La Società Italiana d’Igiene ritiene fondamentale che i Governi sfruttino l’expertise di professionisti altamente qualificati, adottando un approccio multidisciplinare e interprofessionale in un’ottica One Health. Gli Igienisti, con le loro competenze specifiche, possono svolgere un ruolo fondamentale in questa sfida
Il 5 Giugno ricorre la Giornata Mondiale dell’Ambiente, un’occasione per ricordare che l’inquinamento atmosferico e idrico, la deforestazione, il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità sono solo alcune delle minacce che ci troviamo a fronteggiare. Da non dimenticare, poi, la siccità, che ha giocato un ruolo da protagonista nei recenti disastri. Secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche, tra il 6% e il 15% della popolazione italiana vive in territori esposti a una siccità severa o estrema.
La risoluzione adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la scorsa estate rappresenta un importante riconoscimento del diritto universale all’accesso a un ambiente pulito, sano e sostenibile. Questo riflette la consapevolezza che i cambiamenti climatici e il mancato accesso alle risorse di base, come l’acqua e l’aria pulita, gravano in particolare sulle popolazioni già vulnerabili, con conseguenze sulla loro salute e benessere.
Questi cambiamenti non hanno ripercussioni solo sulla salute umana, ma anche su quella animale e ambientale. Su questo concetto si basa la visione e l’approccio “One Health”, un modello sanitario che integra discipline diverse, basato sul riconoscimento che la salute umana, quella animale e quella dell’ecosistema siano legate e si influenzino reciprocamente.
La pandemia COVID-19 ha accelerato questa consapevolezza, dimostrando quanto sia forte il collegamento tra salute e ambiente e quanto ogni sistema sia interdipendente. I cambiamenti degli ecosistemi, dettati dalle attività umane, sono in grado di influenzare molteplici vie di trasmissione delle malattie infettive, aumentando il rischio di nuove epidemie in tutto il pianeta e modificando sempre di più il panorama epidemiologico di alcune malattie infettive. Come evidenziato in letteratura scientifica, 277 malattie patogene umane possono essere aggravate dalla vasta gamma di pericoli climatici scatenati dalla nostra continua emissione di gas serra e includono il 58% di tutte le malattie infettive note che hanno colpito l’umanità nella storia.
L’aumento della frequenza e dell’intensità di eventi climatici estremi e l’inquinamento atmosferico contribuiscono all’aumento dell’incidenza e all’aggravamento di patologie infettive e non. La mancanza di acqua pulita può favorire la diffusione di agenti patogeni e di malattie come la diarrea, mentre gli alti tassi di inquinamento atmosferico sono fra le principali cause dell’aumentata incidenza di patologie respiratorie e cardiovascolari.
Secondo le stime dell’Italian Institute for Planetary Health (LIPH), le malattie associate ai cambiamenti climatici impattano sul 69,9% dei decessi globali. Anche sulla salute mentale grava tale peso con l’aumentato rischio di sviluppare disturbo post-traumatico da stress, depressione e ansia in seguito ad eventi estremi traumatici, oltre che un effetto indiretto definibile come “ecoansia”, ovvero una sensazione di angoscia da cambiamenti climatici e ambientali.
L’esposizione all’inquinamento atmosferico, riconosciuto come la più grande minaccia ambientale alla salute umana, causa ogni anno milioni di decessi: l’impatto complessivo delle malattie sulla salute di una popolazione (burden of disease) attribuibile all’inquinamento atmosferico è stimato essere alla pari di altri grandi fattori di rischio per la salute, come dieta squilibrata e fumo.
In Italia è previsto un aumentato rischio e un’aumentata aggressività di malattie infettive correlate al clima e in particolare quelle causate da vettori come le zanzare, quali la malaria, la Dengue, la febbre da Chikungunya, la febbre West Nile, oltre che le patologie trasmesse da pappataci (leishmaniosi) e zecche (malattia di Lyme, encefalite da zecche e babesiosi umana). Secondo i dati dell’ultimo rapporto EIONET e EEA, l’Italia è il Paese con il più alto numero di decessi in Europa attribuibili all’inquinamento ambientale, in particolare a quello atmosferico: insieme all’Europa centro-orientale, l’Italia registra le concentrazioni più elevate di particolato, superiori al valore limite giornaliero dell’UE per il PM10, cioè quelle particelle di diametro aerodinamico inferiore o uguale a 10 µm. Ciò avviene in misura maggiore nel Nord Italia, dove la densità abitativa, l’industrializzazione e le condizioni geografiche favoriscono l’accumulo di inquinanti atmosferici nell’aria.
La crisi ambientale può inoltre inasprire le disuguaglianze economiche e sociali, determinando pesanti conseguenze sull’equità di accesso alle cure mediche e aumentando il rischio di malattie e morte precoce. I sistemi sanitari devono prepararsi a una collaborazione sempre più interdisciplinare per favorire lo scambio di conoscenze, l’analisi congiunta dei dati e una pianificazione condivisa.
Le città del futuro (BiodiverCities) dovranno investire sulla Biodiversità e sulla conservazione degli ecosistemi naturali per rafforzare la connessione tra uomo e ambiente, ma anche per dare inizio a un piano di adattamento al cambiamento climatico, con l’obiettivo di creare ambienti urbani sostenibili e resilienti, in cui la Biodiversità è considerata un elemento essenziale per il benessere delle persone e la salute dell’ecosistema, contribuendo a ridurre il calore urbano e migliorare la qualità dell’aria, la gestione delle acque piovane e la salute generale degli abitanti.
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La Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) è impegnata in prima linea con un Gruppo di Lavoro a tema Ambiente e Salute, il cui impegno culminerà con una giornata nazionale dedicata alle tematiche ambientali e sanitarie che saranno affrontate nel corso di un convegno in data 9 Giugno a Reggio Emilia presso l’Università di Modena e Reggio Emilia.
«È essenziale investire nelle infrastrutture, nella pulizia dei corsi d’acqua e nella ristrutturazione della rete idrica, per ridurre i rischi di inondazioni – afferma la Prof.ssa Roberta Siliquini, Presidente della Società Italiana d’Igiene (SItI) – Questi interventi prevengono l’accumulo di detriti e favoriscono un flusso d’acqua naturale, proteggendo le comunità dalle esondazioni. È importante che i governi locali e nazionali sfruttino l’expertise di professionisti altamente qualificati, adottando un approccio multidisciplinare e interprofessionale in un’ottica One Health. Questo permette di ottenere indicazioni preziose per ridurre il danno causato dalle catastrofi ambientali. Gli igienisti, con le loro competenze specifiche, possono svolgere un ruolo fondamentale in questa sfida, lavorando nella prevenzione dei danni ambientali e nella protezione delle comunità dagli effetti negativi delle catastrofi naturali».
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