Al vaglio degli scienziati, possibili correlazioni tra iposviluppo fetale, Covid-19 e modificazioni placentari. La presidente AOGOI: «La pandemia non è finita. Le donne in gravidanza e in allattamento devono vaccinarsi per proteggere se stesse e i propri figli»
Che il Sars-CoV-2 non oltrepassi la placenta è, ormai, un dato di fatto. Sono rarissimi i casi riscontrati, in questi due anni di pandemia, di “trasmissione verticale”, da madre a feto, dell’infezione. Tuttavia, pur non essendoci dei danni diretti da Covid-19, i piccoli nati da donne positive al virus, durante la gravidanza o al momento del parto, sembrerebbero non essere completamente indenni da effetti collaterali.
«La placenta, fungendo da barriera contro il Sars-CoV-2, può deformarsi e rallentare la sua naturale crescita. Non ci sono cure che possano evitarlo. L’unico rimedio è la prevenzione: dai vaccini all’utilizzo dei dispositivi individuali di protezione». A mettere in guardia le donne in dolce attesa è Elsa Viora, presidente AOGOI, l’Associazione degli Ostetrici e Ginecologi Ospedalieri Italiani, all’indomani della pubblicazione delle raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità sulla somministrazione delle terza dose del vaccino anti-Covid in gravidanza e allattamento.
Gli esperti hanno cominciato a studiare le modificazioni placentari dopo aver osservato un aumento di incidenza, durante la pandemia, di neonati venuti alla luce da madri che avevano contratto il Covid-19 o infette al momento del parto con un peso inferiore alla media.
«Fortunatamente, i dati italiani non sono drammatici: l’incremento di nati di peso inferiore ai 2.500 g, le cui mamme avevano contratto il Covid-19, è lievemente superiore al periodo pre-pandemia. Ovviamente, per avere una visione più dettagliata della situazione – aggiunge Viora – andrebbe osservato se i bambini di basso peso siano nati prima del nono mese di gestazione a seguito di parto pretermine indotto da necessità (come condizioni di salute della madre compromesse, che non permettevano un avanzamento ulteriore della gravidanza) o se si tratta effettivamente di feti iposviluppati (nati a termine di gravidanza)».
Uno sviluppo inferiore alla media del feto potrebbe essere una delle conseguenze delle modificazioni placentari osservate nelle donne che in gravidanza hanno contratto il Covid-19. «Gli studiosi italiani sono già al lavoro proprio per valutare se e quali danni possano derivare da una placenta che, proteggendo il feto dal Sars-CoV-2, ha subìto delle alterazioni anatomopatologiche».
Se le nuove ricerche dovessero trasformare in certezza quelle che per ora sono più che intuizioni, non ci sarà da sorprendersi. «Altri virus, come ad esempio il Cytomegalovirus, sono causa accertata di iposviluppo fetale – sottolinea Viora -. Per questo, ribadisco la necessità di sottoporsi al vaccino anti-Covid in gravidanza, dalla prima alla terza dose. La somministrazione può avvenire in qualsiasi momento della gestazione, poiché non c’è alcun rischio di aborto correlato alla vaccinazione, nemmeno nel primo trimestre di gravidanza».
Al contrario, invece, di rischi correlati al Covid-19 in gravidanza ce ne sono. «Durante le ondate successive alla prima è stato riscontrato un aumento delle complicanze: le varianti sembrerebbero colpire in modo più aggressivo le donne in gravidanza, rispetto al virus originario. Di solito, tali complicanze sono maggiori e più frequenti nel secondo e nel terzo trimestre della gravidanza, periodo in cui l’utero, crescendo, preme sui polmoni e modifica la dinamica della respirazione. In Italia, per fortuna, l’aumento delle complicanze è stato lieve, ma in altre realtà, dove il servizio sanitario è meno efficiente, sono state davvero importanti».
In vista del previsto picco di contagi, la presidente Viora lancia un appello a donne, ginecologi, medici e professionisti sanitari affinché nessuno abbassi la guardia: «Promuovere la vaccinazione è d’obbligo perché, purtroppo, la pandemia non è finita. Ci auguriamo che queste nuove varianti portino, man mano, ad una minore gravità di sintomi – dice la ginecologa -. Ma, per ora, non abbiamo certezze. Lo strumento principale a nostra disposizione è la prevenzione, dalla somministrazione dei vaccini all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, fino al rispetto delle misure in vigore per il contenimento dei contagi».
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