Paolo Carrer Direttore U.O. Medicina del Lavoro dell’ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano indica i sintomi da non sottovalutare «Attenzione a mal di testa, bruciore, sensazione di sabbia negli occhi, scarsa attenzione, sonnolenza e stanchezza. Guarire si può, migliorando la qualità dell’aria degli edifici in cui si lavora o si vive».
Si chiama Sick Building Syndrome, SBS, meglio nota come la Sindrome degli edifici malati. Secondo le stime dell’OMS, che ha coniato il termine negli anni ’80, colpirebbe circa il 30% degli edifici moderni, causando malessere tra il 10 e il 30% di coloro che vivono o lavorano negli stabili interessati.
«Due fattori hanno reso questo malessere una realtà in molte abitazioni e uffici a partire dagli anni ‘70» spiega a Sanità Informazione Paolo Carrer Professore Ordinario di Medicina del lavoro, Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche “Luigi Sacco”, Università degli Studi di Milano e Direttore U.O. Medicina del Lavoro dell’ASST Fatebenefratelli Sacco. «Una politica di risparmio energetico, che ha visto sorgere edifici sempre più ermetici, e il diffondersi del lavoro d’ufficio, che ha portato la maggior parte della popolazione a trascorrere gran parte del tempo in ambienti chiusi (circa l’80% della propria giornata), e ha fatto sì che in molti occupanti sorgesse un malessere diffuso imputabile alla qualità dell’aria che si respira all’interno di questi edifici».
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Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità un edificio è malato quando la maggior parte di chi lo occupa lamenta sintomi e disturbi. Ciò può essere dovuto a una serie di problemi: la presenza di sorgenti di inquinamento come stampanti laser, fumo di tabacco o prodotti di combustione, pavimenti e pareti con rivestimento tessile, un sistema di ventilazione assente o insufficiente a garantire un adeguato ricambio d’aria o che provoca correnti d’aria, e anche l’ubicazione degli edifici in zone ad elevato inquinamento ambientale.
«Uno dei fattori più frequenti – sottolinea Carrer – è l’aria troppo secca presente durante i mesi invernali che determina anche una maggiore diffusione delle infezioni. Tra l’altro si è osservato che quando l’aria è troppo secca viene favorito il contagio da Covid e da influenza; pertanto, è fondamentale monitorare l’umidità dell’aria e mantenerla in un range ottimale, ad esempio tra il 40 e il 60%». Anche la presenza di muffe e funghi così come il fumo di sigarette o candele possono essere espressione di un edificio malato.
Il malessere percepito da coloro che vivono o trascorrono molte ore per motivi di lavoro all’interno di edifici malati può avere diverse espressioni: i sintomi più frequenti sono irritazioni agli occhi, naso e gola, raucedine, respiro affannoso, eruzioni cutanee, mal di testa, affaticamento mentale, nausea, e ancora raffreddore e infezioni respiratorie e di solito si presentano più di frequente nelle ore pomeridiane, dopo aver trascorso diverse ore a contatto con situazioni che alimentano il malessere. Questi disturbi tendono inoltre ad essere più frequenti quando gli utenti hanno un controllo minore sull’ambiente. «Molti lavoratori lamentano ad esempio irritazione o sabbia negli occhi – spiega il Direttore U.O. Medicina del Lavoro dell’ASST Fatebenefratelli Sacco – piuttosto che affaticamento e disturbi dell’attenzione, ma anche stanchezza, sonnolenza e a volte percepiscono odori sgradevoli o correnti d’aria».
A chi rivolgersi in caso di malesseri
La Sindrome degli edifici malati, se riguarda un ambiente di lavoro, rappresenta un importante problema per l’azienda perché può generare un calo di produttività e una violazione degli obblighi di tutela della salute dei lavoratori. «Quando si riscontra un malessere costante sul luogo di lavoro è bene rivolgersi al medico di medicina generale e al medico del lavoro – sottolinea Carrer -. Contestualmente, se i sintomi si presentano solo in occasione della permanenza in un edificio, occorre segnalare la situazione anche al responsabile della sicurezza dei lavoratori che dovrà poi verificare se esistono problemi di inquinamento o nell’areazione e apportare i correttivi necessari per avere una qualità dell’aria libera da inquinanti, con temperatura e umidità ottimali».
La legge non ammette mancanze: l’articolo 2087 del Codice civile obbliga il datore di lavoro a tutelare la salute dei propri dipendenti, mentre il Decreto legislativo 81/2008 ha stabilito una serie di procedure da seguire per prevenire malattie e infortuni sul lavoro, compresi i danni da esposizione quando si evidenzia una sindrome da edificio malato. «Per quanto riguarda le abitazioni è l’inquilino il primo responsabile della qualità dell’aria dell’abitazione e quindi spetta a lui verificare se l’aria non sia troppo secca o umida o se non ci siano comportamenti che in qualche modo espongono chi vive nell’edificio ad una forma di inquinamento dell’aria o acustico – aggiunge l’esperto – Purtroppo per chi non rispetta le regole di buon vicinato, oggi ci sono poche soluzioni, anche se, in prospettiva futura, si sta cercando di rendere centrale il tema e c’è una grossa attenzione a livello europeo affinché la normativa sul risparmio energetico salvaguardi anche la salute di chi vive o lavora nell’edificio».
Per contrastare la Sindrome degli edifici malati e ottenere una qualità dell’aria indoor ottimale è opportuno agire sulla prevenzione. «Per questo bisogna mantenere gli ambienti privi di sorgenti di inquinamento e sempre puliti – conclude Carrer –, così come gli impianti idraulici per evitare la formazione di muffa, parassiti e agenti patogeni che potrebbero essere poi inalati o provocare disturbi allergici. Un prezioso contributo è dato dalla maggiore disponibilità di alcuni sensori, anche a basso costo, che sono in grado di tenere sotto controllo temperatura e umidità, ma anche anidride carbonica, formaldeide e compositi organici volatili. Questo permette, in caso di valori elevati, di intervenire velocemente per correggere le anomalie e ridurre l’inquinamento».
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