Le polveri sottili vengono classificate sulla base del loro diametro in micron. Le più grossolane sono le PM10 (dove PM sta per particolato) e causano irritazione a occhi, naso e gola. Ma quelle più pericolose sono le particelle fini, le PM2.5, in grado di penetrare in profondità nel nostro organismo
Le polveri sottili più sono piccole e più fanno male all’organismo umano. È questa la conclusione a cui sono giunti i ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac), in collaborazione con le Università Bicocca e La Statale di Milano, la Sapienza di Roma e l’Istituto nazionale di fisica nucleare. Le nanoparticelle presenti nell’aria possono provocare malattie polmonari, causando più danni di altre polveri sottili che hanno dimensioni maggiori. Lo studio, pubblicato su Scientific Reports (Nature), mostra come l’esposizione a nanoparticelle prodotte dal traffico urbano dei veicoli, anche a bassi valori di materiale particolato fine (Pm2.5) le cosiddette polveri sottili, possa generare risposte infiammatorie e, quindi, malattie polmonari.
Le polveri sottili vengono classificate sulla base del loro diametro in micron. Le più grossolane sono le PM10 (dove PM sta per particolato) e causano irritazione a occhi, naso e gola. Ma quelle più pericolose sono le particelle fini, le PM2.5, in grado di penetrare in profondità nel nostro organismo. “Significa che, se ci sono particelle ‘grandi’, come quelle delle polveri sottili che hanno un diametro maggiore di quelle delle nanoparticelle, eventuali molecole tossiche in aria tendono a condensare su di esse. In tal modo, diminuisce la probabilità di penetrazione nel polmone e quindi nel circolo sanguigno, poiché più piccole sono le particelle, maggiore è la loro probabilità di penetrazione nel polmone”, chiarisce Francesca Costabile, ricercatrice Cnr-Isac.
Fra le polveri più diffuse l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) elenca: idrocarburi policiclici aromatici, ammonio, solfati, nitrati, carbonio, fuliggine e metalli come cadmio, rame e nichel. Inoltre, nell’atmosfera si verificano pericolose reazioni chimiche che creano particelle secondarie, come l’ossido di azoto e l’anidride solforosa. In alcune situazioni la presenza di queste polveri sottili aumenta: “Sicuramente in inverno, durante le ore di punta del traffico veicolare in aree urbane, subito dopo una forte pioggia che, solitamente, tende a ripulire l’aria dalle particelle ‘grandi’, ad abbassare, quindi, la concentrazione di Pm2.5”, prosegue Costabile. “Così, aumentando la probabilità che le nanoparticelle generate dalle automobili si arricchiscano delle sostanze tossiche che altrimenti andrebbero su particelle più grosse, aumenta – conclude – anche la probabilità che tali sostanze tossiche possano penetrare nel polmone e all’interno del circolo sanguigno”.
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