Leone (AMICI ETS): “Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali presentano una serie complessa di sfide per i pazienti che ne sono affetti, che variano non solo in base alla gravità e alla fase della malattia, attiva o in remissione, ma anche in relazione all’età del paziente. I costi indiretti della malattia, spesso sottovalutati, influenzando profondamente la qualità di vita”
Colpiscono quasi 7 milioni di persone in tutto il mondo, circa 250mila in Italia, con un’incidenza stimata intorno ai 10-15 nuovi casi su 100mila abitanti ogni anno. Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI) causano disabilità spesso invisibili e, allo stesso tempo, incidono in maniera molto pesante sulla vita quotidiana dei pazienti. “Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali presentano una serie complessa di sfide per i pazienti che ne sono affetti. Queste sfide variano non solo in base alla gravità e alla fase della malattia, attiva o in remissione, ma anche in relazione all’età del paziente, con specifiche considerazioni per la pediatria. I costi indiretti della malattia, spesso sottovalutati, rappresentano un significativo onere per i pazienti e le loro famiglie, influenzando profondamente la loro qualità di vita”, spiega Salvo Leone, Direttore Generale AMICI ETS, Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino, in un’intervista a Sanità Informazione.
Negli ultimi 10 anni, le diagnosi di nuovi casi e il numero di pazienti sono aumentati di circa 20 volte e si stima che, nei prossimi 10 anni, possa verificarsi una crescita della prevalenza di oltre il 30%-40%. Queste patologie manifestano un andamento cronico-recidivante, con un’alternanza di periodi di remissione e di riacutizzazione: “La gravità della malattia e la sua fase attuale giocano un ruolo cruciale nel determinare i bisogni specifici dei pazienti. Nelle fasi attive – spiega il Direttore Generale AMICI ETS – l’accesso rapido a cure specializzate e la gestione efficace del dolore e dei sintomi sono prioritari. Durante la remissione, l’attenzione si sposta sul mantenimento dello stato di salute, prevenendo le recidive e gestendo gli aspetti psicosociali e economici della vita con una malattia cronica”.
I sintomi della Malattia di Crohn sono di differente gravità e possono includere: diarrea persistente, dolore addominale, perdita di appetito e di peso. Una sintomatologia simile si riscontra anche nei casi di Colite Ulcerosa. Da tutti questi sintomi derivano anche numerosi costi indiretti: “La perdita di produttività lavorativa, le spese legate a diete speciali, il bisogno di supporto psicologico e le modifiche dello stile di vita necessarie per gestire la malattia sono solo alcuni di questi costi indiretti – aggiunge Leone -. Questi costi possono essere particolarmente gravosi durante le fasi attive della malattia, quando i sintomi sono più severi e richiedono interventi medici intensivi, ma persistono anche durante i periodi di remissione, data la necessità di monitoraggio continuo e di mantenimento delle strategie di diagnosi precoce”.
In Italia sono circa 150mila, più di 2 milioni nel mondo, le persone che convivono con la Malattia di Crohn, che viene più frequentemente diagnosticata tra i 20 e i 30 anni, anche se in realtà può manifestarsi a qualsiasi età, compresa quella pediatrica. “Nei pazienti pediatrici, le MICI pongono sfide aggiuntive legate alla crescita, allo sviluppo e all’educazione. I bambini e gli adolescenti con MICI – spiega il direttore generale Leone – possono affrontare difficoltà nell’assunzione di nutrienti essenziali, ritardi nella crescita e nello sviluppo puberale, nonché problemi psicosociali legati all’assenza scolastica e all’isolamento dai coetanei. Inoltre, la gestione delle MICI in età pediatrica richiede un approccio delicato e personalizzato, che tenga conto delle esigenze emotive e psicologiche specifiche di questa fascia d’età”.
Dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi possono passare anche cinque anni, seppur nella maggior parte dei casi, il ritardo diagnostico è oggi inferiore a 6 mesi ed è differente, tra colite ulcerosa (più breve) e Malattia di Crohn (spesso più lungo). “Le differenze regionali nell’accesso alle cure e nei servizi di supporto possono accentuare i bisogni insoddisfatti dei pazienti con MICI. Alcune regioni offrono modelli di cura integrati e multidisciplinari, che rappresentano esempi virtuosi di come affrontare complessivamente le sfide poste dalle MICI. Questi centri di eccellenza forniscono non solo cure mediche specializzate ma anche supporto nutrizionale, psicologico e educativo, indirizzando così i vari aspetti della malattia”, aggiunge Leone.
Nel corso del 2023, l’Associazione AMICI ETS ha realizzato un’indagine su un campione composto da 1.039 pazienti, il 58% donne e 42% maschi, tra cui il 47% con Malattia di Crohn e il 53% con Colite Ulcerosa. Nel corso dell’ultimo anno, il 14% di loro ha subito un ricovero, il 38% un intervento chirurgico e l’89% sta attualmente seguendo una terapia farmacologia. La conoscenza della Malattia di Crohn è risultata piuttosto scarsa: solo il 20% conosce la probabilità di sviluppare una complicanza intestinale. Tra i pazienti affetti da Colite Ulcerosa nessuno sa indicare l’evoluzione negativa dell’andamento della patologia nel corso del tempo.
“I pazienti con IBD – commenta Leone – portano una prospettiva unica e preziosa, forgiata dalla loro esperienza quotidiana con la malattia. Questa prospettiva è indispensabile per illuminare aspetti spesso trascurati dalla ricerca tradizionale e dalla formulazione delle politiche. L’esperienza vissuta dai pazienti può guidare lo sviluppo di trattamenti più mirati, evidenziare aree di ricerca prioritarie e assicurare che le soluzioni proposte rispondano effettivamente alle esigenze dei pazienti. Il coinvolgimento dei pazienti nei processi decisionali e nella ricerca può significativamente migliorare l’efficacia delle cure e l’allocazione delle risorse sanitarie. I pazienti possono contribuire a definire gli obiettivi di ricerca, influenzando direttamente lo sviluppo di nuovi trattamenti e l’adozione di pratiche cliniche che riflettano le reali necessità. Allo stesso modo, la loro partecipazione ai tavoli istituzionali assicura che le politiche sanitarie siano formulate tenendo conto delle esperienze di chi vive ogni giorno con l’IBD, promuovendo un accesso equo alle cure e il sostegno alla ricerca”.
In questo scenario, l’associazione AMICI Italia emerge come un punto di riferimento di supporto e guida per coloro che navigano nel complesso percorso della gestione delle MICI. “Attraverso numerose iniziative e proposte, AMICI Italia si dedica a migliorare la qualità della vita dei pazienti, promuovendo un cambiamento positivo a livello individuale e collettivo. AMICI Italia si impegna attivamente nell’advocacy, lavorando a stretto contatto con i decisori politici per garantire che i diritti e le necessità dei pazienti con MICI siano prioritari. L’obiettivo è migliorare l’accesso alle cure, assicurare una copertura adeguata dei costi delle terapie e fornire supporto psicologico, affrontando così alcuni dei bisogni insoddisfatti più critici. Parallelamente – conclude Leone -, le campagne di sensibilizzazione mirano a educare il pubblico sulle MICI, riducendo lo stigma e promuovendo una maggiore comprensione delle sfide quotidiane affrontate dai pazienti”.