Solitudine, ansia, depressione, gelosia, difficoltà relazionali, senso di colpa, disturbi alimentari. Sono solo alcune delle problematiche con cui devono quotidianamente fare i conti i “siblings”, ovvero i fratelli o le sorelle di bambini con malattie gravi o disabilità. Di loro si è parlano in occasione del convegno ‘Siblings: i fratelli di cristallo’, promosso dal senatore Andrea De Priamo, per dare visibilità e supporto a chi vive tali difficoltà, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni. “Questo convegno nasce proprio da alcune esperienze dirette che mi hanno portato a immaginare che fosse utile puntare l’attenzione su un tema che viene spesso dimenticato, direi una zona d’ombra – spiega il senatore Andrea De Priamo -. Ovviamente, tutte le istituzioni sono già impegnate su quelli che sono i temi della disabilità, del disagio, dell’assistenza, ma praticamente mai si parla dei cosiddetti siblings, cioè dei fratelli e delle sorelle di persone con disabilità che, a loro volta, vivono un grande disagio, soprattutto psicologico, legato alla responsabilizzazione. La situazione familiare li porta spesso a sentirsi in qualche modo in secondo piano, comunque a non avere la possibilità di una crescita, di un equilibrio pieno e consapevole. La mia idea, più nello specifico – aggiunge il senatore -, è quella di mettere in campo una risoluzione parlamentare che possa essere un atto di indirizzo per avviare un lavoro su questo tema”.
L’aiuto degli specialisti può fare la differenza, ma non tutte le famiglie possono permettersi di pagare di tasca propria un supporto di questo tipo. “Gruppi psico-educativi possono essere una prima soluzione – spiega Silvia Ranocchiari, della Lega Italiana Fibrosi Cistica Odv – . Incontri dove i siblings possono fare domande, condividere i propri vissuti, sentirsi ascoltati. Quello che è emerso dai gruppi da noi organizzati è che la paura della morte e della perdita del fratello o sorella per molti di loro è costante. Questo significa attuare strategie di difesa – continua -. Strategie di coping, come il distanziamento emotivo per non affrontare la sofferenza. Oppure, la normalizzazione o il forte senso di responsabilità, nella gestione della malattia per avere il controllo della situazione. Tali problematiche possono però portare da adulti problematiche psicologiche maggiori. È necessario creare più spazi di ascolto per loro, per essere aiutati a sviluppare una propria identità al di fuori della famiglia”, aggiunge.
Per Francesca De Acutis, Presidente dell’Associazione Ordinary Magic – Ets “il sistema sanitario deve prevedere un approccio che coinvolga la famiglia nel suo complesso. Non è sufficiente curare il bambino malato, bisogna anche sostenere chi gli è vicino. Quello che noi auspichiamo è che i siblings (i fratelli dei bimbi malati, ndr) possano capire che non sono soli. Quando una malattia rara colpisce una famiglia, il dolore si diffonde a tutti i suoi membri – prosegue De Acutis che ha vissuto in prima persona tali difficoltà come mamma di una sibling -. Purtroppo non ci sono iniziative pubbliche che possono aiutare i siblings. Ma non possiamo permettere che il benessere emotivo di un bambino dipenda dalla sua condizione economica e dall’accesso a terapie presso strutture private”.
“È un trauma potenzialmente transgenerazionale, che permane nel tempo, specie se non elaborato – aggiunge Simonetta Gentile, già responsabile Uosd (Unità operative semplici di dipartimento) di psicologia clinica dell’Ospedale Bambino Gesù – . Nel caso dei siblings hanno tutti gli strumenti per superarlo ma in alcune condizioni di rischio diventa ancor più prioritaria una forma di supporto. Purtroppo al momento in Italia non si sta facendo molto. Sono solo le associazioni di familiari e i siblings che promuovono formazione e supporto. Servirebbe maggior aiuto da parte del SSN ma al momento non ci sono molte iniziative per via di risorse molte scarse”, conclude.
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