Intervista a Serena Massucci, Chief Scientific Officer di Mitocon, organizzazione di riferimento in Italia per i pazienti e per i loro familiari
“Negli ultimi anni la ricerca scientifica nell’ambito delle malattie mitocondriali è sempre più attiva ma, ad oggi, le terapie a disposizione sono pochissime ed altrettanto esiguo è il numero di patologie che è possibile trattare. La ‘quantità’ non è l’unico limite: anche laddove esiste una terapia, come nel caso della TK2 deficiency – una forma che insorge prevalentemente in età pediatrica per la quale è disponibile un trattamento sperimentale – la malattia non viene eradicata, semplicemente se ne rallenta la progressione. Ancora, questi trattamenti per risultare efficaci devono essere somministrati quando la patologia è al suo esordio. Garantire una diagnosi precoce a tutti i pazienti è, dunque, la priorità assoluta”. Serena Massucci, chief scientific officer di Mitocon, l’organizzazione di riferimento in Italia per le persone affette da malattie mitocondriali e per i loro familiari, descrive così, in un’intervista a Sanità Informazione, uno dei principali obiettivi perseguiti dall’Associazione: assicurare una diagnosi appropriata e tempestiva a tutti i pazienti affetti da malattie mitocondriali.
“Fino a poco più di dieci anni fa il ritardo diagnostico era di circa 10 anni, oggi si è dimezzato e, in media, una diagnosi certa viene offerta a circa 4-5 anni dalla comparsa dei primi sintomi. La biopsia muscolare e il sequenziamento dell’esoma sono gli esami in grado di offrire un’equivocabile diagnosi, accertamenti diagnostici che, tuttavia, devono essere prescritti con appropriatezza, ovvero di fronte ad un fondato sospetto della malattia – spiega Massucci -. Sono i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e medici di pronto soccorso i primi a poter ‘sospettare’ la presenza di malattie mitocondriali, per questo – aggiunge la chief scientific officer di Mitocon – è necessario che siano adeguatamente formati e informati sulle malattie mitocondriali, affinché siano in grado di riconoscerne segni e sintomi”.
Queste malattie costituiscono un gruppo molto eterogeneo di patologie ereditarie causate da alterazioni nel funzionamento dei mitocondri. Si distinguono due grandi gruppi nosologici, a seconda che il difetto genetico sia localizzato nel DNA mitocondriale “mtDNA” (quadri clinici sporadici o a ereditarietà matrilineare) o nel DNA nucleare “nDNA” (quadri a ereditarietà autosomica, cioè secondo le regole mendeliane). Gli effetti delle mutazioni che colpiscono i complessi della catena tendono a essere multisistemici, cioè a interessare diversi organi e tessuti dell’organismo, in maniera non sempre prevedibile e quantificabile. “Sono caratterizzate da una notevole variabilità clinica sia per quanto riguarda l’età d’insorgenza, che per l’evoluzione e i tessuti coinvolti – dice Massucci – . Ciò che ha reso difficoltoso lo studio nel corso degli anni di queste patologie è, infatti, proprio la variabilità delle manifestazioni cliniche. Tuttavia, la caratteristica comune è l’intolleranza agli sforzi, il facile affaticamento e l’accumulo di acido lattico nei tessuti muscolari quando la respirazione mitocondriale è insufficiente”.
Apparato muscolare, sistema nervoso centrale e periferico sono quelli più frequentemente coinvolti, ma le malattie mitocondriali possono compromettere anche le vie visive e uditive, il sistema gastroenterico, i reni, i sistemi endocrino, cardiocircolatorio ed ematopoietico. Emicrania, mioclono, regressione-ritardo psicomotorio, demenza, emiparesi, convulsioni, atassia, emianopsia, cecità corticale, distonia, parkinsonismo, tremore sono solo le principali manifestazioni della malattia mitocondriale quando colpisce il sistema nervoso centrale. Retinopatia pigmentosa, cataratta, atrofia ottica sono quelle che coinvolgono l’apparato visivo. Sordità e ipoacusia neurosensoriale riguardano l’apparato acustico. “Alla luce di questi sintomi e di fronte ad un sospetto di malattia mitocondriale, i pazienti devono essere indirizzati verso centri di cura specializzati, presenti in diverse Regioni, dal Nord al Sud: dalla Sicilia, a Napoli, a Roma, a Pisa, Bologna, Milano, Torino, fino alla Liguria”, spiega la chief scientific officer di Mitocon.
“I centri specializzati nella presa in carico di pazienti affetti da malattie mitocondriali sono dislocati in maniera piuttosto omogenea, non lasciando nessuna zona d’Italia ‘scoperta’. Costituiscono una rete inter-operativa che condivide anche un Registro con tutti i dati relativi ai pazienti in cura. Questo data-base è di fondamentale importanza, ma per essere ancora più utile, soprattutto nell’ambito della ricerca scientifica, andrebbe incrementato anche con le informazioni di coloro che sono in cura in reparti ospedalieri e non direttamente nei Centri Specializzati. La frammentazione delle informazioni rappresenta un grosso limite e superarlo – dice Massucci – è un altro degli obiettivi a cui punta MItocon”.
Il DNA mitocondriale si eredita solo dalla mamma, pertanto le donne con mutazioni nel DNA mitocondriale possono trasmettere la malattia mitocondriale ai figli. “Per questo Mitocon ha promosso, attraverso un disegno di legge ad hoc che attende di essere discusso in Commissione Sanità al Senato, l’avvio delle tecniche di sostituzione mitocondriali per le donne portatrici della malattia. In altre parole, sono tecniche di procreazione medicalmente assistita che consentono si di sostituire i mitocondri ‘malati’ di un embrione con mitocondri sani di una donna donatrice, che – conclude Massucci – potrebbero permettere la nascita di un figlio altrettanto sano”.
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