Lavoro e Professioni 18 Novembre 2021 11:54

Carenza infermieri RSA, UNEBA pensa a professionisti stranieri, sistema robotizzato e specializzazione per OSS

Le proposte dell’associazione per far fronte alla mancanza di personale infermieristico nelle residenze per anziani e disabili

di Federica Bosco
Carenza infermieri RSA, UNEBA pensa a professionisti stranieri, sistema robotizzato e specializzazione per OSS

Mancano infermieri nelle RSA. A lanciare l’allarme è UNEBA con il suo presidente Franco Massi. «Esiste un deficit da almeno 20 anni – ha dichiarato –. In media i posti ai corsi di laurea infermieristica sono inferiori del 24% rispetto al fabbisogno stimato dalle organizzazioni di categoria, questo perché non è stata fatta una programmazione oculata e sono intervenuti tre fattori aggravanti che hanno comportato una riduzione del numero di infermieri all’interno delle strutture sociosanitarie per anziani e disabili: il Covid ha richiesto una presenza maggiore di medici e infermieri negli ospedali, la presa di posizione di un 2-3 per cento di no Vax e le nuove recenti disposizioni legislative che prevedono l’istituzione dell’infermiere di comunità».

Sarebbero dunque almeno 12 mila le unità necessarie oggi per coprire il fabbisogno delle strutture per anziani, un numero importante che, secondo Massi, richiederebbe un intervento legislativo. «Sarebbe auspicabile, ma garantirebbe un miglioramento nel tempo – puntualizza Massi – mentre l’emergenza è oggi, quindi occorre cercare soluzioni alternative».

Professionisti stranieri per far fronte alla carenza di infermieri nelle RSA

Tre le strade suggerite da Massi per coprire il fabbisogno odierno: «La prima opzione è far arrivare infermieri dall’estero che abbiano un titolo riconosciuto nel paese di origine e quindi, attraverso una procedura accelerata di equipollenza del titolo, si potrebbe far fronte all’emergenza. Come UNEBA stiamo prendendo contatto con alcuni paesi in Asia, Africa e Sud America. L’obiettivo è individuare università locali che abbiano dei professionisti disponibili a trasferirsi per un periodo di tre anni nel nostro paese con un’assunzione a tempo determinato, utilizzando i contratti in vigore in Italia e facilitando il loro ingresso attraverso una garanzia di ospitalità con il ministero del Lavoro e della Salute».

Un aiuto dalla tecnologia

«Un grande aiuto potrebbe arrivare anche dalla tecnologia – afferma il presidente di UNEBA -. Negli ospedali, come nelle residenze per anziani e disabili, la cartella clinica elettronica è una realtà così come un sistema robotizzato per la preparazione dei farmaci da somministrare quotidianamente ai pazienti. Libero da questa mansione meccanica, il professionista sanitario potrebbe dedicarsi appieno alla persona assistita».

L’utilizzo di strumenti informatici permetterebbe anche di alzare il livello di sicurezza e ridurre potenzialmente l’errore umano. «Ma non cadiamo nell’errore di credere che la tecnologia possa sostituire l’uomo – puntualizza Massi –. Il ruolo del professionista non è in discussione, anzi ci sarà sempre più bisogno di infermieri preparati non solo in ospedale, ma anche nelle residenze per anziani e disabili, sul territorio e a domicilio».

Ad oggi sono 2 milioni e 700 mila gli anziani che vivono soli. «Molti sono autosufficienti, ma altrettanti devono essere assistiti non solo da un punto di vista sanitario, ma anche sociale – riprende il presidente di UNEBA –. Tenendo conto che oggi coloro che devono essere assistiti hanno una copertura per un monte ore insufficiente, è importante che ci sia per il futuro una categoria di sanitari preparati per coprire il fabbisogno degli ospedali, delle residenze, ma anche del territorio e a domicilio. Questa è la sfida del futuro».

Operatori sociosanitari con formazione complementare

Una battaglia che alcune regioni stanno già affrontando con iniziative e proposte. È il caso del Veneto e della Liguria che hanno suggerito di certificare con corsi professionali gli operatori sociosanitari sotto la guida di infermieri laureati. «La carenza degli infermieri in Italia è strutturale – aggiunge –. Da tempo abbiamo fatto richiesta alle università di creare corsi professionalizzanti con ore di tirocinio oltre che negli ospedali, anche nelle residenze per anziani e disabili, negli ambulatori e sul territorio. Per il momento non abbiamo avuto la risposta auspicata, chiediamo aiuto anche agli Ordini professionali degli infermieri affinché ci sia collaborazione e possano accettare l’affiancamento di OSS specializzati in alcuni ambiti per curare in sicurezza le persone».

 

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