Cafasso (ALTo): “La sopravvivenza a cinque anni delle pazienti che scoprono la malattia ad un primo stadio si aggira intorno al 85-90%, percentuale che si riduce drasticamente al 17% nel quarto stadio”
Diagnosi precoce del cancro delle ovaie con un semplice test delle urine: è questo l’obiettivo a cui puntano i ricercatori della Commonwealth University che, come promesso dagli stessi scienziati nel corso del 68th Biophysical Society Annual Meeting a Philadelphia, in Pennsylvania, potrebbe presto diventare realtà. “La comunità ALTo accoglie con entusiasmo questa notizia che potrebbe segnare un punto di svolta nella diagnosi precoce del cancro ovarico. Come evidenziato anche dalle linee guida AIOM 2021, lo stadio di malattia alla diagnosi risulta essere il fattore prognostico principale del tumore ovarico – dice Maria Teresa Cafasso, presidente dell’Associazione Lotta al Tumore Ovarico (ALTo), in un’intervista a Sanità Informazione, commentando la recente notizia di una possibile diagnosi precoce del cancro delle ovaie attraverso un test delle urine.
“La sopravvivenza a cinque anni delle pazienti che scoprono la malattia ad un primo stadio si aggira intorno al 85-90%, percentuale che si riduce drasticamente al 17% nel quarto stadio (linee guida AIOM 2021) per cui ci auguriamo che, come avvenuto per il cancro alla cervice uterina, attraverso semplici esami di routine si riesca ad intercettare questa malattia sul nascere”, aggiunge la Presidente Cafasso. Una ricerca precedente ha mostrato che ci sono migliaia di piccole molecole, chiamate peptidi, nelle urine delle donne con cancro ovarico. Gli esperti della Commonwealth University hanno cercato un nuovo approccio per rilevare più facilmente quei peptidi nelle urine in modo low cost. Il team ha usato la tecnologia dei nanopori, che ha il potenziale per rilevare contemporaneamente più peptidi. In pratica il metodo prevede il passaggio di molecole attraverso un minuscolo poro, o nanoporo, e in questo modo si ottiene la misurazione di diverse proprietà delle molecole.
Il metodo è in grado di identificare contemporaneamente più peptidi: nello studio gli esperti hanno identificato e analizzato 13 peptidi, tra cui quelli derivati da LRG-1, un biomarcatore trovato nelle urine delle pazienti con cancro ovarico. I dati clinici mostrano un miglioramento del 50-75% nella sopravvivenza a cinque anni quando i tumori vengono rilevati nelle loro fasi più precoci. Secondo i ricercatori “il sistema messo a punto in questo studio indirizza verso la possibilità di sviluppare un test semplice che, combinato con altre informazioni come i test del sangue, l’ecografia transvaginale e la storia familiare, in futuro possa migliorare la diagnosi precoce del cancro ovarico”.
“L’Associazione lotta al tumore ovarico – conclude la Presidente Cafasso – auspica sviluppi positivi anche nella ricerca di nuove cure che possano dare speranza a chi già ha scoperto o scopre la malattia in uno stadio avanzato”.
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