interstiziale è una malattia della vescica con sintomi che coinvolgono più distretti addomino-pelvici. È anche conosciuta come sindrome del dolore vescicale (BPS) ed è caratterizzata da un dolore a localizzazione vescicale accompagnato da una sensazione di disagio e peso nella zona vescicale, persistente da almeno sei settimane. Talvolta è presente un peggioramento del dolore con il riempimento vescicale e una elevata frequenza urinaria diurna e notturna. Ha una forte prevalenza femminile – spiega il professore – ma può colpire anche gli uomini, pur senza una casistica certa. Si stima sia dello 0,005%. Di sicuro sono molti i casi non diagnosticati, dal momento che nonostante il dolore, l’esame delle urine non ne rileva la presenza».

La differenza con la cistite batterica

«Frequentemente le due patologie vengono confuse – prosegue – ma è importante rilevare che nella forma interstiziale si caratterizza dall’assenza di infezione nelle urine. Se un paziente presenta i sintomi tipici della cistite interstiziale l’esame delle urine non mostra, infatti, anomalie come presenza di batteri e sangue. È vero però che una storia di cistiti ricorrenti, intorno ai 20 anni, può favorire la successiva comparsa di una infiammazione cronica e di un dolore neurogenico, che determinano la cistite interstiziale che si manifesta tra i 35 e 55 anni. Negli uomini invece la cistite interstiziale viene confusa con la prostatite cronica».

Con quali sintomi si manifesta?

Con quali sintomi si manifesta?

«La cistite interstiziale esordisce con dolore vescicale ed un incremento della frequenza minzionale diurna e notturna. Il dolore o la sensazione di peso che la caratterizza può peggiorare con il riempimento vescicale. L’attività sessuale – continua – risulta dolorosa per la contiguità della vescica infiammata con la vagina. Molte persone però impiegano anni prima di avere una diagnosi anche se i sintomi sono ricorrenti, ed in alcuni pazienti anche persistenti, più o meno gravi. Spesso si associano a patologie in altri organi ed apparati come la sindrome dell’intestino irritabile e la fibromialgia».

Quali sono le conseguenze?

«La cistite interstiziale ostacola la vita sociale e la vita lavorativa del paziente per i suoi aspetti emozionali, per l’impatto sui rapporti coniugali e familiari, oltre che per gli effetti sull’esercizio fisico e sul sonno. Non vi sono prove, ma è noto che lo stress fisico e mentale ne può peggiorare i sintomi» aggiunge.

Come viene diagnosticata la cistite interstiziale?

«Non esiste un esame medico che indichi se una persona abbia la cistite interstiziale. Per fare una diagnosi, bisogna valutare i sintomi e successivamente escludere altri problemi di salute che potrebbero causare gli stessi sintomi. È necessario focalizzarsi sulla loro durata, sull’impatto che hanno sulla qualità di vita, sulla presenza di altri problemi di salute e sull’assunzione di eventuali farmaci. Se un paziente presenta sintomi tipici della cistite interstiziale – sottolinea il professore – e l’esame delle urine non mostra infezione o presenza di sangue, è necessario eseguire un test urodinamico che valuti la capacità della vescica, ed un esame cistoscopio che visualizzi eventuali ulcerazioni nella vescica. In ogni caso è l’urologo lo specialista che può aiutare a identificare il giusto trattamento per trovare sollievo da questa condizione disabilitante».

Quali possono essere le cause scatenanti?

«Tra le ipotesi vi è un difetto nel tessuto vescicale che ne indebolisce il rivestimento interno, la presenza di specifiche cellule infiammatorie (i mastociti) nella vescica, modificazioni delle terminazioni nervose che generano sintomi vescicali anomali, oltre ad una aggressione della vescica da parte del sistema immunitario. È spesso associata anche a conseguenze cognitive o emozioni negative, nonché a e disfunzioni sessuali.  Non c’è invece evidenza di infezione o altra patologia locale, ragione per cui la diagnosi è spesso fatta andando ad esclusione di altre patologie».

Esistono dei fattori di rischio?

L’esperto spiega che, al momento, sono state fatte delle supposizioni. Le cause possono essere:

  • un difetto degli strati di rivestimento dell’urotelio (carenza di glicosamminoglicani),
  • una iperattività delle cellule mastocitarie responsabili dell’infiammazione cronica
  • la presenza di malattie autoimmuni in concomitanza con la cistite interstiziale
  • una infiammazione neurogenica causata da una stimolazione dolorifica
  • Una condizione di infezione batterica ricorrente

Una predisposizione ereditaria è possibile?

«In una famiglia se una mamma è affetta da questa patologia, la figlia ha più probabilità di ammalarsi. Infatti, recenti studi hanno dimostrato che i parenti di primo grado, di sesso femminile, di pazienti con cistite interstiziale, hanno un rischio 17 volte maggiore di sviluppare questo tipo di malattia».

Come si cura?

«L’obiettivo del trattamento è quello di controllare i sintomi. I miglioramenti della sintomatologia richiedono tempo, spesso la malattia va in remissione, ma non guarisce.  Essendo una malattia multifattoriale – ammette – anche il trattamento deve essere multimodale e contemplare anche altre patologie coesistenti. Il primo trattamento è il cambiamento dello stile di vita, limitando lo stress emotivo ed alcuni cibi irritanti come il cioccolato, il caffè, le bevande alcoliche ed i cibi piccanti. Esistono farmaci in formulazione orale, come antidepressivi e antistaminici, mentre glicosamminoglicani ed eparina da somministrare in vescica».

Si guarisce?

«Spesso la risposta terapeutica è insufficiente e bisogna procedere con iniezioni di tossina botulinica in vescica, o applicare un neuromodulatore vescicale per la gestione dei sintomi irritativi vescicali ed il dolore. La chirurgia di ampliamento della vescica o di sostituzione rimane l’ultima spiaggia terapeutica, anche se di difficile accettazione per la grave compromissione della qualità di vita».

Si può prevenire?

«La prevenzione può essere fatta andando ad eliminare le cause. Ad esempio, la buona igiene sia nella quotidianità ma anche prima e dopo i rapporti sessuali in entrambi i partner, la lubrificazione abbondante durante i rapporti, una buona idratazione. È importante evitare di trattenere l’urina per molte ore e ridurre cibi e bevande acide. Sulle cause autoimmunitarie o ereditarie non è possibile agire» conclude il professore.

 

 

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