Salute 15 Dicembre 2021 17:53

Piano Nazionale Esiti 2021: 1,7 milioni di ricoveri in meno rispetto al 2019. Le cause e i miglioramenti da fare

Nel Programma Nazionale Esiti 2021 Agenas presenta i nuovi indicatori e mostra le aree in cui i ricoveri sono scesi maggiormente, alcuni in conseguenza del lockdown, altri per scelta dei pazienti. Nel territorio ridotte le ospedalizzazioni evitabili

Piano Nazionale Esiti 2021: 1,7 milioni di ricoveri in meno rispetto al 2019. Le cause e i miglioramenti da fare

Circa 1 milione e 700mila ricoveri in meno rispetto al 2019, un -13% per i ricoveri urgenti e un quarto di meno sul totale dei volumi per ricoveri programmati e day-hospital. Il Programma Nazionale Esiti 2021, realizzato da Agenas in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e il dipartimento di Epidemiologia dell’ASL Roma 1, fotografa gli effetti della pandemia di Covid-19 sul Sistema sanitario nazionale con una lucida precisione.

Presentata di fronte al ministro della Salute Roberto Speranza, l’edizione 2021 valuta efficacia, appropriatezza, equità di accesso e sicurezza delle cure che il nostro sistema sanitario offre ai suoi pazienti. Con un sistema che si è rinnovato completamente, a partire dall’ampliamento dei set di indicatori, arrivati a 184 (164 su assistenza ospedaliera, 20 su quella territoriale, 14 su ospedalizzazioni evitabili, 4 su accessi al PS, 2 su esiti a lungo termine). I dati arrivano da un’elaborazione attenta da parte di Agenas delle SDO, le schede di dimissione ospedaliera, la cui compilazione da parte dello staff della struttura è essenziale per avere un quadro più preciso possibile dello stato della sanità italiana.

Speranza: «SSN è cosa più preziosa che abbiamo»

«Abbiamo strumenti che non avevamo prima e dobbiamo valorizzare il risultato di una campagna di vaccinazione straordinaria: 102 milioni e mezzo di dosi non si fanno in meno di 12 mesi se non hai un grande Sistema sanitario nazionale – ha tenuto a ribadire il ministro Speranza -. Si apre oggi una finestra di opportunità perché c’è una consapevolezza senza precedenti da parte di persone e istituzioni che ci dice che il SSN è la cosa più preziosa che abbiamo, che bisogna continuamente migliorare».

Speranza ha auspicato un intervento sulle risorse così come sulle riforme. Nel primo caso i 124 miliardi per il 2022, (poi 126 nel 24 e 128 nel 26) sono il punto di partenza con la Legge di bilancio in approvazione. Per aumentare l’efficacia delle riforme, ha ricordato ancora il ministro, c’è bisogno di «dati il più possibile esatti» come quelli che Agenas fornisce con questo tipo di rapporti. Così da poter agire sui campi in tensione, come è successo con il miliardo aggiunto per il recupero di screening e visite diagnostiche, per metà con il decreto Agosto e per metà in aggiunta nella Legge di Bilancio.

I dati in ambito cardiaco e le conseguenze del lockdown

A illustrare i dati con grande precisione è il dottor Giovanni Baglio, coordinatore PNE dell’Agenas, che introduce i nuovi valori di volumi (indicatori chirurgici di volume per singolo operatore), tempestività (processo con tempi calcolati in ore/minuti), appropriatezza clinica (in area perinatale, ricorso al TC e episiotomie) ed esiti (la gravità del paziente all’ammissione).

Il Covid, come detto, ha determinato una contrazione dei ricoveri: 1 milione e 700mila ricoveri in meno (-13% per ricoveri urgenti e 1/4 per quelli non urgenti). L’ospedalizzazione per infarto che si è ridotta progressivamente nel tempo, nel 2020 ha subito un’ulteriore riduzione: una flessione evidente in corrispondenza del primo lockdown con picco negativo ad aprile e una nuova flessione a inizio seconda ondata. Una prima ipotesi è che le persone siano morte fuori dall’ospedale ma non sembra suffragata dai dati ISTAT sulla mortalità, che non mostrano incrementi nei decessi attribuibili a malattie ischemiche del cuore. C’è un’altra ipotesi: ovvero una riduzione dell’incidenza degli infarti, con la diminuzione dell’esposizione ai fattori trigger (iperattività, inquinamento) durante il lockdown, quasi un “lato positivo” di quel periodo di sospensione. C’è anche possibilità che ci sia stato un minore ricorso ai dipartimenti di emergenza da parte dei casi meno gravi. Questa ultima ipotesi sembra trovare conferma in un aumento della mortalità a 30 giorni dall’evento acuto, che ha mostrato un aumento dell’1% nel 2020, proprio per un minore accesso in ospedale dei pazienti meno gravi con una specie di autoselezione.

La proporzione di angioplastiche non ha subito cambiamenti rispetto alla fase pre-pandemica, un dato confortante. Il discorso cambia se consideriamo gli interventi programmati, come il bypass, dove il decremento è stato molto più marcato con un -24% (3500 ricoveri in meno). Solo 10 strutture hanno superato la soglia di 200 interventi l’anno rispetto alle 20 che l’avevano fatto l’anno precedente.

Differenza tra pubblico e privato

L’ambito muscolo-scheletrico offre qualche spunto ulteriore. Gli interventi per frattura di femore hanno avuto un 8% di riduzione (7.200 ricoveri in meno) per via di una minore incidenza su cui possiamo essere più sicuri: meno movimento, meno fratture. L’entità della riduzione è più o meno simile a quella dell’infarto. I numeri cambiano quando si considerano le procedure programmate. Anche per la chirurgia protesica per l’anca si nota un -18% rispetto all’anno precedente (21mila interventi in meno).

L’impatto del lockdown, finora chiaramente fondamentale nei dati, è stato drammatico sia su istituti pubblici che privati, ma vediamo che mentre i pubblici restano sempre sotto la curva dell’anno precedente, nel privato c’è un recupero (-21% interventi nel pubblico contro -11% nei privati). Questo è un dato abbastanza atteso, ha spiegato Baglio, perché gli ospedali pubblici sono stati più impegnati sul fronte dell’emergenza Covid e c’è stata una collaborazione fruttuosa tra pubblico e privato con protocolli d’intesa per cui sono state delocalizzate alcune equipe per recuperare certi interventi nelle strutture private, meno coinvolte nella battaglia contro il virus.

Ambito oncologico e perinatale

In ambito oncologico si registra un calo di ricoveri per carcinoma mammario (7mila ricoveri in meno), il picco negativo in questo caso non è però ad aprile ma a giugno. Da attribuire con ogni probabilità alla battuta d’arresto dei programmi di screening, in pari con il decremento delle diagnosi.

In area perinatale non ci sono state significative variazioni nel 2020, anno in cui sono state registrate 404.145 nascite, pari a 13mila parti in meno rispetto al 2019 (-3,1%). A fronte della contrazione delle nascite, non si è verificata in questi anni una concentrazione in un numero inferiore di centri. Nel 2020, infatti, 141 dei 457 punti nascita non hanno superato la soglia dei 500 parti (per un valore corrispondente di casistica pari al 6,8%), mentre solo 148 si sono collocati oltre il parametro standard dei 1000 parti (coprendo il 63,2% del volume totale su base nazionale). Nei dati risulta allarmante ancora il ricorso al taglio cesareo, con regioni (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna) al di sopra delle soglie stabilite dall’OMS. Un dato che va letto in sinossi rispetto al ricorso alla proporzione di parto vaginale per le donne con precedente parto cesareo: nelle regioni del Nord succede più spesso questa “naturalizzazione”, mentre nel sud siamo sotto la media del 6%.

Il parametro dell’equità

Una delle principali novità è l’osservazione sul tema dell’equità, trattando le differenze tra uomo e donna. Per l’angioplastica si mostra uno svantaggio sistematico delle donne. Sempre al di sotto dell’unità nel ricorso a STEMI entro 90 minuti per donne in tutte le regioni. Il risultato viene perché le donne presentano quadri sintomatologici più sfumati che vengono male interpretati. Con maggiori probabilità di essere ricoverate in reparti diversi rispetto alla cardiologia, proprio perché il quadro non è semplice da interpretare. Nel caso della frattura di femore e interventi entro 48 ore sono gli uomini a essere sistematicamente svantaggiati rispetto alle donne. Si pensa questo sia perché gli uomini abbiano l’episodio traumatico più tardi rispetto alle donne.

Assistenza territoriale e ospedalizzazioni evitabili

Infine, il PNE ha sottolineato un dato interessante nella valutazione dell’assistenza territoriale, andando a valutare rispetto alle patologie croniche le cosiddette ospedalizzazioni “evitabili”. Per esempio il tasso di ricovero per complicanze del diabete, a breve e lungo termine, ha mostrato negli ultimi anni una lieve riduzione, passando da un valore medio di 0,43‰ nel 2015 a 0,38‰ nel 2019. Nel 2020 tale valore, anche a seguito di una più generale contrazione delle ospedalizzazioni nella congiuntura della pandemia, si è ridotto a 0,30‰.

Eppure in alcune regioni il tasso è più elevato rispetto al dato nazionale, che potrebbe in parte dipendere da una diversa prevalenza della condizione diabetica tra le regioni italiane, ma anche risentire (soprattutto in termini di variabilità intra-regionale) di possibili ritardi nell’implementazione delle reti diabetologiche a livello territoriale.

Questo non è successo per i trattamenti sanitari obbligatori (TSO). Si tratta di ricoveri per patologie psichiatriche effettuati in Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC). Il ricorso a tale forma coatta di ricovero non sembra aver subito, nella congiuntura pandemica, la stessa drastica riduzione osservata per altri ambiti di ospedalizzazione “evitabile”. In particolare, il tasso per TSO è lievemente diminuito nel tempo: la media nazionale era pari a 0,15‰ nel 2015 e a 0,12‰ nel 2019; nel 2020 si è ulteriormente ridotta a 0,09‰. Ma emerge una forte variabilità inter e intra-regionale, con scarti particolarmente elevati in Umbria, Abruzzo e Sardegna.

«Attraverso i dati del PNE 2021, Agenas restituisce una fotografia dettagliata dello stato di salute del nostro Sistema sanitario, che sembra aver resistito all’impatto della pandemia e che si appresta oggi a ripartire con le nuove sfide poste dal PNRR – ha dichiarato il direttore generale Domenico Mantoan –. L’obiettivo è quello di offrire indicazioni utili a governare il cambiamento».

 

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