Il occasione della Giornata mondiale contro la Tubercolosi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità rende noto che la malattia ha ancora un ruolo ‘importante’ in molti Paesi e per combatterla è fondamentale una diagnosi precoce e terapie mirate
Già nel 2014 l’Oms aveva chiesto un ‘colpo finale‘ per eliminare rapidamente la tubercolosi almeno da quei paesi dove già c’erano pochi casi, ma la risposta è stata così timida che molto difficilmente si riuscirà a mettere sotto controllo la malattia entro il 2035.
A testimoniare la lentezza nella risposta sono arrivati i dati di Oms Europa e Centro per il Controllo delle Malattie (Ecdc), che parlano di un calo del 5% annuo, la metà di quanto servirebbe. Nel 2015, ultimo anno disponibile, i nuovi casi registrati nei 30 paesi dello Spazio Economico Europeo sono stati 60195, di cui il 30% in cittadini di origine straniera e il 65% dei quali in persone tra i 24 e i 65 anni, in maggioranza maschi.
Nella più ampia Regione Europea dell’Oms, che arriva fino alla Russia, i nuovi casi sono stati invece oltre 320mila. In Italia nello stesso anno sono stati notificati 3769 casi, con un tasso che negli ultimi dieci anni è calato da poco meno di 8 a 6,2 casi ogni 100mila abitanti. Nel nostro paese sono di più i casi segnalati in persone di origine straniera, circa 2mila. “In Italia abbiamo un’ottima rete per la diagnosi precoce e la gestione della tubercolosi nel contesto delle strutture di malattie infettive – commenta Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma -.
La Tbc continua però ad essere una patologia importante“. A preoccupare gli esperti, si legge nel rapporto, è soprattutto il fatto che in alcune categorie di persone, come i detenuti o gli stessi migranti, il calo sia ancora più ridotto, o addirittura ci sia un aumento dei nuovi casi. “La Commissione Ue è impegnata a mobilitare tutte le risorse disponibili per aiutare i paesi europei a tener fede agli impegni – afferma il Commissario alla Salute Vytenis Andriukaitis – La tubercolosi colpisce i membri più vulnerabili delle nostre società, e spesso coesiste con altre condizioni come l’Hiv”. Proprio alle coinfezioni con l’Hiv e’ dedicato il ‘focus’ di questa edizione del rapporto. La tubercolosi, precisano gli esperti, è la principale causa di morte nei sieropositivi in gran parte d’Europa, anche se non in Italia.
Nella regione europea dell’Oms tra il 2011 e il 2015 i casi di coinfezione sono cresciuti del 40%, arrivando a oltre 27mila di cui meno di un quinto trattati con antiretrovirali. “Se guardiamo ai dati per l’Ue – spiega Andrea Ammon, che dirige l’Ecdc – vediamo che il tasso di successo della tubercolosi nei sieropositivi è molto al di sotto dell’obiettivo globale dell’85%, e che in due pazienti su tre con Tb non ci sono informazioni sulla eventuale sieropositività. Dobbiamo migliorare molto”.