La vicepresidente della Commissione Affari sociali sottolinea: «È davvero la volta buona per avere una legge che gli italiani aspettano da anni». Poi sottolinea: «Bisogna garantire a tutti i cittadini la possibilità di portare avanti questa scelta senza incontrare ostacoli burocratici di sorta»
«Sono convinta sia davvero la volta buona per avere una legge che gli italiani aspettano da anni». Michela Rostan, vicepresidente della commissione Affari sociali e oggi iscritta al Gruppo misto (ex Leu ed ex Iv) si dice convinta che questa volta l’Italia possa davvero dotarsi di una legge sul fine vita grazie al testo unificato all’esame delle commissioni Affari sociali e Giustizia e a breve atteso in Aula a Montecitorio.
«La discussione degli emendamenti non può e non deve snaturare un testo che è già una buona sintesi di un lavoro caratterizzato anche da momenti di scontro duro su alcune posizioni» ricorda Rostan a Sanità Informazione. Sull’obiezione di coscienza per i sanitari, Rostan non dice no, ma chiarisce: «Il diritto a un fine vita dignitoso deve essere garantito a tutti gli italiani». Mentre sul successo della raccolta firme del referendum promosso dall’Associazione Coscioni, commenta: «Non è la prima volta che i tempi della politica sono più lenti dei cambiamenti sociali in atto e delle esigenze dei cittadini».
«Siamo alla vigilia di un momento storico per l’Italia. A tre anni dalla sentenza 242/2019 della Consulta, con la quale la stessa Corte sollecitava il Legislatore a colmare il vuoto normativo sul tema del fine vita, le Commissioni Affari sociali e Giustizia della Camera si avviano a concludere un lavoro importante per un testo che sintetizza al meglio tutte le diverse proposte normative formulate dai partiti. Il risultato finale è un Testo unificato sull’eutanasia che ha messo al primo posto la dignità della persona. Quest’ultima può indicare chi debba essere informato e possa essere presente all’atto che può avvenire, se ci sono le condizioni, anche presso la propria abitazione oltre che nelle strutture ospedaliere. È prevista la presenza del medico che, previo parere del Comitato etico, deve accertare che persista la volontà in tal senso, avvalendosi anche del supporto di uno psicologo. La morte, ai fini di legge, viene equiparata al decesso per cause naturali. Si esclude la punibilità del personale sanitario e amministrativo che ha eseguito la procedura così come quella di chiunque abbia agevolato il malato ad attivare il percorso. C’è un ultimo ostacolo da superare: la valutazione degli emendamenti presentati, ma siamo in dirittura d’arrivo. È davvero la volta buona per avere una legge che gli italiani aspettano da anni».
«La discussione degli emendamenti non può e non deve snaturare un testo che è già una buona sintesi di un lavoro instancabile caratterizzato anche da momenti di scontro duro su alcune posizioni. Sicuramente si potrebbe accentuare la parte relativa al superamento del conflitto tra interesse pubblico alla difesa della vita e diritto soggettivo privato all’autodeterminazione terapeutica. Così come è necessario, in fase organizzativa delle strutture pubbliche, garantire a tutti i cittadini la possibilità di portare avanti questa scelta senza incontrare ostacoli burocratici di sorta che potrebbero dar vita a estenuanti viaggi alla ricerca della soluzione desiderata. I malati e le loro famiglie devono essere tutelati dallo Stato in questo momento così drammatico».
«Non credo sia utile, di fronte a questi argomenti, arrivare a una contrapposizione tra diritti civili e scelte etiche che appartengono alla sensibilità di ciascuno di noi. Lo ritengo un pericolo per il raggiungimento del risultato finale: l’approvazione della legge. A queste discussioni preferisco opporre un po’ di sano pragmatismo. Il diritto a un fine vita dignitoso deve essere garantito a tutti gli italiani. Lo Stato, in tutte le sue articolazioni, ha il dovere di essere vicino alle persone che chiedono solo di avere l’opportunità di scegliere se porre fine o no a una sofferenza insopportabili ed irreversibili».
«La spinta referendaria è stata importante e ha avuto il merito di accelerare il percorso istituzionale, che comunque era iniziato anni fa, anche con una mia proposta, depositata molto prima delle iniziative referendarie. Non è la prima volta che i tempi della politica sono più lenti dei cambiamenti sociali in atto e delle esigenze dei cittadini. Di fronte alla straordinaria mobilitazione, che ha visto oltre un milione e duecentomila italiani sottoscrivere il referendum per chiedere una legge di civiltà che attendono da anni, abbiamo il dovere di dare una risposta e quindi un motivo in più per andare avanti con un iter che deve concludersi. Non è più tempo di tentennare. Solo chi vive su Marte non si rende conto che questa legge è già nel cuore e nella mente degli italiani».
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