Meli (Ass.Famiglie Disabili Lombarde): “Solo concedendo un tempo ed uno spazio dedicato, il sibling si riconosce come persona e non come ‘fratello di’. Il nostro motto, sin dalla nostra costituzione, è il seguente: ‘la diversità è ricchezza’”
Dare sollievo alle famiglie che ogni giorno assistono e supportano la disabilità di un suo membro. È questo l’obiettivo del Progetto Charlie, l’ultima iniziativa dell’Associazione Famiglie Disabili Lombarde. “Il progetto porta il nome, Charlie (nella foto), di una stellina della nostra Associazione, stellina che ora brilla in cielo. È Charlie ad indicarci la strada da percorrere”, racconta Mariella Meli, presidente dell’Associazione Famiglie Disabili Lombarde, in un’intervista a Sanità Informazione. Attraverso questa iniziativa, l’Associazione Famiglie Disabili Lombarde vuole concedere a tutte le mamme ed ai papà con un figlio con disabilità, del “tempo esclusivo” da dedicare al sibling, ovvero agli altri fratelli e sorelle. Per farlo, puntano a garantire un sostegno domiciliare professionale infermieristico pediatrico al bambino con disabilità e, contemporaneamente, regalare una giornata di svago e divertimento in un parco giochi lombardo ai genitori insieme ai sibling.
“Vogliamo che emerga chiaramente l’importanza di soddisfare i bisogni e ascoltare le emozioni dei fratelli dei bambini con disabilità, spesso non esauditi o inascoltati per le necessità e le urgenze che la disabilità gravissima del fratello richiede”, spiega Mariella Meli. I beneficiari saranno, dunque, tutte le famiglie tesserate con l’Associazione al cui interno è presente un minore con disabilità gravissima certificato art. 3 comma 3 L. 104/92 ed almeno un sibling minorenne, con residenza nel Comune di Milano e provincia e la cui assistenza a domicilio avviene nel territorio di residenza. “La persona con disabilità da assistere può anche aver superato i 18 anni – aggiunge la Presidente Meli -. L’importante è che il sibling sia un minore, proprio perché il nostro obiettivo principale sono il fratelli e le sorelle di chi convive con una forma di disabilità grave o gravissima”.
Per molto, troppo, tempo non si è preso in considerazione il vissuto dei fratelli e delle sorelle dei bambini, ragazzi e adulti con disabilità, né a livello medico-scientifico, né a livello letterario, equiparando l’esperienza della disabilità del fratello/sorella a quella dei genitori. Gli effetti della presenza della disabilità all’interno delle famiglie veniva valutata di identico impatto su tutti i componenti, in considerazione del fatto che, la disabilità come condizione, andava valutata sotto un profilo strettamente oggettivo, collegato alla patologia della persona con disabilità. Solo a partire dagli anni novanta, il vissuto dei fratelli e delle sorelle (siblings) è stato preso in considerazione nella letteratura scientifica ed è emerso come un ‘vissuto diverso’, non solo per il ruolo differente che un fratello ha, rispetto a quello dei genitori, ma anche perché la disabilità del fratello, a differenza di quella vissuta dagli altri componenti della famiglia, si inserisce in un ‘tempo diverso’. “Molto spesso, nel sibling la disabilità del fratello arriva in età infantile e raramente in età adulta. In un’età, dunque, in cui non si hanno ancora gli elementi formativi, cognitivi, emotivi e razionali per poterla affrontare se non con l’aiuto di un adulto. La disabilità del fratello/sorella si inserisce prepotentemente nell’età di formazione del proprio io, in un tempo caratterizzato da complessità emotiva e formativa e sicuramente di grande impatto di variabili positive e negative che inevitabilmente condizionano”, dice la Presidente Meli.
Le ricerche mediche hanno evidenziato i seguenti possibili rischi in capo ai siblings: isolamento, mancanza di esprimere le proprie emozioni o i propri bisogni, solitudine, imbarazzo, frustrazione, risentimento, eccessivo egocentrismo o timidezza, vergogna, ansia, paura, rabbia, precoce responsabilizzazione. “Se è vero che non è possibile intervenire preventivamente per evitare che i siblings sperimentano vissuti difficili, è anche vero che pur non potendo dedicare loro, quantitativamente lo stesso tempo dedicato ai loro fratelli con disabilità, diventa importantissimo, dedicare loro del tempo in cui essi si sentano autorizzati ad esprimere i propri bisogni, le proprie emozioni. Un tempo in cui il loro bisogno è preminente ed esclusivo e diventa ascolto e comprensione”, racconta Mariella Meli che, oltre ad essere Presidente dell’Associazione, è mamma di un sibling.
Il Progetto Charlie non è solo un progetto per un giorno di svago e divertimento per il sibling e per i genitori, ma vuole creare una rete di solidarietà sociale, una vera sfida a cui debbono rispondere, in primo luogo i genitori, nel concedere e riconoscere un tempo “esclusivo” al sibling affinché quest’ultimo, sin da piccolissimo, comprenda che c’è uno spazio ed un tempo in cui può esprimere il proprio desiderio, il proprio bisogno, le proprie emozioni. Ma la sfida deve proseguire a cascata per tutti gli interlocutori che si avvicinano ai sibling (medici, terapisti, assistenti sociali, educatori, psicologi che si prendono cura del fratello con disabilità) aiutandoli a comprendere ed a scoprire anche tutte quelle opportunità positive di una relazione fraterna diversa. “Solo concedendo un tempo ed uno spazio dedicato, il sibling si riconosce come persona e non come ‘fratello di’ e, paradossalmente, il futuro non solo non li spaventa, ma si riconoscono da adulti nelle forme professionali più alte di aiuto, sostegno, supporto ai più deboli. Il nostro motto, sin dalla nostra costituzione, è il seguente: ‘la diversità è ricchezza’. I sibling hanno bisogno di comprendere, con il nostro ed il vostro aiuto – conclude Meli – che il loro vissuto, per quanto complesso possa essere è un punto di forza e non di debolezza”.
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