Dal XXIII Congresso dell’Associazione italiana di oncologia medica i punti da cui ripartire con il peso del Covid-19: screening, esami diagnostici e follow up, regolamentare la telemedicina e rafforzare la sanità territoriale
«Il Covid-19 impone un salto di qualità nell’assistenza agli oltre 3,6 milioni di pazienti colpiti da tumore». Con queste parole Giordano Beretta, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) ha dato il via al XXIII Congresso della Società scientifica che si terrà a Roma fino al 24 ottobre. Nel corso del congresso, che riunisce 3.000 specialisti per fare il punto sulla lotta ai tumori, ci sarà il passaggio di consegne al nuovo presidente eletto Saverio Cinieri.
Il futuro dell’oncologia è iniziato: grandi passi avanti si registrano sul fronte delle terapie, della conoscenza e ricerca scientifica. Bisogna fare in modo che questo confluisca concretamente sul paziente e ancora resta molto da fare nel campo della prevenzione. ‘New Deal’ – l’hanno chiamato – una nuova gestione improntata alla prevenzione primaria e alla riattivazione degli screening, imparando dalla lezione inflitta dal Covid-19. Il progetto degli oncologi si articola su diversi punti: l’implementazione delle Reti oncologiche regionali, la collaborazione ospedale-territorio per garantire l’adesione alle terapie per le malattie croniche, più fondi per la ricerca e l’aggiornamento tecnologico e tempi più veloci per la disponibilità delle terapie innovative approvate in Europa.
Si stima che, nel 2020, in Italia, siano stati diagnosticati 377mila nuovi casi di cancro. La sopravvivenza a 5 anni è in costante aumento e raggiunge il 65% nelle donne e il 59,4% negli uomini. Le conseguenze dirette e indirette della pandemia sui pazienti oncologici – screening interrotti, esami posticipati o cancellati e diagnosi in ritardo – non si possono quantificare, si vedranno nei prossimi anni.
«La prognosi sui pazienti oncologici è ancora da scrivere – ha spiegato Beretta durante la conferenza stampa di presentazione -. Vanno recuperati due milioni e mezzo di screening persi che hanno già portato a diagnosi di tumori più avanzati. Ma vorrei smetterla di parlare di Covid, cambiamo pagina. Questo fine 2021 e tutto il 2022 dovranno essere fortemente dedicati alla ripresa dopo il terribile biennio che abbiamo dovuto affrontare. Devono ripartire screening, esami diagnostici e follow up, non devono esserci ulteriori ritardi. Va meglio utilizzata e regolamentata la telemedicina per la gestione del follow up a distanza, favorendo i pazienti e garantendo la continuità assistenziale».
Gli italiani, durante il lockdown, hanno trovato rifugio nel cibo e nella sedentarietà. Gli oncologi denunciano un aumento del consumo di alcol, un’alimentazione ricca di carboidrati e fumo di sigaretta. Per informare i cittadini sugli stili di vita errati attraverso nuove iniziative, la Società Scientifica amplierà la programmazione di Aiom TV l’emittente degli oncologi italiani. «Vogliamo riuscire a raggiungere anche da remoto, attraverso i social media, i pazienti per fornire loro informazioni utili e certificate – ha aggiunto Saverio Cinieri -. Compito dell’oncologia medica deve essere aiutare i malati anche nella vita quotidiana. La sopravvivenza da tumori sta aumentando – ha sottolineato – ma ci attende un futuro difficile, una vera a propria “pandemia da cancro”. Secondo le ultime stime il numero di decessi, provocato dalle neoplasie, è destinato a crescere del 24% entro il 2035 in tutta l’Unione Europea».
«Quanto saranno realmente le risorse non lo sa nessuno – ha specificato Beretta – ma questi soldi devono essere utilizzati per le strumentazioni ma anche per il personale medico e infermieristico che oggi non è sufficiente».
«Stiamo facendo importanti passi in avanti– ha evidenziato Cinieri – soprattutto per quanto riguarda diagnosi sempre più accurate e una migliore selezione dei pazienti su basi molecolari solide. I risultati positivi raggiunti rischiano però di essere vanificati se non miglioriamo l’organizzazione sanitaria e superiamo alcune difficoltà burocratico-amministrative».
I nuovi farmaci accumulano ritardi importanti «prima di essere effettivamente disponibili per i pazienti – ha spiegato Cinieri -. In media trascorrono due anni prima che una terapia, approvata dall’ente regolatorio, sia inserita nei prontuari e prescrivibile dai clinici. Chiediamo l’avvio di un “New Deal” per un sistema di cure più virtuoso e che possa essere d’esempio anche per altri Stati europei» ha concluso.
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