In un’intervista a Sanità Informazione, Loredana Ligabue (CARER) e Isabella Mori (Cittadinanzattiva) presentano i quattro punti chiave del Manifesto e i risultati di un’indagine che ha dato voce alle esigenze di circa 600 caregiver familiari
“Definire in modo più ampio e dettagliato la figura del caregiver, riconoscendone diritti e tutele anche se non convive o non è un familiare della persona assistita. Permettere il suo coinvolgimento attivo nella stesura del cosiddetto Progetto di vita o Progetto Assistenziale Individualizzato della persona assistita (normative regionali e Art. 39 Dlgs 29/24), in modo che sia espressione anche dei suoi bisogni di caregiver. Ancora, prevedere l’attivazione di tutele crescenti rapportate al carico assistenziale e agli impatti/bisogni del caregiver. Infine, mettergli a disposizione risorse congrue per garantire una effettiva esigibilità delle tutele ed essere così una concreta base di partenza per il disegno e l’attuazione di servizi e sostegni dedicati a chi si prende cura”. È Loredana Ligabue, segretaria dell’Associazione Caregiver Familiari CARER, in un’intervista a Sanità Informazione, a descrivere i quattro criteri necessari affinché la Legge sui caregiver familiari sia davvero inclusiva ed equa. I quattro punti chiave sono gli elementi centrali del MANIFESTO APPELLO “Caregiver: per una Legge inclusiva e di equità sociale”, presentato oggi da CARER e Cittadinanzattiva durante una conferenza stampa alla Camera dei Deputati. Il Manifesto è stato già sottoscritto da 104 realtà, di cui 16 Comuni, ed 88 fra associazioni, organizzazioni professionali e organizzazioni sindacali (l’elenco completo in fondo all’articolo). “Il Manifesto – continua Ligabue -, da oggi, potrà essere sottoscritto anche da altri soggetti e i singoli cittadini attraverso la piattaforma Change“.
“Le richieste contenute nel nostro Manifesto emergono anche dalla voce dei circa 600 caregiver familiari che Cittadinanzattiva ha coinvolto in una recente indagine online (INDAGINE CIVICA CAREGIVER FAMILIARI_CITTADINANZATTIVA), uno spaccato di quei circa otto milioni di persone che si prendono cura di un proprio caro/a, non sempre familiare o convivente ma anche una persona alla quale si è legati da un rapporto di amicizia, affetto – aggiunge Isabella Mori, responsabile area tutela di Cittadinanzattiva e che ha rappresentato l’associazione all’interno del Tavolo tecnico istituito da su iniziativa del Ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli e del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone -. Dopo anni d’attesa, siamo ad un passo dall’approvazione di una legge statale che potrebbe finalmente definire la figura del caregiver familiare e riconoscerne i diritti individuali. Per questo ci auguriamo che la nuova normativa tenga conto delle richieste che avanziamo nel Manifesto e che si investa in campagne di comunicazione ed informazione ai diretti interessati”.
Tra agosto e settembre di quest’anno, Cittadinanzattiva ha diffuso una indagine online alla quale hanno risposto circa 600 caregiver familiari. Oltre il 29% è caregiver da più di cinque anni, un ulteriore 25% da più di dieci anni. Emerge dunque chiaramente che il lavoro di caregiver è svolto per lunghi o lunghissimi periodi di tempo, spesso da una stessa e unica persona. Le conseguenze? Quasi il 45% si sente poco realizzato personalmente e più della metà (55,8%) dichiara di aver poco tempo per la sua sfera personale, anche se pensa di essere molto utile (55,8%) per la persona di cui ha cura. Inoltre il 73,4% afferma di aver dovuto rinunciare al lavoro o allo studio per alcuni periodi della propria vita. La gran parte (52%) non sa se nella sua Regione vi sia una Legge dedicata ai caregiver e questa inconsapevolezza è diffusa anche tra vive in regioni che hanno attivato normative a loro tutela. Rispetto alla previsione di una legge nazionale, i soggetti rispondenti vorrebbero una normativa che riconosca il ruolo a tutti i caregiver familiari, siano essi conviventi o meno (78,8%) e a prescindere dal vincolo di parentela (71,4%). La quasi totalità (92%) ritiene che la legge debba garantire nuove tutele e diritti di tipo “crescente”, cioè ad una maggiore intensità di cura e impegno dovrebbero corrispondere maggiori tutele. Inoltre il 91% vorrebbe avere un ruolo “attivo” nella stesura del progetto di vita individuale.
“Il lungo percorso per il riconoscimento dei diritti di chi si prende cura ha profonde radici nelle associazioni dei familiari, nelle iniziative delle Organizzazioni Sindacali, nei Comuni e nelle Regioni che hanno legiferato in merito nelle materie di competenza. Ora è lo Stato che deve normare diritti e tutele a valere per tutti i cittadini italiani che assistono nel lungo periodo i propri cari, attraverso una legge inclusiva e di equità sociale ed attraverso un’ampia convergenza dei Gruppi parlamentari. Sincera gratitudine a tutti i soggetti che hanno già sottoscritto il nostro appello e a tutti coloro che, nei prossimi giorni vorranno unirsi a noi rafforzando le nostre proposte”, conclude Loredana Ligabue, segretaria dell’Associazione Caregiver Familiari CARER.
Pronta la risposta delle Istituzioni: “Attualmente – conclude la deputata dem Ilenia Malavasi, componente della commissione Affari sociali, a margine della conferenza stampa alla Camera dei Deputati. – l’Emilia-Romagna è la prima regione che ha normato con una legge questa figura, seguita da altre 12 regioni. La legge nazionale deve sanare anche una difformità territoriale che penalizza il diritto di circa otto milioni di cittadini e soprattutto donne in età lavorativa, che per scelta, necessità od obbligo spesso rinunciano al lavoro per assistere i propri cari. Il lavoro di cura è un valore, ma va riconosciuto senza indugio”.
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