Il punto dei vista dei pazienti con artrite reumatoide è emerso dal position paper “Innovare la presa in carico della persona con artrite reumatoide: dagli unmet needs alla personalizzazione della cura”
Personalizzare le cure: è questa la carta vincente per migliorare la qualità della vita di chi soffre di artrite reumatoide (Ar). Ne sono convinti quasi otto pazienti su 10, per la precisone il 79%. In un caso su due il piano terapeutico è, infatti, ritenuto del tutto insoddisfacente. Il punto dei vista dei pazienti con artrite reumatoide è emerso dal position paper “Innovare la presa in carico della persona con artrite reumatoide: dagli unmet needs alla personalizzazione della cura”, realizzato da Altems Advisory con il contributo di Alfasigma e il patrocinio delle associazioni dei pazienti Anmar e Apmarr, presentato al Senato su iniziativa della senatrice Elena Murelli. “Con 400mila pazienti in Italia, l’artrite reumatoide è la principale malattia invalidante in reumatologia. Colpisce la salute, ma anche la vita sociale del paziente e di chi lo assiste – spiega la senatrice Murelli -. Serve un approccio olistico. In Italia manca una rete di specialisti, aumentando così i costi indiretti per il paziente. Teleassistenza e telemedicina sono essenziali, come migliorare la diagnosi precoce e potenziare la formazione dei professionisti”.
Lo studio punta ad evidenziare i bisogni non soddisfatti nella gestione della malattia – come la diagnosi precoce, la comunicazione tra medici di famiglia e reumatologi, la gestione efficace delle comorbidità, la riorganizzazione dei servizi di cura, l’accesso all’innovazione – per poi coinvolgere le istituzioni nello sviluppo di nuovi percorsi terapeutici. Chiare le discrepanze di percezione: il 34% dei pazienti ritiene di non aver ricevuto una diagnosi tempestiva, contro il 32% dei medici che la ritiene pratica comune. Il 44,78 dei clinici considera positiva la gestione delle comorbidità, percezione condivisa da solo il 27,91% dei pazienti, insoddisfatti per il 20%. L’insoddisfazione per il piano terapeutico, inoltre, indica la necessità di una revisione, anche perché l’aderenza a esso è fondamentale. “Personalizzare il trattamento in base alle condizioni cliniche e allo stile di vita migliora l’efficacia delle cure – dice Filippo Rumi, ricercatore Altems -. Occorre comprendere e valorizzare aspettative e priorità dei pazienti”.
Per Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc Reumatologia all’ospedale San Camillo e presidente della Società italiana di reumatologia (Sir), intervistato dall’Ansa in occasione della presentazione del position paper, “con i nuovi trattamenti farmaceutici si è aperto un orizzonte di speranza per i pazienti con artrite reumatoide”. Il trattamento della malattia, ad oggi, “si basa su immunosoppressori convenzionali come il metotrexato, cheutilizziamo da 40 anni, efficace e funzionante in una certa percentuale di pazienti”. Ma a cambiare la vita del paziente, continua Sebastiani, “sono stati i farmaci biologici introdotti a inizio secolo. Immunosoppressori diretti contro specifici meccanismi patogenetici, che hanno rivoluzionato e migliorato moltissimo la vita del paziente”. Terapie in grado “di mandare in remissione la malattia e evitare l’accumulo di danno, che è irreversibile e principale causa di morbidità e comorbidità, di invalidità e mortalità”. Ulteriore innovazione, nel decennio successivo, è stata rappresentata “dalle piccole molecole tarteted-synthetic, farmaci antireumatici modificanti la malattia (Dmard) – spiega il presidente Sir -. Farmaci diretti contro alcune citochine a somministrazione orale, che possono facilitare l’aderenza alla terapia da parte delle persone. Agiscono molto velocemente e, altrettanto velocemente, cessano di funzionare in caso sia necessaria una sospensione”. Fra questi rientrano “i Jak-inibitori: inibitori della janus chinasi, recettore della membrana che favorisce la produzione di citochine pro-infiammatorie”, evidenzia Sebastiani, che conclude: “Tanti farmaci sono stati sviluppati, e molti ne stanno arrivando. Un progresso significativo, un orizzonte di speranza buono per chi è affetto da una malattia considerata fino a poco tempo fa non trattabile”.
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