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I fattori di rischio per cancro al seno: a chi è consigliato il test Brca 1 e 2? Cosa significa avere i geni mutati? La parola all’esperto
Secondo i dati registrati dall’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM) e l’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM), il cancro al seno resta la neoplasia più frequente in Italia. Con 54.976 nuove diagnosi l’anno, rappresenta il 30% di tutti i tumori che colpiscono le donne e il 14,6% di tutti quelli diagnosticati in Italia. L’incidenza è in leggera crescita soprattutto nelle donne più giovani ma la mortalità è in diminuzione. Ciononostante, questa malattia resta la prima causa di morte per tumore nelle donne.
Il tumore al seno è dovuto alla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria che si trasformano in cellule maligne. Si staccano dal tessuto che le ha generate per invadere quelli circostanti e, col tempo, anche organi più lontani. È una malattia potenzialmente grave se non è individuata e trattata precocemente e correttamente.
Nell’intervista a Sanità Informazione, il dottor Lucio Fortunato, Direttore della Breast Unit San Giovanni Addolorata di Roma parla del tumore al seno, di prevenzione e screening e del ruolo fondamentale dei centri di senologia specializzati.
Per ridurre la possibilità di ammalarsi è bene aderire ai programmi nazionali di screening e assumere comportamenti salutari, come:
Il cancro del seno viene diagnosticato prevalentemente attraverso due esami: la mammografia e l’ecografia mammaria. I programmi di screening oncologico nazionale danno la possibilità alle donne di età compresa tra 50 e 70 anni di eseguire gratuitamente la mammografia ogni due anni. L’ecografia è un esame molto utile in particolare per esaminare il seno giovane. L’autopalpazione è una buona abitudine perché consente alla donna di conoscere il proprio seno e individuare precocemente eventuali trasformazioni.
«Tra i 50 a ei 75 anni – precisa il medico – è importante fare uno screening mammografico ogni due anni anche se ci sono persone con familiarità che rientrano in un rischio superiore e devono essere seguite nei centri specializzati di senologia. Per loro lo screening inizia prima. La prevenzione territoriale è fondamentale – prosegue lo specialista – perché ci permette di scoprire tumori molto piccoli e questo diminuisce la mortalità per cancro della mammella. La maggior parte di quelli diagnosticati sotto ad 1 cm sono estremamente risolvibili, con una guarigione superiore al 90%. In questo modo, noi effettuiamo meno interventi chirurgici, terapie più mirate e potenziamo la qualità della vita delle pazienti. La malattia in fase così precoce viene curata con un intervento di 45 minuti, una compressa di anti-estrogeno per 5 anni e 5-10 trattamenti di radioterapia».
È importante specificare l’importanza delle Breast Unit, le case delle donne con tumore al seno dove «vengono trattate in maniera multidisciplinare e maggiormente efficace. Purtroppo – dichiara con rammarico – molte donne non sono a conoscenza dell’esistenza dei centri specializzati e del fatto che la sopravvivenza è del 18% superiore rispetto ai centri generalisti. C’è un’attenzione costante alle donne, una presa in carico globale. E questo è un sacrosanto diritto delle donne».
Se dalla storia medica familiare o personale emergono specifiche caratteristiche di rischio, si può ricorrere a test genetici per la ricerca di mutazioni nei geni Brca 1 e 2 come utili strumenti di prevenzione. «Il Brca è un oncogene – evidenzia lo specialista – un gene che pulisce il nostro organismo dagli errori della replicazione cellulare. Tutti i giorni produciamo miliardi di cellule e ogni tanto ci sbagliamo e siamo potenzialmente a rischio tumore. Abbiamo due elementi di salvaguardia: il suicidio programmato delle cellule deviate e il gene “spazzino” protettore che ci aiuta a non sviluppare tumori, il Brca 1 e 2. Quando questi geni non funzionano abbiamo un maggior rischio di sviluppare tumore della mammella e dell’ovaio. La conoscenza di queste alterazioni – continua il medico – era quasi ignota fino a 10 anni fa poi c’è stato il boom con la vicenda di Angelina Jolie». L’attrice si è sottoposta a una doppia mastectomia preventiva (l’asportazione di entrambe le mammelle) per evitare il rischio di un tumore al seno che ha ucciso sua madre.
«Quando questa alterazione è diagnosticata – puntualizza il dottor Fortunato – c’è un enorme impatto sulle terapie: cambia l’approccio chirurgico, oncologico e in assenza di malattia si può fare una chirurgia profilattica. La conoscenza di questa alterazione è strategicamente fondamentale perché ci previene dalla diagnosi di cancro e possiamo essere più precisi nel trattamento. Questa indagine, nei nostri ospedali, è sempre più importante e si sta sviluppando in maniera rapida. Purtroppo, molte donne a rischio non vengono analizzate nei tempi giusti».
Si tratta di un test del sangue che viene fatto dopo un’attenta analisi con il genetista che confermerà o smentirà l’utilità dell’esame e saprà anche interpretarlo correttamente. «I fattori di rischio sono la familiarità multipla – primo grado – per cancro al seno o cancro all’ovaio in giovane età. Soprattutto, se al tumore al seno è associato il tumore dell’ovaio. Se il test è positivo – evidenzia il medico – il rischio di sviluppare il cancro al seno è del 70-80%. È una cosa estremamente delicata che deve essere fatta nei centri appropriati ed affrontata nei migliori dei modi.
Le strade sono due: rafforzare le misure di controllo o, come la Jolie, ricorrere alla mastectomia preventiva, la rimozione chirurgica del seno. Nei casi di mutazioni in BRCA1/2, legate anche al rischio di tumore ovarico, la mastectomia può essere accompagnata anche dalla rimozione delle ovaie.
«Se abbiamo un’alterazione del gene Brca 1 o 2 e non c’è malattia si prende in considerazione una chirurgia profilattica sul seno e sull’ovaio se la paziente ha meno di 60 anni. Non in tutte le donne con l’alterazione genetica o con il cancro stesso decidiamo di fare la mastectomia. Si può procedere con gli screening – spiega lo specialista – ma è una valutazione che va fatta attentamente con la paziente e dipende da vari fattori. Il chirurgo deve stare molto attento a capire se la paziente è motivata a fare un intervento chirurgico o un un percorso di prevenzione. Alcune donne fanno ecografie ogni sei mesi, programmi accelerati preventivi di controllo. Questo non è efficace, nel senso che la prevenzione non elude dal cancro. E Mentre ci sono altre donne che non riescono a sopportare lo stress e l’ansia di fare controlli così ravvicinati e decidono di ricorrere alla chirurgia preventiva. Oggi siamo molto efficaci nelle mastectomie conservative – conclude il dottor Fortunato – con preservazione dell’involucro esterno. All’interno si mette una protesi immediata e definitiva nella stessa operazione e in ambedue i seni e dà un risultato più che soddisfacente».
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