“La ricerca e l’innovazione tecnologica hanno contribuito a fornire nuove opportunità per il trattamento di diverse patologie genetiche. Oggi, per alcune di queste, è possibile cambiare la storia naturale e il destino a lungo termine di questi bambini e delle loro famiglie. Sono malattie metaboliche, neuromuscolari, con deficit del sistema immunitario, singolarmente rare, ma insieme un ambito rilevante anche sul piano sociale ed epidemiologico”. Con queste parole il Prof. Massimo Agosti, Presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN), a pochi giorni dalle celebrazioni della Giornata delle Malattie Rare, accende i riflettori sul tema dello Screening Neonatale Esteso (SNE), che permette l’identificazione precoce e la presa in carico tempestiva del piccolo, con la diversità dei pannelli seguiti dai centri di riferimento delle varie regioni, non ha solo implicazioni clinico-assistenziali e organizzative. Insieme alla SIN, lanciano l’appello UNIAMO, Federazione Italiana Malattie Rare e SIMGePeD – Società Italiana Malattie Genetiche Pediatriche e Disabilità Congenite.
Screening per la SMA attivo in 13 Regioni
“Ad oggi, oltre alle 49 patologie obbligatorie per tutte le Regioni, lo screening per la SMA risulta attivo in 13 Regioni (e in altre 5 è in programma l’avvio di progetti sperimentali). Per le malattie da accumulo lisosomiale lo screening è effettuato in 5 regioni e non per tutte le patologie e nello specifico in Friuli-Venezia Giulia, Puglia, Veneto, Toscana e Abruzzo. Infine, lo screening per l’immunodeficienza combinata grave (SCID) è ad oggi effettuato in 6 Regioni: Veneto, Liguria, Toscana, Abruzzo, Puglia e Sicilia ed è in fase di prossimo avvio in Lombardia, in Emilia-Romagna e in Umbria – spiega la dott.ssa Annalisa Scopinaro, Presidente UNIAMO -. Il fatto che l’ampliamento del pannello screening debba essere approvato con i decreti LEA rende praticamente impossibile garantire un aggiornamento al passo con le nuove terapie. Alcune Regioni attivano progetti sperimentali, creando di fatto disuguaglianze fra cittadini dello stesso Stato. Occorre che il Governo, come previsto dalla legge, aggiorni i LEA con cadenza annuale e che il Gruppo di Lavoro costituito per l’ampliamento dello SNE sia costantemente convocato per esaminare le possibili nuove patologie da inserire”.
L’80% delle malattie rare ha un’origine genetica
La concezione universalistica del nostro sistema sanitario non prevede che possano esistere diversità di trattamento su ambiti così rilevanti per la sopravvivenza e la salute tra neonati, sulla base del luogo di nascita o di residenza, tuttavia, le disomogeneità territoriali nella esecuzione dello Screening Neonatale Esteso sono causa di disuguaglianze tra i neonati che nascono nel nostro Paese, in rapporto alla regione in cui risiedono e vengono alla luce. Un profilo di differenza che ha le radici nella organizzazione su base regionale del nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e sul mancato perfezionamento legislativo delle norme che regolano l’applicazione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) nelle regioni. “Si calcola che circa l’80% delle malattie rare abbia un’origine genetica e che di queste il 70% sia già presente alla nascita. La conoscenza di queste malattie è un tassello fondamentale per la vita dei pazienti ed i neonatologi hanno un ruolo fondamentale nella diagnosi”, aggiunge il Prof. Giovanni Corsello, Presidente Commissione di Etica Clinica in Neonatologia della SIN.
Puntare sulla formazione
“Tra gli obiettivi prioritari della SIN vi è quello di organizzare, in collaborazione con la SIMGePeD, degli eventi formativi che forniscano metodologie e strumenti indispensabili ad un team per la corretta presa in carico del neonato con sospetta malattia genetica e/o sindrome malformativa”, prosegue il dott. Luigi Memo, Segretario del Gruppo di Studio di Genetica Clinica Neonatale della SIN. La terapia genica è diventata una realtà nella gestione clinica di molte malattie monogeniche. Grazie ai test genetici di nuova generazione, la diagnosi delle malattie ereditarie si è fatta sempre più precisa sia per quanto riguarda i soggetti affetti, che i portatori. Sempre più spesso i test genetici non servono solo per confermare o per porre una diagnosi di malattia, ma consentono di selezionare quei pazienti da sottoporre a trattamenti innovativi.
Serve un cambio di prospettiva
L’obiettivo è di modificare la prospettiva, passando da una prevenzione delle malattie genetiche che prevede l’interruzione di gravidanze, dopo una diagnosi di patologie prive di trattamento efficace o risolutivo, ad una prevenzione secondaria o terziaria in grado di impedire, in toto o in parte, le manifestazioni cliniche della malattia, attraverso una terapia mirata ed eziologica, consistente nella sostituzione o nella correzione del gene mutato. Nuovi approcci tecnologici hanno aperto opportunità di trattamento farmacologico per malattie genetiche come la SMA (Atrofia Muscolare Spinale), che si caratterizzano per rilevanza epidemiologica e la necessità di una diagnosi tempestiva.
Questione di etica
“Lo screening neonatale esteso rappresenta uno strumento prezioso di prevenzione di una fetta importante di condizioni metaboliche e genetiche rare. È pertanto fondamentale che la sua applicazione venga favorita e supportata in tutti i suoi aspetti (dalla diagnosi laboratoristica, alla presa in carico clinica), in tutto il territorio nazionale. Questo impegno rappresenta un dovere etico e morale di civiltà a cui tutti devono dare priorità assoluta”, conclude il Dott. Angelo Selicorni, Presidente SIMGePeD. Questi sono temi strategici per la nostra popolazione, che medici e personale sanitario devono condividere con le Società scientifiche e le Associazioni, affinché le Istituzioni possano intervenire in una logica di erogazione di servizi essenziali e di rispetto per i diritti fondamentali dei neonati e delle loro famiglie.
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