Advocacy e Associazioni 17 Marzo 2025 15:27

Mieloma multiplo. “La sopravvivenza aumenta, ma recidive e infezioni restano una minaccia”

In occasione del mese di sensibilizzazione sul mieloma multiplo, l’AIL pone l’attenzione su tre aspetti fondamentali per chi convive con questa patologia: l’aumento della sopravvivenza globale, la qualità della vita e le problematiche infettivologiche
di I.F.
Mieloma multiplo. “La sopravvivenza aumenta, ma recidive e infezioni restano una minaccia”

Negli ultimi dieci anni, la sopravvivenza globale dei pazienti con mieloma multiplo è significativamente migliorata grazie ai progressi della ricerca scientifica e delle nuove terapie. Trattamenti innovativi come gli inibitori dei proteasomi, gli anticorpi monoclonali e le terapie cellulari hanno reso possibile un incremento della aspettativa di vita: dai 3-5 anni di una decina di anni fa agli attuali 7-10 anni e oltre. Per alcuni pazienti è addirittura possibile parlare di remissione, una condizione in cui i segni della malattia scompaiono temporaneamente o in modo duraturo. Tuttavia, il rischio di recidiva non può ancora essere escluso. Inoltre, se da un lato la maggiore longevità dei pazienti è una conquista straordinaria, dall’altro porta con sé nuove sfide, prima fra tutte l’aumento del rischio di infezioni. Queste colpiscono tra il 40% e il 60% dei pazienti, a causa sia della compromissione del sistema immunitario provocata dalla malattia, sia dagli effetti collaterali delle terapie. La prevenzione e la gestione tempestiva delle infezioni sono quindi cruciali per garantire una migliore qualità di vita ai pazienti. Un altro elemento chiave è proprio la qualità della vita, che va oltre la sopravvivenza e comprende il benessere fisico, psicologico e sociale. Sintomi come dolore, fatica e difficoltà motorie devono essere adeguatamente gestiti per consentire ai pazienti di condurre una vita il più possibile normale. È necessario un approccio multidisciplinare che metta al centro la persona, garantendo supporto medico, psicologico e sociale. Per approfondire questi temi e offrire una visione su come cercare di affrontare al meglio la convivenza con il mieloma multiplo, AIL, in occasione del mese di sensibilizzazione sul mieloma multiplo, ha intervistato tre importanti specialisti nel campo dell’oncoematologia.

L’aumento della sopravvivenza globale

“Il mieloma multiplo rappresenta la seconda neoplasia ematologica per incidenza. È una malattia che, negli ultimi vent’anni, ha visto un cambiamento radicale nell’armamentario terapeutico. Questo progresso ha permesso di ottenere un significativo miglioramento della sopravvivenza globale, ovvero il tempo che intercorre dal momento della diagnosi e, in particolare, dall’inizio del primo trattamento – spiega Ombretta Annibali,  Responsabile Day Hospital Ematologico Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma -. Nel corso degli anni, la sopravvivenza globale è aumentata notevolmente, arrivando oggi a valori che si attestano anche intorno agli otto anni. Questo è stato possibile grazie a una conoscenza più approfondita della malattia e all’introduzione di farmaci con meccanismi d’azione innovativi. Si è passati da terapie più tradizionali a farmaci mirati sulla cellula del mieloma, ovvero sulla plasmacellula. I primi farmaci impiegati sono stati gli inibitori del proteasoma, che agisce su un meccanismo essenziale per la sopravvivenza della cellula neoplastica. Successivamente, si è passati all’impiego di anticorpi monoclonali, che colpiscono in maniera più specifica la plasmacellula, fino ad arrivare oggi a terapie ancora più avanzate, come gli anticorpi bispecifici e la terapia cellulare con CAR-T. Questi progressi hanno determinato un miglioramento progressivo della sopravvivenza globale dei pazienti affetti da mieloma multiplo. Il termine ‘contenimento’ potrebbe non essere del tutto appropriato nel contesto attuale. Oggi – continua Annibali – sappiamo che il mieloma multiplo è caratterizzato da un andamento recidivante, con periodi di remissione seguiti da possibili ricadute. Tuttavia, grazie ai nuovi farmaci, che hanno target sempre più specifici, è possibile ottenere risposte molto profonde. Mentre in passato la terapia tradizionale permetteva di ottenere risposte parziali – ossia una riduzione dei segni della malattia a livello degli esami di laboratorio e delle indagini radiologiche – oggi si possono ottenere remissioni complete. Non si tratta solo della scomparsa dei segni clinici della malattia, ma di risposte molto più profonde, misurabili attraverso il concetto di ‘malattia minima residua’. In altre parole, oggi siamo in grado di andare oltre il semplice contenimento della malattia, raggiungendo lunghi periodi di remissione profonda. L’attuale utilizzo di nuovi farmaci, sia nei pazienti giovani sia in quelli anziani, e la consapevolezza che le associazioni di più farmaci portano a migliori risultati terapeutici hanno permesso di aumentare significativamente la sopravvivenza libera da malattia. Questo vale sia per la prima linea di trattamento sia per le linee successive. Nonostante i progressi ottenuti, il mieloma multiplo è ancora soggetto a recidive. L’obiettivo attuale della ricerca è quello di anticipare il più possibile l’introduzione delle nuove molecole e delle terapie più innovative, come gli anticorpi bispecifici e la terapia cellulare, per ridurre ulteriormente il rischio di ricaduta e prolungare la sopravvivenza del paziente fin dalla diagnosi iniziale”.

La qualità della vita

Il tema della qualità di vita è stato affrontato da Fabio Efficace, Responsabile del gruppo Qualità di Vita GIMEMA – Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto: “Rappresenta un aspetto trasversale in ambito ematologico e, nel caso specifico dei pazienti affetti da mieloma, assume un’importanza fondamentale – spiega Efficace -. La qualità di vita coinvolge diversi ambiti dell’esistenza del paziente, includendo sia aspetti prettamente sintomatici, legati alla malattia e ai trattamenti, sia aspetti più generali, quali la funzionalità fisica e la capacità di svolgere le attività quotidiane. La valutazione della qualità di vita avviene sia nella pratica clinica che, soprattutto, nell’ambito della ricerca attraverso questionari validati. Tali strumenti devono soddisfare specifici criteri scientifici affinché i dati raccolti risultino affidabili. Nel caso del mieloma multiplo, esistono strumenti specifici che consentono di misurare gli aspetti peculiari della qualità di vita dei pazienti affetti da questa patologia. Tra questi rientrano, ad esempio, il dolore osseo e la capacità di svolgere le normali attività quotidiane, elementi che possono essere influenzati dalla cronicità dei trattamenti. L’ampia disponibilità di strumenti validati ha reso possibile un miglior monitoraggio della qualità di vita in questi pazienti, soprattutto nell’ambito della ricerca clinica. Tuttavia, è essenziale considerare il contesto in cui tali valutazioni vengono effettuate – continua il Responsabile del gruppo Qualità di Vita GIMEMA -. Il miglioramento delle opzioni terapeutiche ha infatti determinato un allungamento significativo della sopravvivenza nei pazienti con mieloma, rendendo necessario un approccio terapeutico di lungo termine. Questo aspetto implica che i pazienti si trovano a dover affrontare trattamenti prolungati nel tempo, con potenziali effetti collaterali di lieve entità dal punto di vista sintomatico, ma che, a causa della loro persistenza, possono incidere negativamente sulla qualità di vita. Negli ultimi anni, i progressi terapeutici hanno notevolmente migliorato la qualità di vita dei pazienti in trattamento. L’obiettivo primario resta quello di sviluppare terapie sempre più efficaci e al contempo meglio tollerate, in modo da ridurre gli effetti collaterali e garantire una migliore aderenza terapeutica. Esiste infatti una correlazione diretta tra qualità di vita e aderenza al trattamento: un paziente che tollera meglio la terapia avrà una maggiore probabilità di seguirla in modo costante, mentre, al contrario, la presenza di effetti collaterali significativi può portare a una ridotta aderenza. Garantire una buona qualità di vita ai pazienti in trattamento significa quindi anche massimizzare le possibilità di successo della terapia. Un ulteriore elemento fondamentale è l’approccio multidisciplinare nella gestione del paziente con mieloma multiplo. Considerando la durata dei trattamenti e la complessità delle loro implicazioni, è essenziale il coinvolgimento di diverse figure professionali oltre all’ematologo, tra cui lo psicologo e il nutrizionista. L’integrazione di competenze multidisciplinari contribuisce in modo significativo al miglioramento dell’outcome terapeutico e al benessere complessivo del paziente. Infine, l’aspetto psicologico ed emozionale riveste un ruolo cruciale nel percorso di cura, poiché aiuta il paziente ad affrontare meglio la malattia. Sebbene gli outcome clinici dipendano da molteplici fattori, il supporto psicologico può favorire un approccio più sereno alla terapia e migliorare la qualità di vita complessiva. È quindi fondamentale mantenere alta l’attenzione su questi aspetti anche nella pratica clinica, al fine di garantire un’assistenza sempre più efficace e personalizzata”.

Le complicanze

Il rischio infettivo nel mieloma multiplo, come per altre malattie oncoematologiche, quindi malattie del sangue, rappresenta una delle principali complicanze che si osservano durante tutto il decorso della malattia. “In particolare – commenta Corrado Girmenia, Responsabile di UOSD Pronto Soccorso e Accettazione Divisione Ematologia presso il Policlinico Umberto I-Università Sapienza di Roma – il mieloma multiplo ha delle caratteristiche immunologiche specifiche, in quanto le cellule colpite da questa patologia sono le stesse cellule che producono gli anticorpi. Di conseguenza, il sistema immunitario del paziente affetto da mieloma multiplo risulta compromesso. I pazienti con mieloma multiplo rappresentano una categoria con un’incidenza tra le più alte di infezioni nei soggetti immunocompromessi, in particolare per quelle infezioni che si diffondono nella comunità. Questo è un concetto fondamentale, poiché per gran parte della storia della malattia i pazienti con mieloma multiplo vengono curati in comunità come pazienti ambulatoriali. Sono pochi i pazienti che necessitano di ricovero ospedaliero e, quando ciò avviene, solitamente si tratta di periodi brevi nell’arco della loro terapia. Di conseguenza, questi pazienti sono particolarmente esposti alle infezioni comunitarie. I dati epidemiologici sono molto chiari: il mieloma multiplo rappresenta la condizione con la maggiore incidenza di infezioni da pneumococco, il principale patogeno responsabile della polmonite, nonché infezioni gravi da virus influenzali, infezione respiratoria da herpes zoster e, durante il periodo della pandemia, infezioni da SARS-CoV-2. La natura stessa della patologia predispone i pazienti a infezioni prevalentemente virali e batteriche, localizzate principalmente nelle vie respiratorie. Infatti – evidenzia Girmenia -, la sindrome infettiva più rilevante è la polmonite, la cui acquisizione in comunità rappresenta un fattore critico per le strategie di prevenzione. Le nuove terapie per il mieloma multiplo, come per molte altre patologie, vengono inizialmente prescritte nelle fasi più avanzate della malattia, solitamente come seconda, terza o quarta linea di trattamento. Si tratta di terapie di “salvataggio”, destinate a quei pazienti che non rispondono ai trattamenti standard di prima linea. Questi pazienti, già sottoposti a numerosi trattamenti, presentano un rischio infettivo elevato non solo a causa della natura stessa delle nuove terapie, ma anche a causa della loro lunga storia di malattia e dei trattamenti precedentemente ricevuti. Le terapie più innovative, come gli anticorpi bispecifici e le CAR-T, attualmente sono somministrate in fasi avanzate della malattia, ma è auspicabile che in futuro vengano impiegate in fasi più precoci, quando il paziente è meno compromesso dal punto di vista immunologico. Questo potrebbe ridurre il rischio infettivo associato a tali trattamenti. Nella strategia di prevenzione delle infezioni nel mieloma multiplo, è necessario considerare due aspetti fondamentali. In primo luogo, il mieloma multiplo è una patologia caratterizzata da un decorso molto lungo. La maggior parte dei pazienti non guarisce definitivamente, ma convive con la malattia per molti anni. Questo stato di esposizione prolungata alle infezioni condiziona la tipologia di prevenzione da adottare. In secondo luogo, poiché i pazienti vivono in comunità, la maggior parte delle infezioni che li colpiscono sono di origine comunitaria e possono avere esiti gravi. Le principali infezioni a cui sono esposti questi pazienti – pneumococco, virus influenzali, herpes zoster e SARS-CoV-2 – possono essere prevenute mediante vaccinazione. Per questo motivo, all’esordio della malattia, già nella fase precoce in cui il mieloma è ancora in uno stadio non aggressivo (cosiddetta fase “smoldering”), è opportuno somministrare il vaccino antipneumococcico, il vaccino contro l’herpes zoster e, annualmente, i vaccini antinfluenzale e anti-COVID-19. Sebbene i pazienti affetti da mieloma multiplo siano immunodepressi, è stato dimostrato che la vaccinazione è efficace non tanto nel prevenire l’infezione in sé, quanto nel ridurre il rischio di forme gravi e letali della malattia. L’importanza della vaccinazione risiede quindi nella capacità di prevenire complicanze severe e decessi. Oltre ai vaccini, esistono altri presidi preventivi. Nei casi in cui i livelli di immunoglobuline siano particolarmente bassi -condizione che si verifica frequentemente con le nuove terapie come gli anticorpi bispecifici e le CAR-T – la somministrazione di immunoglobuline può contribuire alla prevenzione delle infezioni. Inoltre, sono codificati specifici schemi di profilassi farmacologica, tra cui antivirali per prevenire infezioni da herpes zoster e farmaci come il cotrimossazolo per la prevenzione della polmonite da Pneumocystis jirovecii. Queste strategie di prevenzione sono ormai consolidate e riconosciute sia dagli ematologi sia dalle società scientifiche. Data la lunga durata della malattia e delle terapie, è fondamentale che i pazienti e i loro caregiver siano consapevoli del rischio infettivo e dei sintomi da monitorare, in particolare quelli legati alle infezioni delle vie respiratorie e alla febbre. La comunicazione tempestiva con i medici curanti è essenziale per garantire un intervento appropriato e, se necessario, un accesso rapido alle strutture sanitarie specializzate. Inoltre, le strutture ematologiche devono prevedere un sistema di interfaccia con il territorio, per assicurare un supporto costante ai pazienti, sia telefonico che, preferibilmente, in presenza, al fine di gestire tempestivamente eventuali complicanze infettive durante il percorso terapeutico”.

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