Giornata conclusiva del secondo Congresso nazionale del maxiordine delle professioni sanitarie. Il delegato alla Comunicazione Diego Catania spiega: «Dobbiamo far conoscere ai cittadini le competenze delle 19 professioni sanitarie che anche nella pandemia hanno svolto un ruolo importante». Intanto la Federazione cambia logo
«Avere professioni disgregate comporta il non concentrarsi sulle patologie nel loro insieme. Se noi perderemo la sfida dell’unità sarà un danno per i professionisti ma anche e soprattutto per la cittadinanza». Diego Catania, vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione è anche il deus ex machina della comunicazione della Federazione, che in questi giorni celebra il suo secondo Congresso nazionale a Rimini. A Sanità Informazione ricorda l’impegno delle 19 professioni sanitarie nei momenti più duri della pandemia, non sempre riconosciuto a livello mediatico, e della sfida di rinnovamento della Federazione, che passa anche da un nuovo logo e in prospettiva futura, anche per un nome più riconoscibile.
«La comunicazione come tutti sappiamo oggi è fondamentale soprattutto per far conoscere le nostre professioni sanitarie e le loro competenze che non sempre sono così conosciute nell’immaginario collettivo. Mi vengono in mente i Tecnici di Fisiopatologia Cardiocircolatoria e Perfusione Cardiovascolare che si occupano dell’ossigenazione dei tessuti e nell’emergenza pandemica sono stati impegnati nelle terapie intensive, o i Tecnici di Radiologia che si sono occupati di fare le radiografie al letto dei pazienti, ecc. O ancora i Tecnici di laboratorio che si sono occupati di processare la quantità enorme di tamponi che sono stati eseguiti. Parliamo di un mondo sanitario eterogeneo che ha bisogno di comunicazione per far conoscere alla cittadinanza e al mondo le nostre competenze».
«L’acronimo sicuramente è complicato. Fa parte della storia che arriva dagli ex collegi dei Tecnici di radiologia. Sul nuovo nome, in questo momento, non c’è ancora nulla ma sono certo che per questo acronimo, che a dire il vero è una sorta di codice fiscale, in futuro si troverà una soluzione, sicuramente penseremo ad una sigla più corta e comunque ad una sintesi delle 19 professioni sanitarie, in modo che sia più accessibile, più pronunciabile da parte di tutti».
«Io credo che questa sia la scommessa del futuro, cioè stare insieme. Continuo a dire che disgregarsi significa perdere il peso specifico che abbiamo acquisito con questo maxiordine. Se noi non riusciremo in questa sfida, probabilmente perderemo una battaglia per la cittadinanza. Perché avere professioni disgregate comporta il non concentrarsi sulle patologie nel loro insieme e oggi la medicina, le terapie, le cure, sono attività multidisciplinari. Quindi stare insieme aiuta soprattutto la cittadinanza. Aiuta anche gli operatori ma stare insieme sarà la sfida futura. Questo secondo me è un traguardo da presidiare con ogni sforzo. Perché per stare insieme bisogna condividere, bisogna anche mediare su alcuni aspetti che a volte sono di sovrapposizione».
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