La scelta del farmaco dovrebbe essere personalizzata in base alla tipologia del singolo attacco e alle preferenze del singolo paziente
Secondo la definizione della Società italiana per lo studio delle cefalee, l’emicrania è “una cefalea primaria caratterizzata da attacchi di intensità moderata o forte, aggravata dai movimenti, associata a nausea, fonofobia, fotofobia e più raramente a vomito” [1]. Si tratta di un disturbo di notevole prevalenza, stimata nel 14% nella letteratura mondiale, ma che nel nostro paese può raggiungere il 13% nel sesso maschile e il 32,9% in quello femminile, secondo una recente indagine che ha confermato come le donne ne risultino notevolmente più colpite rispetto agli uomini [2].
Per ridurre l’impatto del dolore episodico, cioè fino a 14 giorni di emicrania al mese, è indicato il trattamento acuto o sintomatico, con l’obiettivo di ridurre sia l’intensità sia la durata della sintomatologia dolorosa [3]. L’approccio terapeutico più consolidato è di tipo stratificato e prevede l’assunzione di farmaci aspecifici (FANS, paracetamolo o una loro combinazione) per le crisi lievi-moderate e di farmaci specifici (triptani) per le crisi moderate-forti, seguendo tre principi cardine di appropriatezza per la scelta del farmaco, che dev’essere assunto al minor dosaggio efficace, il più precocemente possibile e sotto forma di singolo principio attivo [3].
Quando invece l’emicrania è di intensità da moderata a forte, i farmaci di prima scelta secondo le linee guida sono i triptani, che raggiungono la massima efficacia con un’assunzione precoce, cioè quando la cefalea è ancora d’intensità lieve [3]. Un altro punto fermo della terapia è che la scelta del principio attivo dovrebbe essere personalizzata in base alla tipologia del singolo attacco e alle preferenze del singolo paziente. I triptani, per esempio sono i farmaci di scelta per l’emicrania associata a mestruazioni, mentre le formulazioni per via nasale o iniettiva sono consigliate se l’attacco emicranico è accompagnato da nausea e vomito [3].
L’esigenza di adattare la terapia a ogni singolo attacco e a ogni singolo paziente emerge anche dai dati di preferenza, che suggeriscono come non esista un triptano ideale [1]. Tra i triptani raccomandati dalle linee guida della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (SISC) per il trattamento del dolore emicranico episodico d’intensità moderata-severa si segnala rizatriptan [1]. Questa molecola ha un triplice effetto sui meccanismi di base che generano il dolore emicranico: induce una costrizione dei vasi sanguigni intracranici che generano il dolore, inibisce il rilascio neuropeptidico, con ridotta infiammazione dei tessuti sensitive, e infine riduce la trasmissione centrale del segnale doloroso trigeminale [4].
Per rizatriptan è disponibile anche una formulazione a rapida dissoluzione orale, che non differisce dalla formulazione in compresse da 5 o 10 mg per l’efficacia o per il tempo di raggiungimento di livelli ematici elevati [1], ma può rivelarsi utile per la facilità di assunzione, che non necessita di acqua [4].
Bibliografia
1. SISC. linee guida per la diagnosi e la terapia delle cefalee primarie. 2011
2. Emicrania: una malattia di genere. Impatto socio-economico in Italia. A cura dell’Istituto superiore di Sanità –
Centro di riferimento per la malattia di genere 2018
3. Trattamento e profilassi dell’emicrania – Vademecum per il medico di Medicina generale. Allegato A al Decreto
n. 56 del 18 giugno 2020
4. RCP – MAXALT
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