Emerge dall’indagine “Prevenire con la vaccinazione” promossa da APMARR: la fascia d’età tra i 41 e i 60 anni è quella meno coinvolta nelle vaccinazioni (20,8%), frenata dal rischio di subire eventuali effetti collaterali (40,8%), dalla paura che i vaccini possano alterare il già precario equilibrio di salute (25,2%) e dal deficit d’informazioni (19,7%)
Oltre il 20% delle persone affette da patologie reumatologiche non esegue le vaccinazioni raccomandate. Si tratta soprattutto di persone che hanno tra i 41 e i 64 anni. A frenarle diverse motivazioni: il timore di eventuali effetti collaterali dei vaccini (40,9%), la paura che in quanto malati cronici e fragili i vaccini possano alterare il già precario equilibrio di salute (25,2%), il deficit d’informazioni (19,7%) e il considerare rischioso sottoporsi alla vaccinazione (18,2%). Quasi uno su 10 (9,1%) crede che i vaccini non siano un efficace strumento di prevenzione. Coloro che sono completamente contrari alle vaccinazioni hanno come principali fonti d’informazione su questo tema i siti web e/o i social network (45,3%). A fotografare la situazione è l’indagine promossa da APMARR-Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare APS ETS, in collaborazione con l’istituto WeResearch Ricerche di Marketing, su un campione nazionale di 402 tra persone affette da patologie reumatologiche e i loro caregiver, presentata nel corso di una conferenza stampa che si è svolta oggi a Roma.
“I vaccini svolgono un ruolo fondamentale nella promozione della salute pubblica e nella prevenzione di numerose malattie infettive – commenta Antonella Celano, presidente APMARR-Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare APS ETS –. Le malattie reumatologiche rappresentano una sfida significativa per la salute pubblica in Italia, affliggendo una vasta porzione della popolazione adulta, e non solo. Queste malattie, spesso croniche, portano a un’aumentata morbosità e mortalità, in parte dovuta a un rischio incrementato d’infezioni. I pazienti affetti da tali malattie e quelli in terapia immunosoppressiva mostrano una suscettibilità maggiore alle malattie prevenibili con i vaccini e a gravi complicazioni in caso d’infezione. La vaccinazione emerge, quindi, come strumento cruciale per ridurre tali rischi. Vista la vulnerabilità del paziente fragile, è fondamentale che anche la famiglia e il suo entourage si vaccini”. L’indagine svolta ha preso in considerazione diverse vaccinazioni tra cui il vaccino antinfluenzale, quello anti Herpes Zoster (Fuoco di Sant’Antonio), quello anti-pneumococcica, l’anti-Papilloma Virus umano e quello per combattere il virus sinciziale respiratorio.
Entrando nel dettaglio dei singoli vaccini quello antinfluenzale, secondo le linee guida elaborate dalla Società Italiana di Reumatologia, è fortemente raccomandato per le persone con malattia reumatologica over 65 e nei pazienti con malattia reumatologica di età compresa tra i 18 anni e i 65 anni che stanno assumendo o sono in previsione di una somministrazione della terapia immunosoppressiva. Nella realtà ciò si traduce in un 65,9% di persone con patologie reumatologiche che si sottopone annualmente al vaccino antinfluenzale contro più di un terzo (34,1%) che non lo fa. Tra i pazienti reumatologici sono quelli di età compresa tra i 41 e i 64 anni a essere i più restii a rinnovare l’appuntamento annuale con la vaccinazione contro l’influenza (43,1%); a livello di aree geografica invece il 40% dei residenti nel Nord Est e Nord Ovest del Paese non si sottopone annualmente al vaccino antinfluenzale. Tra coloro che non si sottopongono al richiamo annuale contro l’influenza le principali motivazioni del diniego sono dovute a: non credere che l’influenza sia una patologia di cui preoccuparsi (27,1%), la libertà di scelta individuale nel vaccinarsi (24,1%) e la paura di effetti collaterali derivanti dall’interazione con la terapia farmacologica (18,8%). Rispetto all’intenzione di sottoporsi al vaccino antinfluenzale nel corso della campagna vaccinale autunno-inverno 2024-25 invece il 77,4% intende farlo (con punte dell’81,7% tra gli over 65), contro il 22,6% che non vuole (con un picco del 29,9% tra 41 e 64 anni).
Passando alla vaccinazione contro l’Herpes Zoster (Fuoco di Sant’Antonio) emerge come il 71,6% delle persone con patologie reumatologiche non si è mai sottoposto (con un picco del 73,8% tra coloro che hanno un’età compresa tra 41 e 64 anni), pur essendo fortemente raccomandata dalle linee guida della Società Italiana di Reumatologia per i pazienti con malattia reumatologica over 18 anni in cura con terapia immunosoppressiva. Tra le ragioni del mancato rispetto della raccomandazione troviamo la scarsità d’informazioni ricevute a riguardo (49,6%), la non familiarità con l’Herpes Zoster (21,9%) e il timore di effetti collaterali (14,9%). Rispetto all’intenzione di sottoporsi nel corso dei prossimi mesi alla vaccinazione contro il Fuoco di Sant’Antonio, il 62,4% delle persone con patologie reumatologiche non lo farà (con picchi del 64% tra gli over 65 e del 71,1% tra i 41 e i 64 anni).
Nei pazienti con malattia reumatologica che stanno assumendo terapia immunosoppressiva, la vaccinazione antipneumococcica è raccomandata: però, nella realtà, tra coloro che sono a conoscenza dello pneumococco più della metà (53,9%) non si è sottoposto al vaccino. I motivi? La mancanza di gravi problemi respiratori in passato (36,8%), poche informazioni a riguardo (35,1%) e il timore d’incorrere in effetti collaterali (20,5%). Rispetto all’adesione alla campagna vaccinale antipneumococcica 2024/25, più di 8 persone su 10 (81,9%) non hanno intenzione di sottoporsi, con un picco dell’89,1% tra le persone di età compresa tra i 41 e i 64 anni. Nei pazienti con malattia reumatologica che stanno assumendo terapia immunosoppressiva e non sono stati vaccinati in precedenza la vaccinazione anti-papilloma virus umano è suggerita ma il 62,9% non vi si è sottoposto; una percentuale che sale al 66,9% tra gli over 65 e addirittura al 70% tra coloro che hanno tra i 41 e i 64 anni di età. In più di un terzo dei casi (31,2%) è la mancanza d’informazioni complete ad allontanare le persone dall’adesione alla campagna vaccinale contro il Papilloma Virus. Sono invece oltre 8 su 10 (82,3%) le persone che non hanno intenzione di sottoporsi alla vaccinazione contro l’infezione da HPV nel corso dei prossimi mesi, un dato che sale all’83,9% tra gli over 65. L’area geografica più restia a sottoporsi alla vaccinazione anti-papilloma virus umano è quella del Nord Est e Nord Ovest (84,9%).
Infine, analizzando l’atteggiamento delle persone con patologie reumatologiche e dei loro caregiver rispetto al vaccino contro il virus sinciziale moderno emerge come oltre due persone con malattie reumatologiche su tre (66,7%) non sanno cosa sia il virus e quali patologie causi. Nonostante ciò la quasi totalità (95,7%) dei futuri genitori che sono a conoscenza di cosa sia il virus sinciziale respiratorio ha intenzione di vaccinare il proprio figlio/a. “Dalla ricerca emerge un quadro a luci e ombre – spiega Matteo Santopietro, Senior Market Researcher presso l’Istituto di ricerca WeResearch –. Da una parte la maggioranza delle persone intervistate dichiara di essere favorevole ai vaccini a livello generale e di effettuare le vaccinazioni consigliate, in particolare il vaccino antinfluenzale, dall’altra, entrando nello specifico, per quanto riguarda le vaccinazioni contro l’Herpes Zoster, l’antipneumococcica e l’anti-Papilloma Virus, la maggioranza dichiara di non essersi sottoposto e, dato ancor più allarmante, la maggior parte del campione di chi non ha effettuato queste vaccinazioni, afferma di non aver intenzione di effettuarle in futuro. Per le persone che non si sono sottoposte alle vaccinazioni antipneumococcica e anti-Papilloma Virus il dato è decisamente critico: più di otto persone su 10 dichiarano che non si vaccineranno. La motivazione principale è la mancanza di informazioni sufficienti che suscita ansia, timore e preoccupazione. Si può quindi affermare – conclude Santopietro – che un’informazione capillare, completa e esaustiva da parte di tutti gli attori coinvolti, porterebbe un aumento significativo dell’incidenza delle vaccinazioni effettuate”.
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