Dopo la bomba di Beirut e la pandemia da Covid-19, il Libano è al collasso. A dieci anni dalla fondazione dell’Associazione Insieme, che promuovere la diffusione della musicoterapia con metodo Euterpe, Padre Maroun Harb lancia un appello: «La povertà è assoluta. Le persone continuano a lasciare il Paese, molti sono sanitari»
Hassan (il nome è di fantasia), un bambino libanese, trascorreva intere giornate in disparte. Non parlava nemmeno con i suoi genitori. Almeno fin quando non ha incontrato Padre Maroun Harb e il maestro Tommaso Liuzzi che, insieme, hanno portato la musicoterapia in Libano. «La musica, una lingua universalmente riconosciuta, può superare non solo le differenze culturali e linguistiche, ma anche l’isolamento che può scaturire da una condizione di malattia, come l’autismo da cui è affetto Hassan» racconta Padre Maroun Harb.
In Libano, centinaia di persone disabili, di pazienti affetti da patologie croniche e gravi, come quelle oncologiche, hanno potuto godere dello stesso percorso terapeutico di Hassan grazie ad una sinergia nata tra l’Italia e il Libano dieci anni fa.
«Nel 2011 – dice Padre Maroun Harb – ho incontrato il maestro Liuzzi e con lui il suo metodo di musicoterapia, l’Euterpe». Questo metodo prevede la stimolazione multisensoriale attraverso il suono: si tratta di un’attività terapeutica sonora che stimola i cinque sensi in osmosi con l’ambiente. Tale metodologia si differenzia dalle altre musicoterapie in quanto utilizza una tabella matematica e un algoritmo originale, al fine di comporre un percorso sonoro differente per ogni persona, una storia sonora della vita.
«Grazie al contributo del maestro, ideatore del metodo Euterpe, sono stati formati molti specialisti libanesi. Da questa unione è nata l’Associazione “Insieme” che, da quel momento, ha teso la mano alle persone fragili: finora sono circa 800 i pazienti che hanno potuto seguire un percorso terapeutico con il metodo Euterpe. E in tutti i casi – assicura Padre Maroun Harb – i risultati sono stati eccezionali».
Il lavoro dei volontari d’Insieme e di Padre Maroun Harb è continuato ininterrotto negli anni. Almeno così è stato fino al 4 agosto del 2020. «Quel giorno d’estate – racconta Padre Maroun Harb – un’esplosione ha colpito l’area del porto di Beirut e niente è stato mai più come prima». Oltre duecento persone hanno perso la vita, 7 mila sono state ferite, 300 mila famiglie sono rimaste senza casa, molte altre hanno subìto devastanti conseguenze economiche.
Il Libano è un Paese al collasso: «A questa situazione, già di per sé preoccupante, si sono aggiunte le conseguenze della pandemia da Covid-19 – racconta Padre Maroun Harb -. A mancare sono anche gli specialisti: negli ultimi due anni 4 milioni di persone hanno lasciato il Libano in cerca di una vita migliore per sé e per la propria famiglia. Tra questi ci sono molti medici e professionisti sanitari».
Chi vive a Beirut è, non di rado, costretto a sopportare condizioni al limite della dignità umana: «La corrente elettrica è disponibile solo poche ore al giorno – continua Padre Maroun Harb -, la lira libanese si è svalutata del 90%. Se con diecimila lire libanesi nel 2019 compravi un chilo di pomodori, di riso e di arance e un litro di latte, oggi compri solo un chilo di pomodori. La benzina è diventata preziosa come l’oro, inaccessibile alla maggior parte della popolazione. Questo si traduce nella totale impossibilità di aiutare le persone che ne hanno bisogno: anche incontrarsi è piuttosto complicato».
«E per noi – continua – non poter più supportare bambini disabili, persone autistiche, anziani affetti da patologie croniche come l’Alzheimer, malati di cancro, è davvero drammatico. Per intensificare i nostri aiuti, negli anni passati, abbiamo lavorato anche all’interno dell’ospedale di Beirut, nelle case di cura e di riposo».
Ora tutto questo è solo un lontano ricordo che Padre Maroun Harb spera di poter nuovamente trasformare in azioni concrete. Per questo, nei prossimi giorni, grazie al sostegno dell’Associazione Euterpe arriverà in Italia per raccogliere fondi da destinare ai libanesi. «Con la speranza che per il Libano queste terribili pagine di storia possano presto concludersi e che i volontari d’Insieme possano ritornare accanto alle persone fragili, regalare nuovi sorrisi e, soprattutto – conclude – nuove speranze».
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