Il Presidente dell’ANED: “Questa patologia, almeno agli esordi, non dà segni di sé, è subdola e silenziosa. I primi sintomi compaiono spesso quando la malattia renale cronica è in uno stadio avanzato e l’insufficienza renale è già molto grave”
“Assicurare la dialisi a tutti i pazienti con malattia renale cronica in stadio avanzato era la nostra priorità. Oggi, invece, il nostro principale impegno è la prevenzione, poiché solo grazie ad una diagnosi precoce è possibile cambiare la storia dei pazienti e il decorso della malattia”. È così che Giuseppe Vanacore, Presidente dell’Associazione Nazionale Emodializzati, Dialisi e Trapianto APS (ANED), in un’intervista a Sanità Informazione, sintetizza i cambiamenti intercorsi nell’oltre mezzo secolo di storia dell’Associazione che presiede, fondata a Milano nel 1972. Un italiano su dieci soffre di malattia renale cronica e, spesso, non lo sa: “Questa patologia, infatti, almeno agli esordi, non dà segni di sé, è subdola e silenziosa – continua Vanacore -. I primi sintomi compaiono spesso quando la patologia è in uno stadio avanzato e l’insufficienza renale è già molto grave”.
“Eppure – assicura il Presidente dell’Aned – la prevenzione è poco invasiva e ancor meno costosa. Si tratta di due semplici esami: uno ematico per la misurazione della creatininemia e uno delle urine per misurare i livelli di albumina, entrambi in grado di rivelare eventuali alternazioni della funzione renale. Questi accertamenti potrebbero essere prescritti dal medico di famiglia partendo dalle fasce di popolazione ritenute più a rischio. Da numerose evidenze scientifiche è chiaramente emerso che questa malattia origina da alcuni disturbi del metabolismo che si manifestano anche attraverso altre problematiche come: pressione alta, diabete, obesità. Ed è, dunque, proprio a questi individui che dovremmo prestare la massima attenzione, impiegando i mezzi di prevenzione di cui disponiamo”.
Ma se la prevenzione è poco invasiva e costosa cosa ne impedisce una diffusione più capillare? “La prevenzione è tra gli ambiti più trascurati dal nostro Sistema Sanitario Nazionale fin dalla sua fondazione – risponde il Presidente dell’ANED – . Allo scarso orientamento alla promozione dei corretti stili di vita si aggiunge, poi, un’altra criticità che affligge l’intero Sistema: la carenza di personale – racconta Vanacore -. La maggior parte del personale medico e sanitario specializzato in nefrologia è impiegato nei centri dialisi, con una conseguente carenza di specialisti sul territorio. In Italia ci sono circa 50mila dializzati, ma le persone con malattia renale che, per i motivi più svariati, avrebbero bisogno di assistenza e cura sono circa 5-6 milioni. Riuscire a posticipare l’inizio della dialisi anche di un solo anno per ognuna di queste persone significherebbe allungargli la vita e migliorarne la qualità complessiva. Anche il SSN ne gioverebbe: la dialisi per un solo paziente ogni anno costa circa 40-45mila euro, soldi che potrebbero essere risparmiare investendo, per lo stesso paziente e nello stesso anno, poche centinaia di euro in prevenzione”, assicura il presidente dell’ANED.
Il secondo obiettivo da raggiungere per rispondere ai principali bisogni insoddisfatti delle persone affette da malattia renale cronica è l’implementazione della ricerca scientifica. “ I risultati raggiunti finora all’interno dei laboratori italiani sono molto incoraggianti – spiega il Presidente Vanacore –, soprattutto perché hanno permesso di ampliare le possibilità terapeutiche. Ma di strada da fare ce n’è ancora molta, soprattutto nell’ambito della genetica e nella sperimentazione di trapianti d’organo alternativi a quelli umani”. Il 21 marzo di quest’anno è stata divulgata la notizia del primo trapianto al mondo di un rene di maiale geneticamente modificato in un uomo di 62 anni affetto da malattia renale allo stadio terminale. “Una notizia – commenta Vanacore – che dona speranza a quanti sono in attesa di trapianto. Il tempo che un paziente con malattia renale cronica trascorre dal momento dell’iscrizione alla lista trapianti all’effettiva operazione chirurgica è ancora troppo lungo ed anche assai diversificato a seconda della Regione in cui vive”.
Ma anche a questo, nell’attesa che la scienza migliori le prospettive degli xenotrapianti, si potrebbe porre un rapido rimedio a costo zero. “Chi soffre di questa patologia dovrebbe ricevere informazioni precise e chiare sulle possibilità di cura a breve e lungo termine, compreso il trapianto da vivente, sin dal momento della diagnosi. Questo permetterebbe di inserire i pazienti nelle liste di attesa dei trapianti prima ancora che comincino la dialisi”. Comunicare in modo più puntuale ed efficace dovrebbe essere un obiettivo da estendere a tutta la popolazione: “Parlare di malattia renale cronica anche a chi non ne è affetto significa sensibilizzare tutta la cittadinanza sull’importanza della donazione del organi. Oggi, la percentuale di coloro che si oppongono alla donazione è ancora piuttosto alta, si aggira intorno al 30%. Ma delle indagini specifiche hanno dimostrato che la maggior parte dei parenti che hanno rifiutato di donare gli organi di un proprio caro appena deceduto, potendo tornare indietro, darebbero il loro consenso. Al contrario, chi ha detto sì è rimasto dello stesso parere anche a molti mesi di distanza. La donazione degli organi è un atto d’amore incondizionato che mette in contrasto due situazioni estreme: da un lato la morte, dall’altro la possibilità di una nuova vita. Possibilità che – conclude Vanacore – nessuna persona al mondo dovrebbe vedersi negata”.
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